venerdì 30 agosto 2013

Troppa fortuna

Forse è colpa di Elmore
se considero i chierici fondamentali...
Quando cominciai a progettare La Fortezza (la mia campagna di AD&D 1e, la prima dopo la riscoperta del gioco “vecchia scuola”) decisi di piazzare, nei pressi del villaggio che avrebbe fatto da base d’appoggio per il gruppo, un tempio di Tyche, la dea della fortuna. L’intento era duplice: fornire cure a pagamento in caso di necessità (avvelenamenti in primis: in AD&D gli effetti salva o muori sono distribuiti con grande generosità) e creare una specie di santuario, un rifugio più o meno sicuro dove i personaggi potessero ricevere aiuto e buoni consigli. Stabilii che il tempio sarebbe stato un luogo sacro piuttosto importante (per giustificare la presenza di chierici capaci di neutralizzare il veleno, per esempio) e una meta di pellegrinaggio (per giustificare la frequente presenza nei paraggi di giovani ed ardimentosi chierici di Tyche pronti ad unirsi al gruppo). Il patriarca locale avrebbe potuto anche fungere in extremis da committente per qualche avventura nel caso i personaggi si fossero trovati senza nulla da fare (eventualità quasi impossibile, ma mai sottovalutare i propri giocatori!), e la presenza di una struttura di una certa rilevanza per la gente dei dintorni mi avrebbe permesso di farne un polo d’attrazione per eventi futuri ancora tutti da decidere.

Fin qui tutto bene, ma poi, una volta iniziata la campagna vera e propria, mi resi conto che avevo commesso degli errori. Il primo fu probabilmente rappresentato dal povero Grigorji, il chierico PNG di Tyche che avevo aggiunto al gruppo (che allora consisteva in due soli personaggi giocanti). La tradizione di affiancare al gruppo una guida spirituale (meno ipocritamente detta anche “infermiere”; non sono mai riuscito a capire perché nei miei gruppi di gioco i chierici tendano sempre a scarseggiare, ma tant’è) è lunga e consolidata, e specialmente in questo frangente mi pareva particolarmente necessaria. Grigorji fece poi una brutta fine, fatto a pezzi da alcuni zombi che non era riuscito a scacciare, e solo la comparsa di Bór, il chierico nano (e personaggio giocante) ci risparmiò l’esigenza di un nuovo sacerdote PNG. Quando però Bór, dopo diverse gloriose sessioni, cadde vittima di uno stormo di uccelli stigei (i famigerati stirge), ecco tornare d’attualità la domanda: «Ma non è che al santuario c’è un chierico che si vuole unire al gruppo?».
Il secondo errore fu probabilmente nel concetto stesso del tempio come rifugio sicuro: con il procedere della campagna avevo la sensazione sempre più netta che il santuario fosse ormai diventato una specie di stampella per il gruppo, e che avrebbe finito per ostacolare l’iniziativa dei giocatori anziché sostenerla.

Questioni specifiche a parte (come per esempio la necessità di un chierico PNG nel gruppo, esigenza che sono disposto a soddisfare, specialmente con gruppi molto piccoli e/o giocatori alle prime armi), mi pare che il tempio di Tyche e i suoi sacerdoti abbiano incarnato un perfetto esempio di assistenzialismo da parte dal Master. Sono fermamente deciso a ridurre, nelle mie campagne future, il numero e la portata di simili aiuti, ma al tempo stesso sono restio ad eliminarli del tutto. Il gioco “vecchia scuola” è già abbastanza letale di per sé, con i suoi effetti salva o muori, i dadi lanciati davanti ai giocatori e l’intrinseca debolezza dei personaggi di basso livello: bandire ogni possibile fonte di soccorso per il gruppo mi sembra un po’ eccessivo. O forse ho il cuore troppo tenero?


E nelle vostre campagne come funziona?

mercoledì 21 agosto 2013

Nel frattempo

Nel frattempo mi sono davvero trasferito, e tra l’inizio della nuova vita oltralpe e qualche giorno di lavoro più impegnativo, il tempo da dedicare al blog è stato pressoché nullo. Ciò non significa, tuttavia, che nella mia testa non continuino a frullare idee di ogni genere, dalla progettazione di campagne in stile “omerico” alla rivisitazione di progetti già consolidati.
Proprio ad uno di questi ultimi vorrei dedicare la mia attenzione: la Fortezza. Nella speranza di riuscire prima o poi a riprendere l’attività ludica (anche se temo che mi occorrerà un bel po’ di gavetta da giocatore prima di padroneggiare il tedesco a sufficienza per fare il Master), ho pensato di “rifondare” la Fortezza, sistemando gli elementi meno convincenti, colmando qualche buco e in generale facendo tesoro delle sessioni giocate con il mio gruppo.
C’è poi la questione dell’ambientazione (sul sistema non ho dubbi: AD&D1e; ogni conversione ad altri giochi della famiglia di D&D, come per esempio Labyrinth Lord, è facile ed immediatamente realizzabile). La Fortezza era nata come campagna generica, per poi essere situata nel mio storico mondo fantastico di Weisshirsch. A quest’ultimo sono tutt’ora molto affezionato, ma mi sono chiesto se non sarebbe meglio utilizzare un’ambientazione più caratteristica (Weisshirsch è, per così dire, molto “vaniglia”); alcuni recenti articoli di Michael Curtis mi ha fatto addirittura pensare ai Forgotten Realms, ma in fin dei conti potrei anche recuperare qualche elemento del naufragato progetto dell’Impero dei Draghi.
Le possibilità sono fin troppe, e occorre che faccia un po’ d’ordine nella mia testa prima di procedere. Il tempo non mi mancherà, temo, e nell’attesa di dirimere la questione dell’ambientazione comincerò a dedicarmi agli aspetti della campagna che meno mi convincono, come per esempio la città di Gukovo o il salvifico tempio di Tyche. E se il villaggio di Krym sorgesse ai piedi di una rocca, dimora di un barone senza scrupoli che incoraggia le esplorazioni degli avventurieri al fine di raggiungere i suoi personali scopi segreti?

Ah, questo sì che mi piace!

giovedì 8 agosto 2013

Knight Errant

Rexque Futurus ha da ieri un fratellino: si tratta di Knight Errant, il mio secondo blog. L'argomento sarà sempre il medesimo, ma la lingua sarà invece l'inglese (così, per darci un tocco d'internazionalità).
Cercherò di non postare su KE gli stessi articoli di RF meramente tradotti nella lingua di Shakespeare (e viceversa), ma a volte potrebbe capitare un momento di pigrizia... o un post meritevole di esportazione!

martedì 6 agosto 2013

A me le mappe piacciono

Che siano semplici o complicate, le mappe sono
uno strumento fondamentale
A me le mappe piacciono. Mi piacciono le mappe del mondo reale così come quelle dei mondi fantastici, e mi diverto a tracciarle, a rimirarle e a pensare chi potrebbe abitare i luoghi che ho disegnato.

Le mappe dei dungeon non fanno eccezione, ovviamente, e nonostante ci siano molti siti che sfornano con abilità labirinti e cunicoli, preferisco mettermi al tavolo con carta quadrettata e matita e tracciare di mia mano i tunnel nei quali (si spera) i miei giocatori cercheranno l’avventura.
Una delle conseguenze di questa mia passione è l’importanza che per me hanno le mappe dei giocatori/personaggi: quei fogli di carta sui quali il cartografo di turno cerca d’interpretare le mie descrizioni degli ambienti che via via si presentano agli occhi del gruppo. A volte gli effetti sono esilaranti.
Predilezione personale a parte, quattro sono i motivi per cui, a mio parere, le mappe dei giocatori sono importanti:
  • Oggetto fisico: le mappe sono un oggetto fisico, l’unico in qualche modo condiviso tra i giocatori e i loro personaggi; sono un catalizzatore d’attenzione molto potente, e per non mortificare la loro importanza è secondo me fondamentale che siano proprio i giocatori a disegnarle. Poi il Master può essere generoso, fornendo misure dettagliate delle distanze e concedendo l’uso di fogli quadrettati, oppure (come ultimamente sta capitando a me) potrebbe limitarsi a misurazioni approssimative ed obbligare il cartografo di turno ad usare fogli completamente bianchi (a meno naturalmente che i personaggi non perdano tempo a misurare accuratamente tutte le distanze e non abbiano provveduto a quadrettare i loro fogli di pergamena...).
  • Problema logistico: ovvero: «Dopo questo bel bagno nel fiume sotterraneo, in che condizioni sarà la vostra mappa?». Tracciare una mappa in un dungeon richiede che un personaggio si dedichi con attenzione al faticoso compito; ciò significa che il personaggio deve avere le materie prime (pergamena, penna e inchiostro/carboncino) e luce sufficiente, e significa soprattutto che la mappa è costantemente a rischio di essere rovinata (chi ha parlato di palla di fuoco?), perduta, sminuzzata o addirittura mangiata da qualche creatura particolarmente indifferente a ciò che ingurgita. Nelle mie campagne il fatto che un giocatore stia disegnando la mappa comporta automaticamente la medesima attività da parte di un personaggio (non necessariamente il personaggio del cartografo), la cui sorte diventa quindi strettamente legata alla mappa stessa e che farà bene ad essere ben protetto dal resto del gruppo, se non si vuole smarrire la strada! 
  • Prova di bravura: una mappa è una prova di bravura da parte del cartografo, che deve interpretare al meglio le descrizioni del Master (descrizioni magari non accurate, come scrivevo poc’anzi, ma senz’altro non fallaci). È bello vedere come, dopo qualche sessione, il dungeon che si sta esplorando diventi un luogo familiare («Vi ricordate? Qui abbiamo affrontato i coboldi e l’ogre»), senza contare che una mappa accurata permette un ritorno più veloce in superficie, una migliore pianificazione degli itinerari da seguire (anche in caso di fuga ritirata strategica) e una preparazione più efficace di imboscate e assalti («Voi attaccate da questo corridoio, noi passiamo dalla porta a Sud e così prendiamo gli gnoll tra due fuochi!»).
  • Elemento d’esplorazione: forse il motivo principale per cui una mappa è così importante. Non è possibile esplorare senza tracciare una mappa, e l’esplorazione è uno dei cardini dell’avventura. La mancanza di esplorazione, quando la direzione presa è indifferente e l’unico obiettivo è ammazzare i mostri per rubare loro il tesoro, è ciò che caratterizza il Lato Oscuro della Vecchia Scuola: il dungeonbashing (termine che non mi sforzo nemmeno di tradurre. È il gemello cattivo, il Sith, l’antipaladino. È in sostanza uno dei motivi per cui la Vecchia Scuola viene ancor oggi vituperata e fraintesa. Non che basti una mappa per fare la Vecchia Scuola (e non è mia intenzione definire qui che cosa essa sia di preciso), ma l’elemento esplorativo ne è senz’altro parte imprescindibile, che si tratti di esplorazione di sotterranei o di terre selvagge (terre selvagge: non vi viene voglia, solo a sentirne parlare, di prendere in mano i dadi?).

Lunga vita alle mappe, quindi, e voi, Master, non lasciatevi impietosire dagli sguardi imploranti di qualche giocatore pigro: che prenda in mano carta e penna, se vuole uscire vivo dal dungeon con i tesori necessari per passare al prossimo livello!

giovedì 1 agosto 2013

GdR e musica

O meglio: musica durante le sessioni di gioco.
Ci ho provato in passato (un passato piuttosto remoto), ma il risultato, a mio avviso, non è stato per nulla soddisfacente. Sarà che con la musica ho in genere un rapporto “assoluto”: o la ascolto e praticamente non faccio nient’altro (se non magari dipingere qualche miniatura), o la ignoro del tutto, e allora è come se non ci fosse; resta il fatto però che le poche volte che ho provato ad inserire una colonna sonora durante una sessione di gioco ho finito per distrarmi e perdere il filo del discorso... il che non era proprio l’effetto che volevo ottenere!
Sarei curioso però di sapere come altri Master la pensano a riguardo, e come i loro gruppi reagiscono: se ci sono cambiamenti nello stile di gioco o se la presenza o meno di un sottofondo musicale è alla fin fine indifferente...


E parlando di musica vi lascio con un omaggio wagneriano: è la marcia funebre di Sigfrido, che quel drittone di Boorman ha usato per una delle scene più belle del suo indimenticabile Excalibur. Ascoltare per credere!