lunedì 29 dicembre 2014

Burning Vindizia - sessione 5

I PROTAGONISTI
Duccio Ridolfi, un mercante di tessuti fiorenzano
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

Hangouts è uno strumento utilissimo (quando funziona), ma non c’è proprio alcun paragone con le sessioni giocate alla vecchia maniera (tutti intorno allo stesso tavolo, cioè). Ne abbiamo potuto fare un’altra in questi giorni, ed ecco qui quello che è successo.

Reduci dall’estenuante trattativa con Mastro Vieri, i Nostri incassano il denaro pattuito e aspettano che scenda la sera per recarsi alla malfamatissima locanda del Pesce Bollito, dove hanno un appuntamento con il tizio che fa loro da tramite con la Fratellanza dei Coltelli. Vengono discussi gli ultimi dettagli, viene stabilita una data per il colpo (ricorderete che, nella speranza di mettere le mani su qualche sgherro della Fratellanza, i tre compari stanno fingendo di voler assoldare dei professionisti che appicchino il fuoco ad un fondaco) e soprattutto viene discussa una nuova clausola: i Nostri, in qualità di committenti, saranno presenti al rogo e prima che questo inizi si prenderanno metà dei beni immagazzinati, vale a dire stoffe e tessuti. Ciò aumenta il costo dell’operazione, ma approfittando della suddivisione del pagamento (metà adesso e metà dopo il lavoro), i nostri amici sono in grado di reggere il bluff e di trovare un accordo soddisfacente con il mezzano.
La mattina successiva il gruppetto si reca a far visita a Corrado Corner, l’ufficiale dell’Inquisizione conosciuto qualche tempo addietro. L’intera faccenda del rogo viene rivelata in quasi ogni dettaglio, i Nostri incassano la gratitudine del nobiluomo e trovano anche un posto nel piano di costui per arrestare gli sgherri della Fratellanza che prenderanno parte alla vicenda. Giuseppe è in particolare soddisfatto della piega che stanno assumendo gli eventi: lo spadaccino vorrebbe infatti avere notorietà in città e diventare un eroe di Vindizia. Per poter campare di rendita, s’intende.

Dietro insistenza di Ghiso, il quale vuole vederci chiaro nelle disordinate notizie riportate da Orlando l’acchiappatopi (di seconda classe), secondo le quali Piso, il cugino che va da tempo cercando, è vivo e tenuto prigioniero da qualcuno, ci si reca quindi in Calle dei Ratti, dove gli acchiappatopi cittadini hanno la loro sede. Nell’edificio pericolante e fatiscente, tra l’assordante abbaiare di cani piccoli ma cattivi (un geniale retaggio di WFRP) e il fetore di topi morti, il trio apprende che Orlando è in giro per Vindizia a fare il suo mestiere, e quindi occorrerà tornare un’altra volta. Tocca quindi a Duccio, che guida i compari verso la bottega di Renzo il conciatore (un contatto del giovane mercante) e qui acquista a buon prezzo un corpetto imbottito che potrà in futuro proteggerlo da qualche lama insidiosa, o almeno così si spera.
La sera è nel frattempo scesa sulla città, le cui vie sono affollate di gente che festeggia il carnevale, periodo di bagordi, eccessi e follie che andrà avanti fino alla fine del mese. A distinguersi in tali sfrenate attività sono i nobili locali, e nessuno si sorprende quando un gruppetto di questi, tutti mascherati ed evidentemente alticci, incrocia la strada dei Nostri e sprezzantemente intima loro di cedere il passo. Ghiso e Giuseppe non sembrano avere nulla in contrario, ma il focoso Duccio, offeso dai modi arroganti dei giovani patrizi, inizia un battibecco che in breve porta all’uscita dal fodero di diverse spade. Il caporione della masnada in maschera sfida a duello il primo che si trova davanti, che guardacaso è Giuseppe (il quale, tra i suoi Istinti, ha “Non rifiutare mai una sfida”: delizioso), e mentre i due, armi in pugno, cominciano a studiarsi, da uno dei vicoli sbuca fuori, affannato e pallido in volto, Gualterio Neratesta! Viene fuori che l’avversario di Giuseppe è Cristoforo, figlio del potente Egidio Volpe, forse il nobile più in vista di Vindizia, e il sicario di Trinacria, incaricato della protezione dell’imprudente rampollo, cerca ora di persuadere il Nostro a non combattere; purtroppo invano: Cristoforo vuole che il duello abbia luogo, e Neratesta può solo digrignare i denti e pregare la Luce Misericordiosa che non accada nulla al figlio del suo datore di lavoro.
Con grande sorpresa di tutti, nel giro di poche stoccate il giovane Volpe riesce a graffiare per ben due volte lo spadaccino zenovese, complici un mio errore nella gestione del combattimento e l’ottima lama brandita dal ragazzotto, e il Nostro, anche dietro disperata insistenza di Neratesta, accetta di dichiararsi sconfitto. Il duello ha così termine senza il tanto temuto spargimento di sangue blu, e la comitiva di festaioli si può allontanare alla volta di nuovi bagordi.
Resta però da dire del tentativo di Duccio di attaccare briga con qualche altro membro della mascherata. Inizialmente tutti gli astanti erano troppo interessati alla sfida per dare corda al nostro amico, e anche a duello finito questi non riesce nel suo intento di provocare una rissa. Frustrato e desideroso di sfogare il suo desiderio d’azione, Duccio decide a questo punto di sedurre la bella Iole, la sua amata.
È un colpo da maestro.

Iole è la figlia di Mastro Vieri, il capo della famiglia Ridolfi divenuto quasi un padre per il Nostro; tra i due giovani è nato un proibito amore, minacciato dal fatto che Iole è destinata ad un matrimonio d’interessi con qualche ricca (e magari nobile) famiglia vindiziana. Duccio ha tra i Belief quello di sposare la sua bella, anche contro il volere del padre, e adesso ha deciso che è giunto il momento di superare i casti gesti d’affetto ai quali è stato costretto a limitarsi: il fiorenzano vuole infilarsi sotto le lenzuola di Iole, ed è pronto ad utilizzare ogni sotterfugio per raggiungere il suo intento. Si tratta di un tiro di Seduzione, arte nella quale Duccio non è purtroppo molto versato, ma questo riesce comunque a raggranellare un paio di dadi aggiuntivi grazie ad una bottiglia di vino buono e alla lettura di alcuni versi (con ogni probabilità la leggenda di Tristano e Isotta). Servono 4 successi ma Duccio ne ottiene solo 3, pur utilizzando un punto di Fato (dadi traditori!): proprio quando l’atmosfera comincia a scaldarsi, i due innamorati vengono fatti sobbalzare da un rumore. È Cagliostro, il micio di casa, entrato di soppiatto nella stanza. Iole a questo punto è spaventata e insiste perché il suo amato se ne vada, nonostante il Nostro faccia di tutto per rassicurarla, e alla fine Duccio si ritrova sulle scale, solo, a maledire la sfortuna e i gatti impiccioni.
E mentre cerca di sbollire la collera si accorge di non essere davvero solo: da pochi passi di distanza lo sta osservando infatti uno dei servitori di casa, il quale ha visto tutto e ora promette di tacere solo se Duccio s’impegna a ricambiare il favore in futuro. Il nostro amico accetta a denti stretti, ma segretamente medita già su come sbarazzarsi dell’impudente servo (e ci scrive un Belief sopra! Eccezionale!).

Trascorre un paio di giorni tranquilli, se si esclude il carnevale che furoreggia, e passiamo così alla sera dell’8 febbraio, la sera della trappola ai danni della Fratellanza dei Coltelli. Come convenuto con Corner, i Nostri si ritrovano con una squadra di guardie travestite da camalli, e con queste si recano al fondaco destinato a bruciare. Gli sgherri della Fratellanza sbucano come ombre dai loro nascondigli, e dopo un breve abboccamento con i Nostri si mettono al lavoro. L’accordo è che i criminali svuotino il fondaco e dividano la mercanzia in due mucchi, uno dei quali potrà essere quindi portato via dai nostri amici; ad operazione compiuta, però, Duccio insiste per controllare che il cumulo di stoffe e tessuti di propria spettanza non contenga merce di minor valore dell’altro, e qui nasce un battibecco con il malvivente incaricato di gestire la faccenda, un tizio di mezz’età dalla barba sfatta e grigia e dall’aria imperiosa. Ghiso e Giuseppe si fanno avanti per spalleggiare il loro compare, e nella confusione Duccio accende una torcia e comincia ad esaminare il carico. Il capo degli sgherri è però un osso duro e non si lascia impaurire: il tiro per intimidirlo non riesce, e in seguito al fallimento descrivo ai giocatori come la torcia di Duccio venga dagli agenti dell’Inquisizione erroneamente interpretata come un segnale, e la trappola scatti quindi troppo presto. Due membri della Fratellanza vengono uccisi e uno catturato, ma gli altri riescono a dileguarsi prima che le guardie li acciuffino; il loro capo, però, viene abilmente placcato e immobilizzato da Giuseppe e Ghiso, che lo affidano quindi alle autorità. Pensavo, a dire il vero, che se lo sarebbero tenuto per interrogarlo a modo loro, ma è anche vero che l’Inquisizione conosce metodi assai efficaci di estorcere informazioni…
Corrado Corner è grato ai Nostri della preda che gli viene consegnata, che l’Inquisitore riconosce come Mastino, uno dei fratelli di Molosso Tagliaossa, il capo stesso della Fratellanza, e chiede ai tre come possa compensarli. Giuseppe si fa dare il nome di un artificiere presso il quale possa in futuro comprare armi da fuoco e materiale affine (lo consideriamo un Named Circle, e quindi Giuseppe avrà 1D di vantaggio quando vorrà reperirlo); Ghiso e Duccio scelgono invece ciascuno un bel rotolo di stoffa pregiata, equivalente ad 1D di Contante.
Soddisfatti dei risultati raggiunti (sebbene Corner li abbia messi in guardia dalle sicure ritorsioni future ad opera della Fratellanza dei Coltelli), i Nostri rincasano tutti contenti.

La mattina seguente Duccio prova con scarso successo a ricavare più denaro possibile dalle stoffe recentemente acquisite, ma Mastro Vieri, con il quale ha l’ardire di trattare, lo straccia senza difficoltà e il Nostro si deve accontentare di ciò che gli viene offerto. Ghiso dona invece il suo bottino a Valeria, la sua compagna, rinunciando così a farci dei soldi (e quindi ad utilizzare il suo Tratto venale, che, se adoperato in questo modo, gli avrebbe anche fruttato un punto di Fato).
I Nostri si ritrovano quindi allo Sgombro che Salta, e qui Duccio ha un’offerta per i suoi compari, in cambio di un adeguato pagamento: Arturo, il servitore che ha visto il giovane fiorenzano assieme alla figlia del suo padrone, deve essere convinto a lasciare Palazzo Ridolfi e a non farsi più vedere. La proposta viene accettata e messa in atto, ma Arturo, pur inquietato dal brutto incontro con Ghiso e Giuseppe in un vicolo buio, non si lascia spaventare e non intende abbandonare il proprio lavoro. Duccio chiede a questo punto che il servo venga eliminato, ma Giuseppe si tira indietro, rinunciando al pagamento, e il mercante decide di fare da sé, pur con il discreto aiuto di Ghiso.
Quest’ultimo, prima dell’agguato, fa una volta ancora visita alla sede degli acchiappatopi, in Calle dei Ratti; Orlando è in loco, ma Ghiso si rende conto che non riuscirà ad ottenere informazioni più dettagliate (se non ricordo male si parla di un tiro di Intimidire, che richiedendo però 3 successi con un esponente d’abilità di 2 viene considerato troppo svantaggioso e quindi evitato).
E arriviamo quindi al tentativo d’assassinio (del resto si sa che a Vindizia l’immoralità regna sovrana, giusto?). Duccio e Ghiso si nascondono lungo la via nell’attesa che Arturo, come d’abitudine, passi di lì. Decidiamo di risolvere la questione con un tiro di Discreto (per nascondersi) collegato ad uno di Spada; a quest’ultimo la vittima opporrà la propria Velocità. Nonostante l’aiuto di Ghiso, che sa come rendersi invisibile in un vicolo oscuro, Duccio viene avvistato dal servitore ormai perennemente allerta (specialmente dopo le minacce ricevute da parte di Giuseppe): ciò comporta una penalità al tiro di Spada, che non ottiene quindi che un pareggio contro la Velocità della povera preda. Eccellente.
Procedo quindi a descrivere come Duccio raggiunga la sua vittima e la infilzi, purtroppo non prima che questa lanci uno straziante grido e attiri così l’attenzione della gente mascherata che folleggia in una calle vicina. Arturo cade al suolo morto, ma i nostri sanguinari amici devono darsela a gambe, inseguiti da una pattuglia di guardie! Ghiso prova a seminare gli sbirri ma fallisce il tiro contrapposto di Velocità, e viene così raggiunto e catturato; Duccio cerca di mischiarsi alla folla, ma la fortuna non gli arride e le guardie lo riconoscono con facilità, mettendolo subito in manette.
Ahi ahi. E ora?


È un ottimo punto per fermarci, e dopo la distribuzione dell’Artha (Fato, come al solito, ma stavolta c’è anche almeno un punto di Persona a testa: tutti per la buona interpretazione dei personaggi, Giuseppe per essere stato il “cavallo da soma” delle ultime sessioni e Duccio per aver, dopotutto, raggiunto l’obiettivo di eliminare Arturo) ci dedichiamo alla votazione dei Tratti. Questo è un procedimento di voto collettivo tramite il quale è possibile che un personaggio perda uno o più Tratti, mai comunque senza l’approvazione del giocatore, e che ne acquisisca di nuovi. L’unico cambiamento è l’abbandono del Tratto crudele da parte di Ghiso, e per il resto lasciamo tutto così com’è.

giovedì 25 dicembre 2014

Burning Vindizia - sessione 4

Vindiziani e non...
a tutti un Buon Natale!
I PROTAGONISTI
Duccio Ridolfi, un mercante di tessuti fiorenzano
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

Sessione assai produttiva ieri sera, sebbene mancassero due giocatori e ne avessimo uno nuovo… nuovo a Burning Wheel, sì, ma non certo a Vindizia, essendo stato parte del gruppo originale che un paio d’anni fa cominciò a muovere i primi passi tra le calli e i canali della città!
Inizio quindi proprio dal suo personaggio. Duccio Ridolfi è un Fiorenzano che vive da diverso tempo a Vindizia, dove è giunto al seguito di Mastro Vieri (quasi un padre adottivo per il giovane mercante) e della di lui figlia Iole, assieme alla quale il Nostro vive un’impossibile storia d’amore. Duccio è però determinato a condurre all’altare la gentile fanciulla, la quale è dal padre destinata ad un matrimonio d’affari con qualche potente e ricca famiglia vindiziana. Nella città lagunare opera peraltro anche Amedoro Peruzzi, rivale senza scrupoli dei Ridolfi e segnatamente proprio di Duccio; dal contrasto tra le due schiatte mercantili scaturiranno senz’altro scintille.

Iniziamo l’avventura lì dove l’avevamo interrotta la volta scorsa, e cioè nel cantiere navale semiabbandonato ove i Nostri hanno appena sventato un nuovo agguato della Fratellanza dei Coltelli. Duccio è proprio una delle due persone che il gruppo andava cercando: un noto oppositore del Maestro Nero; decidiamo che Ettore debba tornare ai propri… affari amorosi e si dilegui, e da qui andiamo avanti.
Ferrante, che assieme a Duccio si nascondeva nel cantiere navale, viene da Giuseppe “persuaso” (un tipo di persuasione che si avvantaggia di un cipiglio truce e di nemmeno troppo velate minacce) a dimenticarsi dei nomi e dei volti dei nostri amici, e quindi viene lasciato tornare, terrorizzato e tremebondo, alla propria famiglia. Duccio invita i suoi salvatori ad accompagnarlo al palazzo dei Ridolfi, dove Ghiso e Giuseppe vengono presentati a Mastro Vieri e non trovano di meglio da fare che mettersi a mercanteggiare sulla ricompensa loro offerta per aver ricondotto a casa il giovane Fiorenzano. I due sono in effetti molto attaccati al denaro (specialmente Giuseppe, da buon Zenovese), e il loro tentativo è più che legittimo; peccato solo che l’esperto Mastro Vieri, che sa tirare sul prezzo come pochi, li demolisca in quattro e quattr’otto (e cominci anche a nutrire una sorta di cordiale antipatia per i due venali compari). A Giuseppe viene quindi offerto un letto per la notte, mentre Ghiso se ne torna a casa portando con sé un cartoccio di leccornie che Duccio gli ha voluto a tutti i costi dare in dono.

Il giorno dopo fa visita allo Sgombro che Salta, dove i Nostri si ritrovano abitualmente, Orlando, un acchiappatopi “di seconda classe”, accompagnato dal suo cagnaccio Dante (sì, si tratta di uno dei protagonisti della prima campagna vindiziana, che qui mi viene benissimo usare come contatto per il gruppo); questi rivela in via confidenziale a Ghiso che Piso, il cugino che il Nostro ha giurato di ritrovare (nonché egli stesso compagno d’avventure di Orlando) è vivo e tenuto prigioniero da qualcuno non meglio identificato. Le informazioni sono molto lacunose, ma si parla di un possibile scambio di prigionieri che potrebbe mettere Piso nuovamente in libertà. Il racconto di Orlando turba non poco Ghiso, il quale decide però di volersi per ora concentrare sulla lotta contro il Maestro Nero, e mentalmente rimanda la faccenda ad un momento più propizio.
Il resto della mattinata viene impiegato nella ricerca di un conciatore che abbia qualche debito nei confronti dei Ridolfi e che sia disposto a riparare gratis il corpetto imbottito da Giuseppe recuperato la scorsa sessione (e ad aggiungerci un paio di maniche). È così che spunta fuori il nome di Renzo: Duccio fa un ottimo tiro di Circles e ottiene così di dare un nome al conciatore (e di avere un bonus ogni volta che vorrà contattarlo in futuro). Tornando quindi all’idea di rintracciare Monaldo, l’ideatore della riunione che avrebbe dovuto coordinare gli sforzi dei nemici del Maestro Nero e che invece fu sanguinosamente interrotta dalla Fratellanza dei Coltelli, i Nostri (dopo che si è parlato un po’ della questione e anche io ho avuto l’occasione di dire la mia) stabiliscono di rivolgere i propri sforzi in direzione della Fratellanza stessa, che dopotutto ha già cercato ben due volte di accopparli! Dividendosi i compiti, i nostri amici decidono che Duccio, fingendo di voler assoldare qualcuno al fine di bruciare il magazzino di un rivale, cercherà un modo di contattare la Fratellanza, mentre gli altri due proveranno a trovare un affiliato della stessa, un pesce piccolo che sia però in grado di fornire qualche informazione utile, non necessariamente in modo spontaneo. Ci si prende tutto il tempo possibile e si ungono le ruote con abbondante esborso di denaro (operazione durante la quale Giuseppe riesce ad aumentare le sue Risorse da 0 a 1), e a sera del giorno seguente si tirano i dadi.

Duccio, abile nel far fruttare le proprie molteplici conoscenze, scopre che il modo abituale per contattare la Fratellanza dei Coltelli passa attraverso l’oste del Pesce Bollito, una bettola assai malfamata. Ghiso e Giuseppe, invece, falliscono il tiro nonostante la statistica li desse per favoriti: il primo dei due viene avvicinato da uno dei Contrabbandieri di Chiaggia, organizzazione alla quale è affiliato, e i cui contatti ha utilizzato durante la sfortunata ricerca. I Contrabbandieri temono che le indagini di Ghiso finiscano per metterli in contrasto con la Fratellanza dei Coltelli, e ritirano ogni supporto al Nostro, adducendo anche problemi interni. Per tornare a godere dei vantaggi dell’affiliazione Ghiso dovrà in futuro chiarire la faccenda.
Resta comunque la pista scoperta da Duccio, e senza por tempo in mezzo i tre compari si recano al Pesce Bollito. Qui un breve colloquio con l’oste porta ad un’attesa di un paio d’ore, e finalmente un tizio guercio dall’aria sufficientemente losca li avvicina, dichiarando di poterli mettere in contatto con i “professionisti” che vanno cercando, ma al contempo studiandoli con attenzione, forse per capire se si tratti di spie o agenti dell’Inquisizione della Repubblica. Giuseppe e Ghiso sono però dei duri e ne danno ampia dimostrazione (e Giuseppe riesce pure ad alzare l’abilità Intimidire da 3 a 4), fugando ogni dubbio dell’intermediario e arrivando addirittura a parlare dei costi dell’operazione. Il guercio mezzano si allontana nella notte per recare l’offerta ai suoi criminali associati, e i Nostri, sperando di venire condotti ad uno dei covi della Fratellanza dei Coltelli, provano a seguirlo. E siccome nessuno di loro ha la minima idea di come ci si muove in silenzio, ovviamente falliscono! La loro preda li semina con imbarazzante facilità, conscia di essere pedinata, e Duccio, Ghiso e Giuseppe si ritrovano a girovagare senza meta per le calli fredde e deserte di Vindizia.

La mattina successiva, consapevoli a questo punto di dover portare avanti la finzione se vogliono trovare la Fratellanza, i nostri amici affrontano Mastro Vieri per chiedergli un sostegno economico: abbiamo stabilito che il prezzo dell’incendio sarà un tiro di Risorse a Ob3, e nessuno dei tre ha denaro sufficiente alla bisogna. Il ricco mercante è però un osso duro, non particolarmente propenso a correre rischi, e ci sembra che sia giunto il momento adatto ad un bel Duel of Wits. L’argomento dei Nostri suona più o meno come «Ci sosterrete nel nostro piano e ci fornirete i soldi necessari», mentre Mastro Vieri replica con «Si tratta di una manovra troppo rischiosa. Non vi aiuterò». Un’astuta combinazione di finte, asserzioni e confutazioni riesce contro ogni previsione a far sì che entrambe le Argomentazioni vengano portate a zero nello stesso scambio, nonostante il mercante partisse avvantaggiato, e ciò comporta un compromesso maggiore. La soluzione migliore ci sembra che Mastro Vieri fornisca con riluttanza una parte del contante, concedendo il resto solo in prestito, con la pretesa di essere ripagato entro un mese. È un compromesso piuttosto vantaggioso per i Nostri, lo so, ma mi piace molto l’idea che adesso i personaggi siano debitori di 2D di contante, che dovranno in qualche modo racimolare. E un mese passa in fretta!


Qui terminiamo il gioco, e concludiamo con la distribuzione dell’Artha: ciascuno dei tre riceve un paio di punti di Fato, mentre Giuseppe ne ottiene anche uno di Persona per aver raggiunto il suo scopo di “Aumentare le proprie Risorse”. Resto un po’ incerto fino all’ultimo sulla validità di questo obiettivo, ma alla fine decido che allo stadio in cui siamo di apprendimento del sistema un po’ di generosità non può far male…

venerdì 19 dicembre 2014

Burning Vindizia - sessione 3

Il torvo Gualterio Neratesta!
Fonte: perezreverte.com
I PROTAGONISTI
Ettore Dellago, un affascinante seduttore
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

Per questa sessione siamo di nuovo privi del giocatore di Federico, che ci immaginiamo (Federico, non il giocatore) impegnato a scoprire chi abbia provocato la rovina della sua casata.
È il 31 di gennaio. Ettore, Ghiso e Giuseppe si ritrovano come al solito presso lo Sgombro che Salta e partono direttamente alla volta dei cantieri navali della città, dove pare si nascondano due degli scampati al fatidico agguato di qualche sera prima; ciascuno dei giocatori ha (assai saggiamente) riveduto i propri Belief in modo da averne almeno uno legato a questa missione, e il gruppetto trascorre l’intera giornata sbirciando qua e là tra gli squeri e le navi in costruzione, nella speranza di adocchiare i due elusivi sopravvissuti. Purtroppo invano: si decide di confidare sulla Percezione in modo da potersi guardare discretamente attorno senza attirare troppo l’attenzione, ma, nonostante il tiro non sia particolarmente difficile (Ob3 con 6 o 7D, se ricordo bene; ergo: 3 successi necessari tirando 6 o 7 dadi) i Nostri falliscono nella loro ricerca. Durante il loro girovagare i tre compari notano una cartomante al lato della strada, che li invita a farsi leggere la fortuna; soltanto Ettore accetta l’offerta, e la donna gli predice che «Sarà circondato da molto amore, ma dovrà tenere la testa salda in tutto quel vorticare di sentimenti». L’affascinante rubacuori è ben felice di una simile profezia, e già pensa a come allargare il suo giro d’affari.
Di ritorno allo Sgombro, però, i nostri amici hanno una brutta sorpresa. Valeria (la compagna di Ghiso), infatti, ha ricevuto la visita di uno sconosciuto nerovestito che, da quanto riferisce la spaventata ragazza, ha formulato qualche minaccia all’indirizzo di Ettore e di Valeria stessa, che farà bene «A stargli lontano». Si sospetta subito trattarsi del losco Gualterio Neratesta, nemico giurato di Giuseppe, e ci s’interroga sul significato della sua presenza allo Sgombro. Ghiso deve peraltro pensare anche alla sua compagna, la quale non è affatto felice di tutti i guai in cui il Nostro si sta recentemente cacciando.

La mattina seguente Ghiso e Giuseppe, che fanno colazione nell’attesa dell’arrivo di Ettore, vengono raggiunti da un giovane ben abbigliato, il quale dichiara di essere un servitore di Costantina Vendramin. È questa una nobildonna locale nonché cliente di Ettore, e pare avere deciso di essere stanca della propria vita solitaria: la signora ha infatti stabilito di voler sposare il bel casanova, e a tal fine chiede l’aiuto degli amici di quest’ultimo. Ghiso e Giuseppe ricevono entrambi una borsa di denaro, con la promessa di elargizioni assai più generose quando il matrimonio sarà stato celebrato. Ai due non par vero di sentir parlare di quattrini, e per l’utilizzo dei loro rispettivi Tratti Venale e Mercenario ricevono un punto di Fato a testa.
L’ignaro Ettore incrocia il servitore sulla porta senza riconoscerlo, e il gruppetto, dopo una breve riunione, riprende a battere le vie e le calli della città, cercando stavolta di trovare altre persone che si oppongano al sinistro Maestro Nero, il negromante al cui nome tutta Vindizia trema. Occorre menzionare qui la prudenza di Giuseppe, che segue i suoi amici a distanza per determinare se qualcuno li stia pedinando o si stia interessando alle loro ricerche; il tiro però fallisce (non mi ricordo se abbiamo utilizzato Osservare o Percezione), e la situazione sembra tranquilla. Dopo una mattinata così trascorsa (purtroppo nuovamente invano: i dadi non sono molto collaborativi) il terzetto vuole riprovare a stanare gli altri due sopravvissuti già cercati il giorno prima (i loro nomi sono Ferrante e Duccio; quest’ultimo è un Fiorenzano). Ritengo che l’intento sia valido nonostante il precedente tentativo fallito, in quanto stavolta si proverà a convincere qualche maestro d’ascia a fornire informazioni utili, puntando così sulla Persuasione (arte della quale Ettore è un vero esperto). Manco a dirlo, il tiro fallisce, e io già pregusto le complicazioni che ammannirò ai miei giocatori.

Presso uno dei cantieri i Nostri osservano l’arrivo di una chiatta riccamente addobbata che trasporta un gruppetto di persone. È chiaramente visibile lo stemma dei Volpe, una famiglia patrizia della città, e quando il piccolo corteo prende terra Giuseppe si accorge immediatamente che ne fa parte anche Gualterio Neratesta, il suo arcinemico. Ettore, sempre sgargiante e al centro dell’attenzione, si fa ovviamente notare anche stavolta (guadagnandosi un punto di Fato), ed è così che lo stesso Gualterio riconosce Giuseppe e i suoi amici; gli occhi di entrambi gli spadaccini scoccano scintille, ma la situazione non è certo propizia ad un regolamento di conti.
Si decide che sia d’uopo saperne di più sia sulla presenza del sicario di Trinacria che su quella di un Volpe (che non poi è altri che Egidio, il potentissimo e ricchissimo capo della casata), e così i baldi compari si spartiscono i compiti: Giuseppe, spalleggiato da Ettore, scambia qualche chiacchiera innocente con uno dei servitori al seguito del patrizio, e viene a sapere che Gualterio è da qualche giorno al servizio del nobiluomo in qualità di guardia del corpo; qualche dettaglio, come il vanto che Neratesta fa del suo essere, a proprio dire, il miglior spadaccino di Vindizia e il suo spregio del pesto zenovese («Un intruglio immangiabile») non fanno che alimentare le fiamme dell’odio nel cuore di Giuseppe (ma gli fruttano anche il primo test per l’apertura dell’abilità di Persuadere). Ghiso, nel frattempo, è abilmente penetrato nel cantiere e può osservare da vicino Volpe, intento a commissionare la costruzione di un paio di nuove imbarcazioni mercantili, e la sua scorta, che contrariamente a quanto ci si aspettava non si comporta in modo sospetto.

Dopo la partenza del corteo i Nostri tornano alla loro ricerca. Il tiro era fallito, sì, ma i tre trovano comunque qualcuno che generosamente li mette sulla buona pista: pare che in uno dei vecchi squeri si nasconda un paio di persone. Che si tratti di Ferrante e Duccio?
Sono proprio loro. Ci si avvicina con tutte le precauzioni per non spaventare i due fuggiaschi, ma quando sembra che la situazione sia sotto controllo e i due sono stati convinti della buona fede dei nostri amici, ecco comparire puntuali i sicari della Fratellanza dei Coltelli. Mai fidarsi della generosità del Master!
Ghiso e Giuseppe superano il loro tiro di Osservare e si accorgono quindi della presenza degli avversari prima ancora che questi si rivelino, ma altrettanta fortuna non hanno né Ettore né gli altri infelici testé conosciuti: costretti ad un tiro di Steel (che un tempo avevo tradotto con “animo”, ma probabilmente corrisponde di più a “nervi d’acciaio”), tutti e tre lo falliscono; uno resta lì impalato, un altro si dà urlando alla fuga e il terzo si getta a terra implorando pietà. Uno spettacolo penoso.
Ghiso e Giuseppe, però, mantengono la calma, ed estratte le armi si preparano a respingere i loschi sgherri di Molosso Tagliaossa (il temuto capo della Fratellanza dei Coltelli). È la prima volta che utilizziamo le regole di combattimento complete, e quindi procediamo un po’ a rilento per capire bene come funziona il sistema. E tutto procede liscio come l’olio. Nel giro di poche stoccate i nostri due eroi hanno steso un sicario (trafitto da Ghiso) e ne hanno volto in fuga un altro (il cui corpetto imbottito lo ha miracolosamente salvato – e più di una volta – dalla lama di Giuseppe). Stupefatti da una resistenza così letale, i restanti bruti esitano un istante e quindi provano ad uccidere Ferrante e Duccio, tuttora incapaci di difendersi. La connessione internet del giocatore di Ettore a questo punto lo molla di colpo, e per semplificare le cose decidiamo di terminare il conflitto con un semplice tiro, che si risolve in un pareggio. Gli scagnozzi non riescono nel loro intento, e i Nostri li mettono in fuga senza però riuscire a catturarne o ucciderne altri. Giuseppe s’impossessa del corpetto di cuoio del morto e qui interrompiamo la sessione.


Oltre a qualche punto di Fato, ciascuno dei tre riceve anche un punto di Persona per essere riuscito nell’intento di trovare i sopravvissuti (e anche di aver salvato loro la vita), e ora vedremo dove ci condurranno gli eventi. La prossima sessione, complici le feste natalizie, verrà giocata alla vecchia maniera: tutti seduti attorno allo stesso tavolo; e chissà che in quei giorni di cene e bagordi non ce ne scappi anche una seconda…

martedì 16 dicembre 2014

Burning Vindizia - sessione 2

A Vindizia ci sono ratti di ogni forma e dimensione...
e non tutti sono amichevoli!
I PROTAGONISTI
Ettore Dellago, un affascinante seduttore
Federico Tiepolo, uno scudiero ridotto in miseria
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

Ettore, Ghiso e Giuseppe, i tre protagonisti della scorsa sessione, decidono di mettersi sulle tracce del misterioso figuro che li aveva pochi giorni or sono avvicinati per invitarli alla fatidica riunione. Quest’individuo, che risponde al nome di Monaldo, è, come i Nostri hanno di recente scoperto, un agente del Maggior Consiglio; la sua abitazione dovrebbe trovarsi nella zona del Tempio dello Zelota, e qui il gruppetto dirige lesto i propri passi. Li segue circospetto Federico Tiepolo, anch’egli presente all’incontro organizzato da Monaldo e anch’egli evidentemente scampato alle lame della Fratellanza dei Coltelli; lo scudiero male in arnese vorrebbe saperne di più sul diabolico agguato al quale è riuscito a malapena a sfuggire, e alla prima occasione avvicina i nostri amici per essere ragguagliato sulle loro vicende e sui loro progetti. Dopo qualche iniziale diffidenza Federico (che è pur sempre un fiero oppositore del famigerato Maestro Nero) viene accolto nei ranghi della piccola compagnia, e i quattro proseguono quindi verso la propria meta.
Qualche indagine, condotta in modo discreto, porta all’individuazione dell’alloggio del misterioso Monaldo, che vive nel sottotetto di una semplice casa il cui ingresso dà su una stretta calle. Dopo un esame della zona alla ricerca di eventuali entrate secondarie, Ghiso decide di tentare la scalata della grondaia, e, agile come un gatto, raggiunge il tetto dell’edificio e vi s’inoltra passando per un abbaino rimasto socchiuso. Sono ormai però calate le tenebre su Vindizia (nella nostra campagna è il 29 di gennaio e fa buio presto), e i Nostri si rendono conto di aver bisogno di qualche fonte di luce: Ghiso esplora l’alloggio di Monaldo alla ricerca di una candela, mentre il disinvolto Federico, spalleggiato da Giuseppe, meno ciarliero ma a suo modo molto convincente, riesce a farsi regalare un moccolo dall’oste di una vicina taverna.
Il coraggioso Ghiso scopre intanto che il padrone di casa è assente, e dopo essersi guardato un po’ in giro conclude che qui non ci sia nulla d’interessante; muovendosi con cautela, il nostro amico scende la scala interna e apre il portone che si affaccia sulla calle dove lo aspettano i suoi compari. In quel preciso istante, però, dall’imboccatura del vicolo si avvicina speditamente una figura di donna, non alta ma dal piglio estremamente deciso: costei apostrofa duramente uno dei membri del gruppetto, chiamandolo “poco di buono” e “vergogna della famiglia”. Ghiso e Giuseppe già guardano divertiti Ettore, pensando che si tratti di qualche sua bella, ma è presto evidente che la giovane dama si stia rivolgendo a Federico, il quale si limita peraltro a balbettare qualcosa senza dare cenno di voler reagire. Si tratta di Arielle Tiepolo, sorella del Nostro ma di certo non sua amica.

Ai tentativi di placarla con ammiccamenti (Ettore) e parole concilianti la ragazza risponde con una serie di sferzanti insulti che hanno rapidamente la meglio sulla pazienza di Ghiso e Giuseppe: senza che faccia a tempo a mettere mano alla spada che porta al fianco (una rarità, per una gentildonna vindiziana), Arielle viene afferrata e gettata nel vicino canale, mentre suo fratello resta stupefatto dal repentino svolgersi della scena. I quattro compari decidono a questo punto di filarsela prima che le grida della nuotatrice suo malgrado mettano in allarme l’intero vicinato, e si dileguano nella notte. Federico non è affatto contento del trattamento riservato alla sua congiunta, ma Ghiso rincara la dose e dichiara che la prossima volta che verrà insultato in questo modo passerà la giovane a fil di spada (ed ecco un altro risvolto interessante! Contempliamo brevemente l’opportunità di un Duel of Wits tra Ghiso e Federico, ma decidiamo per ora di soprassedere. L’intera scena è stata molto divertente, e tutto ciò mi fornisce ottimo materiale per le complicazioni future…).
Il gruppetto si disperde per il riposo notturno (Giuseppe e Ghiso a casa di quest’ultimo, Ettore e Federico in una locanda) con l’intenzione di ritrovarsi la mattina seguente al fine di riprendere le ricerche dell’elusivo Monaldo.

Il giorno successivo, sotto una fredda e fastidiosa pioggia che si abbatte incessante sulla laguna, i Nostri stabiliscono di dividere le forze: Ettore e Ghiso battono i templi e le istituzioni caritatevoli nella speranza d’incappare nel cadavere di Monaldo, che ci s’immagina essere stato ucciso, buttato in qualche canale e magari ripescato da una mano pietosa. Giuseppe e Federico, invece, si mettono in caccia degli altri sopravvissuti all’agguato della Fratellanza dei Coltelli, e, dopo una giornata di ricerche, vengono a sapere che due superstiti hanno lasciato la città, mentre altri due si nascondono nella zona dei cantieri navali.
Ettore e Ghiso, nel frattempo, non sono riusciti a cavare un ragno dal buco; stanno tornando mogi allo Sgombro che Salta quando vengono fermati in un vicolo da due strani tizi di bassa statura, con i volti nascosti da grandi cappucci e con una stranissima parlata «Lascia stare i morti-morti, uomo-uomo! Squit!»
Ettore, spazientito, apostrofa i due chiamandoli “topi”, e immenso è lo stupore dei Nostri quando gli interpellati reagiscono sfoderando lunghi coltelli e squittendo allarmati: «Sa tutto! Uccidi-uccidi!!». Nel vorticare di mantelli e lame Ettore e Ghiso sono quasi certi di vedere anche due lunghe code glabre, ma non è tempo per la contemplazione: il bel seduttore fugge a gambe levate, facilitato dal suo amico che, con una stoccata tempestiva, ferisce uno degli assalitori. Questi inciampano l’uno nell’altro e permettono così anche a Ghiso di scomparire tra le calli di Vindizia. Quando i nostri amici si ritrovano s’interrogano sulla natura dell’inaspettato (e pericoloso) incontro che hanno fatto, e una volta raggiunto lo Sgombro non perdono tempo a mettere anche Giuseppe e Federico al corrente dell’accaduto.

Con questo si conclude la nostra seconda sessione di Burning Vindizia. Si è trattato per alcuni versi di una serata inusuale: c’erano ben quattro giocatori, cosa che richiede nell’utilizzo di Hangouts un po’ di accortezza per evitare di togliere involontariamente la parola agli altri; ma soprattutto mi sono trovato a giocare privo di tutto il materiale di gioco relativo a Vindizia e ai preparativi che avevo fatto per i personaggi, andati perduti nella criminale formattazione del disco rigido del mio computer ad opera di chi avrebbe dovuto invece salvare tutti i documenti che conteneva. Una storia molto triste.

Ciononostante, la campagna sta prendendo forma attraverso i suoi protagonisti, e tutti quanti ci stiamo ormai muovendo tra le regole di BW con un po’ più di familiarità. A questo punto sono proprio curioso di conoscere le intenzioni dei miei giocatori, e siccome la prossima sessione è prevista per domani sera non dovrò attendere ancora a lungo!

venerdì 28 novembre 2014

Burning Vindizia - sessione 1

I PROTAGONISTI
Ettore Dellago, un affascinante seduttore
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

Tre uomini in fuga. Così si apre la prima sessione della nostra ripresa vindiziana: Burning Vindizia.
I Nostri, ciascuno contattato da un misterioso tizio che pareva voler unire gli sforzi di coloro che si oppongono al Maestro Nero, l’oscuro negromante la cui fissazione pare proprio la rovina della città lagunare, scappano a gambe levate da una trappola diabolica nella quale quasi tutti gli altri convenuti (in totale era presente una trentina d’individui) hanno trovato la morte. Nel luogo dell’incontro, un decrepito magazzino presso i vecchi moli, si sono infatti riversate orde di sicari appartenenti alla famigerata Fratellanza dei Coltelli, che hanno avuto gioco facile nel massacrare le loro stupefatte vittime. Solo i nostri amici (e pochi altri) sono riusciti a trovare scampo nella fuga, e ora, ragionevolmente sicuri di avere seminato i loro inseguitori, i tre si guardano l’un l’altro e cercano di decidere il da farsi.
Innanzitutto le presentazioni: Ettore, Ghiso e Giuseppe fanno conoscenza e scoprono di avere (non a caso) un obiettivo comune. Tutti e tre sono infatti determinati, ciascuno per i propri motivi, ad opporsi al cosiddetto Maestro Nero e ai suoi alleati. La notte vindiziana è fredda e piovosa, e i Nostri trovano riparo in una locanda di terza categoria dove quantomeno possono trangugiare qualcosa di caldo e ripararsi dalle intemperie. Qui viene formulata l’idea di rintracciare il misterioso organizzatore della fatale riunione; qualcuno ricorda che l’uomo non ha mai mostrato la propria mano sinistra, sempre nascosta sotto il mantello, e così si pensa che possa trattarsi di un monco o di uno che abbia qualcosa da nascondere; come per esempio il segno di un’affiliazione a qualche banda criminale.

Prima di potersi ritirare per la notte, però, il gruppo viene innervosito dall’arrivo di un figuro intabarrato che intima ad Ettore di seguirlo all’esterno della locanda. Giuseppe ha già la pistola pronta all’uso e Ghiso la mano sull’impugnatura della spada, quando viene fuori che il figuro altri non è che il servitore di una delle “clienti” di Ettore, Girolama Vaccaj, la moglie di un ricco mercante; il bel seduttore ha infatti dimenticato l’appuntamento con detta signora, la quale è ora giustamente indispettita. Ettore prova a cavarsi d’impiccio adducendo scuse su scuse, ma le sue parole suonano false e sembrano non convincere affatto l’interlocutore, il quale se ne torna quindi da dove è venuto.

Il giorno seguente viene trascorso alla ricerca dell’uomo che nasconde la mano sinistra; Ghiso mobilita persino i contrabbandieri di Chiaggia affinché lo aiutino nell’intento, e i Nostri decidono di fare tutto nella massima calma in modo da ottenere qualche piccolo vantaggio (nella fattispecie un dado bonus per il tiro di Circles). Nonostante la difficoltà non sia immensa, però (Ob 3 – vale a dire 3 successi necessari – tirando 6Dadi), la ricerca fallisce, e Ghiso riceve qualche parziale informazione (l’uomo che vai cercando è un agente del Maggior Consiglio!) prima di venire avvertito che una pattuglia di soldati vuole arrestare Valeria, la sua compagna. Ci si precipita alla locanda dello Sgombro che Salta, dove la ragazza lavora; qui il comandante della pattuglia e un altro uomo in abiti civili stanno strattonando la povera Valeria, e senza por tempo in mezzo i Nostri intervengono. Ettore, come sempre sgargiante e vistoso, non ha difficoltà ad attirare l’attenzione della piccola folla radunatasi nonché dei soldati presenti, e Ghiso, spalleggiato da Giuseppe (che assume per l’occasione la sua espressione più truce), riesce con prepotenza a frapporsi tra i militari e la sua bella. L’uomo che accompagna la pattuglia si rivolge a questo punto ai nostri amici, esigendo di conoscere la loro identità. Un tentativo di intimorirlo a sufficienza da indurlo a svelare lo scopo di tali domande fallisce, e così i tre declinano le proprie generalità.
«E così sono loro. Bene. Arrestateli» dice l’uomo.
Ettore, veloce come una saetta, se la dà immediatamente a gambe, mentre i suoi compagni decidono di non opporre resistenza, e, consegnate a Valeria le proprie armi, si lasciano condurre via pacificamente. I soldati non li ammanettano ma li tengono d’occhio da vicino, e la piccola colonna percorre le calli cittadine alla volta di un bel palazzo signorile nei pressi della piazza del Leone Alato. L’edificio non è lontano dalle carceri, ma non si tratta senz’altro di una prigione. Ghiso e Giuseppe vengono quindi fatti accomodare ad un tavolo e qui interrogati dall’uomo in borghese, che dichiara di chiamarsi Corrado Corner e di essere membro dell’Inquisizione di Stato: l’uomo che il gruppo cercava, l’organizzatore della riunione di due sere prima, era davvero un agente del governo, e dal momento che i Nostri sono riusciti a sfuggire all’agguato della Fratellanza dei Coltelli, ora c’è chi pensa che i traditori siano proprio loro!

Ghiso e Giuseppe rispondono con freddezza ed efficacia alle accuse, e al termine del colloquio (per il quale abbiamo usato le regole del Duel of Wits) il confuso Corrado Corner si rende conto di aver preso un granchio. Come compromesso (secondo le regole del DoW) i due propongono di aiutare l’Inquisizione di Stato nella lotta contro il Maestro Oscuro, e, una volta che la loro generosa offerta è stata accettata, possono fare ritorno allo Sgombro che Salta. Ettore li ha nel frattempo seguiti, tenendosi a prudente distanza, e si è accertato che nessuno li pedinasse sulla via del rientro; una volta riunito ai compari, il casanova in erba non perde tempo a farsi ragguagliare sull’accaduto. Valeria, la compagna di Ghiso, si avvicina a questo punto per fare la conoscenza di Giuseppe e di Ettore, e rimane folgorata dal fascino che promana da quest’ultimo (decidiamo di comune accordo che un simile sviluppo potrebbe essere immensamente divertente, e per questo utilizzo del suo tratto “Bello” il giocatore di Ettore si merita un grosso grasso punto di Fato!).


Qui ci fermiamo. La campagna è appena iniziata, ma mi sembra che prometta davvero bene...

giovedì 27 novembre 2014

Vindizia in fiamme!

La laguna brucia!

Durante le ultime sessioni di Burgund erano venuti al pettine alcuni nodi riguardanti i personaggi, o meglio: la loro traduzione da Rolemaster a Burning Wheel. Il passaggio non era stato così indolore come immaginavo, e a qualcuno mancavano le molteplici abilità che caratterizzano i personaggi di RM. Questo, unito all’idea di creare nuovi avventurieri per i quali non fosse necessario seguire linee già tracciate, ci ha portati a riesumare la gloriosa e mai dimenticata Vindizia, campagna alla quale ormai quasi due anni fa avevamo giocato una serie di divertentissime sessioni (utilizzando come sistema Warhammer FRP 1a edizione).
Burning Wheel e Vindizia sembrano fatti apposta l’uno per l’altra, e così l’altra sera ci siamo messi al lavoro sui personaggi. Le vicende di questa ripresa di campagna avvengono un anno circa dopo le avventure di Piso, Goffredo, Romualdo e Orlando (e Dante, s’intende!), i quali finiranno senz’altro per comparire qua e là durante lo svolgersi degli eventi.
Abbiamo soltanto due dei giocatori originali di Vindizia (anche se speriamo che il terzo riesca prima o poi a riunirsi al gruppo), ma accanto a loro ce ne sono altrettanti; un bel gruppetto di disperati, come presto vedrete.

Ecco quindi, senza ulteriori indugi, i protagonisti.
Ghiso Calabraga, cugino del più noto (per ora) Piso, è un Vindiziano di nascita, e nella sua vita si è dedicato sia al mestiere di marinaio che a quello di criminale. Affiliato ai Contrabbandieri di Chiaggia, Ghiso vede i traffici dei propri associati messi in pericolo dai metodi brutali della Fratellanza dei Coltelli; costoro, guidati dal temutissimo Molosso Tagliaossa, sembrano essere in combutta con il Maestro Nero, un misterioso negromante che il governo della città considera il peggiore flagello che su Vindizia si sia abbattuto negli ultimi secoli. Ghiso ha una compagna e un figlio in tenera età, che intende proteggere dai pericoli del mondo.

Ettore Dallago è nato a Medioborgo, ma i suoi vagabondaggi l’hanno condotto a Vindizia. In passato esattore delle tasse dalla rinomata (e al contempo famigerata) efficienza e durezza di cuore, Ettore si dedica ora a dilettare le nobildonne vindiziane in cerca di un amante giovane e focoso. Tra queste vi sono dame della levatura di Patrizia Tradonico e di Costantina Vendramin, invaghitesi del bello e sgargiante malandrino. Costui, d’altro canto, teme che la presenza in città del negromante noto come Maestro Nero possa influire negativamente sul suo stile di vita e sui suoi contatti amorosi (contatti che il Nostro desidera ardentemente moltiplicare), e ha quindi preso la decisione di fare il possibile per combattere l’oscura minaccia che incombe su Vindizia.

Giuseppe Scannagatti proviene dall’entroterra di Zènova (forse da Tigliolo, forse da Castellino, forse dalla Val Fontanabella: non si sa di preciso); marinaio e soldato, ha deciso di mettere alla prova il filo della propria lama tra le calli di Vindizia, e vuole qui imporsi come il migliore spadaccino della città. È ovvio che questa rotta l’abbia portato a scontrarsi con il losco Gualterio Neratesta, prezzolato sicario di Trinacria (qui tutti amiamo molto Alatriste), e la faida che corre tra i due potrà essere spenta soltanto con il sangue.

Federico Tiepolo è vindiziano e nobile di nascita; ha conosciuto ahimè tempi migliori, prima che la sua famiglia decadesse e scomparisse dal novero delle schiatte patrizie della città. Istradato lungo la via per diventare un prode cavaliere, Federico, allora semplice scudiero, ha visto il suo fiero signore, Ser Gismondo, ucciso dalle arti oscure del Maestro Nero, e ha giurato di vendicarsi, sostenuto in questo proposito dalla famiglia del deceduto. Il Nostro desidera anche scoprire chi abbia causato la caduta della propria casata, ma le cose sono rese difficili dal profondo astio che Arielle, sua sorella (che la madre di Federico venisse dal Regno di Franza?), prova per lui; la ragazza fa di tutto per ostacolare i piani dell’ex scudiero ora divenuto truffatore, che però può per fortuna consolarsi tra le braccia di Giuditta Bragadin, una nobildonna alla quale Federico è legato dagli implacabili lacci d’amore.


Ecco la banda al completo. Come dicevo, non disperiamo di avere con noi prima o poi anche l’ultimo del nostro gruppo, che lavorando la sera ha purtroppo grandi difficoltà a partecipare alle sessioni. Per oggi è intanto previsto l’inizio delle nuove avventure vindiziane, sulle quali questo blog non sarà certo avaro di notizie...

giovedì 20 novembre 2014

Burgund - sessione 25bis

I PROTAGONISTI
Valdemar, stregone normanno

Burning Wheel è un sistema che si presta alla perfezione per il gioco one-on-one (un Master e un giocatore), e nel gruppo abbiamo quasi ufficialmente adottato la politica di far recuperare agli assenti, laddove possibile, le sessioni perdute. Ecco quindi che ieri sera il giocatore di Valdemar, che si era perso la scorsa sessione, ha avuto modo di rimettersi in pari con gli amici.
Spinto dal desiderio di ripagare Dama Ingrid della sua gentilezza trovando un oggetto abbastanza bello da non sfigurare nella collezione di Villa Beltade, Valdemar cerca il modo di raggiungere le caverne che si trovano alla base della scogliera sulla quale sorge una parte della città; qui, secondo quanto lo stregone ha di recente imparato, sono stati in passato trovati oggetti antichi, e solo la pericolosità dell’impresa e le scarse probabilità di reperire qualcosa di davvero interessante hanno trattenuto gli autoctoni dal battere la zona palmo a palmo. Il Nostro trova con facilità un pescatore disposto a portarlo a destinazione, ma il costo è piuttosto alto (decido in questo caso che un tiro di Contatti/Circles non è necessario, ma la difficoltà del tiro di Risorse è Ob 2). Mettendo insieme il proprio contante e quello di Namil (che in assenza del suo giocatore sembra essere sempre desideroso di partecipare alle spese altrui), Valdemar riesce con facilità a pagare l’esoso barcaiolo, il quale si destreggia abilmente tra gli scogli e le correnti e scarica il nostro amico presso l’entrata di una delle caverne. Passerà a recuperarlo al tramonto.
Lo stregone trascorre l’intera giornata a perlustrare le caverne, non senza buoni risultati. Oltre ad uno scrigno semisepolto nel quale sono contenuti un sacchetto di monete d’argento e una statuetta di bronzo, Valdemar scova anche, ben nascosti in un anfratto, quattro medaglioni (o monetoni) troppo sporchi e rovinati per essere identificati in loco e una verga di metallo finemente cesellata. Il bottino viene prontamente infilato in un paio di sacchi portati proprio per la bisogna, e l’audace archeologo esce quindi dalle grotte per aspettare la barca che lo riporterà in città. Nell’attesa, però, gli occhi aguzzi di Valdemar notano una stretta apertura nella roccia che in precedenza non era stata avvistata, e nonostante le proteste del pescatore, testé sopraggiunto (e grazie alla promessa di un pagamento extra), lo stregone esplora anche questo budello, arrivando in una curiosa caverna più o meno circolare; rudimentali panche sono state ricavate scavando le pareti rocciose, e un grosso sasso, anch’esso scavato e quindi decorato con una lunga scritta indecifrabile, campeggia nel mezzo dell’ambiente. Tracce di colore sono tuttora ravvisabili sulle pareti, ma Valdemar non è in grado di ricavarne alcuna informazione. Accontentandosi d’imprimere più dettagli possibile nella memoria, il Nostro torna all’esterno, dove nel frattempo il sole è tramontato e il barcaiolo si lamenta della difficoltà di evitare nell’oscurità i pericoli della navigazione. No problem! Valdemar, che aveva già evocato alcuni globi di luce per aiutarlo nell’esplorazione, utilizza adesso le medesime fonti d’illuminazione per favorire l’opera del traghettatore, che è quindi in grado di raggiungere il porto senza intoppi; tale è poi lo stupore del pover’uomo di fronte ad un incantatore così potente che non vuole neanche ricevere il pagamento extra e si affretta a tornare a casa per raccontare alla famiglia della sua incredibile esperienza...
Troppo stanco per studiare con cura ciò che ha trovato, e bisognoso di un buon riposo per recuperare le energie spese nei suoi exploit stregoneschi, Valdemar rimanda al giorno successivo ogni esame e piomba in un sonno profondo e ristoratore. La mattina, il Nostro scopre di essere entrato in possesso di una ventina di antiche monete d’argento, di una bella statuetta di bronzo raffigurante una donna abbigliata in maniera esotica, di quattro medaglioni recanti scritte indecifrabili e il simbolo di un ragno e di una sottile verga cesellata in modo tale da sembrare ricoperta di piccoli ragni. Secondo un esame approfondito, facilitato dall’uso della magia, la statuetta proviene da una bottega d’artigiano situata in una sconosciuta città turrita, e nella sua storia compare pure una battaglia a bordo di una nave. Che si tratti di un bottino di pirati? I medaglioni e la verga sono invece incantati, e Valdemar decide di fare uso delle sue capacità divinatorie per saperne di più. Utilizziamo per questo un tratto speciale, inventato ad hoc per riflettere l’analoga abilità di leggere il passato e il futuro che lo stregone possedeva in Rolemaster: è richiesto un tiro di Volontà a difficoltà variabile a seconda dell’oggetto e di quanto si vuole apprendere, con la clausola però che il divinatore vedrà il proprio destino in qualche modo legato a ciò che va esaminando. Il tiro riesce, e decidiamo che le informazioni giungeranno in forma onirica la notte successiva. Non vedo l’ora.
Valdemar si reca quindi a Villa Beltade, offre in dono la statuetta a Dama Ingrid, che è molto toccata dal gentile pensiero, e quindi, dietro raccomandazione della Dama stessa (che ora Valdemar può annoverare tra i suoi Legami/Relationships) vende le monete antiche ad un antiquario locale, ricavandone un bel gruzzoletto (2D di contante).
Al ritorno alla locanda dove il gruppo alloggia, lo stregone viene messo al corrente della recentissima discussione tra Sealas e Yda’r’a; le due linee d’avventura si sono nuovamente congiunte.

Valdemar riceve, per le sue fatiche, un paio di punti di Fato e un punto di Persona: il suo giocatore ha afferrato l’importanza di darsi obiettivi concreti e a breve termine (come, in questo caso, “ripagare Dama Ingrid con un dono adeguato”), e questo, oltre ad essere un motore inestimabile per il gioco, frutta anche un bel po’ di preziosissima Artha!

domenica 16 novembre 2014

Burgund - sessione 25

I PROTAGONISTI
Lothar, ranger normanno
Namil, cacciatore sidhe
Sealas, mago sidhe
Valdemar, stregone normanno

Per questa sessione abbiamo purtroppo soltanto due giocatori, ma i risultati sono comunque molto interessanti. Burning Wheel è un sistema che richiede un po’ d’esperienza per dare il meglio di sé, e mi sembra che siamo avviati sulla buona strada.
Lothar, reduce dal salvataggio di Re Thorbjorn e dal reinsediamento di questi sul proprio legittimo trono, fa ritorno alla locanda dove il gruppo ha preso alloggio, e seppur stanco morto mette gli amici al corrente degli ultimi eventi (oltre a farsi narrare le loro più recenti imprese). La mattina successiva un messo convoca gli avventurieri a palazzo, ma prima di partire i Nostri si vedono arrivare Yda’r’a, la sacerdotessa tor’raniana conosciuta la sera precedente, qui giunta, come promesso, per dare una mano a trovare lo scomparso Lothar. Il ranger è tornato all’ovile e la presenza della giovane donna sembra a qualcuno superflua, ma costei non si lascia scoraggiare e decide di aspettare il ritorno del gruppo presso la locanda. Ciò detto, si mette comoda e ordina da bere.
I nostri amici sembrano alquanto interdetti (eh eh), ma il colloquio con il re per adesso tiene occupate le loro menti; il monarca esprime la propria riconoscenza a Lothar e ai suoi compagni d’avventure, dona loro dei cavalli e un po’ di sempre utile contante (1D a testa, 2D per Lothar), e il ranger scopre che la notizia del suo eroico salvataggio è già nota in città. Ciò gli conferisce una Reputazione di 1D come “salvatore del re”. Niente male.
Si decide quindi di mettersi alla ricerca dell’alloggio di Var’as’qal, il tor’raniano che, a quanto pare, aveva organizzato ed attuato il piano di rapimento del sovrano dei Domini Antichi. Non si tratta di un’impresa facile, e stabilisco quindi che occorrerà superare un tiro di Contatti/Circles a Ob 5 (o era 4? Ora non me lo ricordo proprio). I Nostri mettono assieme le loro conoscenze, arruolano su due piedi Yda’r’a, apparentemente felice di essere utile, distribuiscono un po’ di denaro in giro e fanno leva sulla novella reputazione di Lothar: racimolano così 7 dadi, se non vado errato, ma il tiro non raggiunge comunque l’obiettivo (in BW ogni dado vale normalmente come un successo se fa 4 o più; Ob 5 significa che sono necessari 5 successi). La ricerca prosegue invano per quasi tutta la giornata, e quando il gruppo, stanco e scoraggiato, decide che è ora di tornare alla locanda, incappa in una piccola folla, tra la quale spiccano due o tre individui che portano sulla tunica il simbolo del fulmine. Si tratta di membri della Guardia del Tuono, un’organizzazione voluta dall’impostore per scacciare dalla città tutti coloro che non venerano il pantheon locale. Lothar li ha già incontrati e sa di chi si tratta, ma pur conoscendo il loro legame con l’ormai defunto sosia del re, preferisce non metterne al corrente gli amici e in qualche modo li “legittima” nel momento in cui si mette a discutere con loro. Molto interessante.
La mancanza di capacità oratorie da parte di Lothar e forse anche il mancato appoggio da parte del resto del gruppo (Sealas per esempio segue uno dei suoi Istinti e si defila, rinunciando a prendere la parola) portano la situazione ad un punto assai critico, e alla fine i nostri amici riparano alla locanda per evitare troppi guai. La piccola folla, però, rumoreggia all’esterno, e dopo qualche tempo il locandiere chiede al gruppo di trovare un altro alloggio. La vita in città è diventata per i Nostri improvvisamente più difficile!
Anche per questo motivo si vuole partire l’indomani alla ricerca dei restanti oggetti di Thingol Lamadigelo, ma prima di lasciare Woram c’è ancora un ostacolo. Yda’r’a, infatti, sembra essersi molto affezionata al bel Sealas (il cui giocatore accetta di utilizzare in questo modo il proprio tratto “Bello e statuario”), e vuole ora convincerlo ad abbandonare ogni tentativo di diventare un sidhe (per Sealas, sidhe cresciuto tra gli umani, continuiamo ad utilizzare regole miste per umani ed elfi) ed a restare con lei in città per fare del bene alla popolazione locale! Sealas potrebbe tagliare corto e non iniziare neanche la discussione, ma vuole provare di essere un sidhe a tutti gli effetti (si tratta anche di una delle sue Certezze) e ci fornisce così l’occasione per provare le regole del Duello Verbale/Duel of Wits.
La posizione della sacerdotessa è chiara: «Rinuncerai ad essere un sidhe e resterai qui con me a Woram»; quella di Sealas altrettanto: «Io sono un sidhe e voglio andare per la mia strada». Qui la capacità oratoria di Yda’r’a fa sentire il suo peso, ma il mago si difende molto bene (con qualche buon consiglio da parte del giocatore di Lothar), e alla fine di una lunga e appassionata diatriba la tor’raniana è vincitrice, ma costretta a concedere un compromesso maggiore al suo avversario (lei stessa è stata ridotta ad un singolo punto dalla sconfitta).
Dopo esserci consultati, decidiamo che il compromesso consisterà nel permettere a Yda’r’a di accompagnare il gruppo nei suoi viaggi, durante i quali proverà comunque a convincere Sealas a rinunciare alla propria natura sidhe in favore di quella umana. Bellissimo!
La distribuzione di Artha ne porta un bel po’ a Sealas (soprattutto Fato) e qualcosa anche a Lothar (un punto di Persona, se ben ricordo). E ora che succederà? Immagino che i nostri amici vorranno visitare la Foresta delle Cento Spade, dove sembrano puntare le tracce di ciò che vanno cercando, ma bisogna sempre aspettarsi l’inaspettato...


IL CIMITERO

† Heimdall
Bardo normanno, morto dissanguato durante un disperato combattimento contro i Signori dei Ratti.
«La sua ugola d’argento è stata zittita per sempre».
Giorno 10, Primo mese delle stelle, anno 1257.

sabato 15 novembre 2014

Burgund - sessione 24

I PROTAGONISTI
Lothar, ranger normanno
Namil, cacciatore sidhe
Sealas, mago sidhe
Valdemar, stregone normanno

Apriamo la sessione con la cena di Sealas: il sidhe accetta l’invito del misterioso ospite e si reca alla locanda del Gambero Nero. Qui trova ad aspettarlo un uomo distinto; si chiama Var’as’qal ed è un Tor’raniano (appartiene cioè alla nazione che ha invaso Burgund, la patria del gruppo, Namil escluso). Var’as’qal è incuriosito dalla presenza di due sidhe in città e rivolge al Nostro qualche cortese domanda. Le elusive risposte di Sealas, però, lasciano supporre che ci sia sotto ben di più di quanto il sidhe desideri rivelare (Sealas non sa mentire con facilità), e così si giunge ad un accordo: la verità in cambio di un aiuto per avere accesso alla biblioteca di Villa Beltade (questo Var’as’qal sembra molto ben informato sui movimenti degli avventurieri, dopotutto): Sealas accetta. Avremmo qui potuto forse inserire un Duello Verbale/Duel of Wits, ma per stavolta, e per non rallentare il gioco, lasciamo da parte i dadi.
Il mago sidhe narra degli oggetti di Thingol Lamadigelo (argomento del quale il suo interlocutore non è del tutto digiuno) e ammette, senza entrare nei dettagli, le difficoltà in cui si trova Darelië, il regno della sua gente; evita di parlare del proprio legame con il Regno di Burgund e della promessa fatta al morente sovrano di quest’ultimo. Al termine della conversazione Var’as’qal rinnova la sua promessa d’aiuto e i due si lasciano con parole cortesi.
Il giorno successivo Sealas e Valdemar trovano in effetti un invito a recarsi a Villa Beltade (Lothar, che dovrebbe aver incontrato l’omone grande e grosso di due sere prima, è scomparso senza lasciare traccia; i suoi amici non sono particolarmente preoccupati in quanto il ranger sa badare a se stesso, e delle sue avventure racconterò tra poco). Dopo aver cercato qualche informazione presso la mediocre biblioteca cittadina i due raggiungono la dimora di Dama Ingrid e vengono da questa fatti accomodare nella meravigliosa biblioteca che ivi si trova («Non sapevo che avessimo delle conoscenze in comune! Var’as’qal mi ha raccomandato di favorirvi, ove possibile, e sono felice di avere qui a Villa Beltade gli amici di una persona così gentile e raffinata»). Il pomeriggio viene passato a compulsare tomi e volumi antichi, peraltro con buoni risultati: pare che l’arco di Lamadigelo potrebbe trovarsi verso Sud, in una parte della Foresta delle Cento Spade che si dice essere molto vicina alla Selva Fatata, la boschiva dimensione parallela nella quale hanno peraltro trovato rifugio i sidhe; le tracce dell’armatura dell’eroe puntano invece in direzione di Erste, la capitale culturale di Burgund.
Incatenato ad una piccola colonna di pietra, dietro una porta, Valdemar trova un libriccino dalla copertina nera, accanto al quale campeggia un avvertimento: il libro pare incantato, e potrebbe rivelarsi pericoloso. Mi sto qui divertendo con uno degli Istinti di Valdemar (“Se ho un libro in mano, lo apro per leggerlo”) e con una delle sue Certezze/Belief (“La magia mi affascina: cercherò di radunare più oggetti magici possibile”); il mago cede al primo (e prende un punto di Fato per il disturbo) ma decide di non conformarsi alla seconda. Peccato. Il libro è in effetti magico, comunica facendo apparire messaggi sulle proprie pagine, dichiara di possedere conoscenze in molti rami intriganti (dalla stregoneria alla demonologia ai linguaggi antichi) e chiede di essere portato al suo precedente proprietario, che dovrebbe trovarsi “verso Nord”; supponendo che ciò significhi “a Nord delle terre illustrate nella mappa che possediamo” e non volendo ripagare la cortesia di Dama Ingrid con un furto, il gentiluomo Valdemar rinuncia ad impossessarsi del volumetto e, a ricerca conclusa, si congeda assieme a Sealas (e a Namil, che supponiamo essere sempre presente per proteggere il suo principe).
Sulla via del ritorno verso la locanda dove hanno preso alloggio, i Nostri s’imbattono in una giovane donna che sta arretrando di fronte ad un manipolo di accoliti di Wotan, la principale divinità del locale pantheon norreno; costoro non approvano i tentativi di lei di diffondere il verbo di Ein (dio venerato da Burgundiani e Tor’raniani nonché un tempo dai Norreni stessi, prima che questi tornassero alla religione dei propri avi), e le stanno intimando con poco garbo di andarsene. Gli avventurieri provano a placare gli animi, e, quando la situazione si è calmata, si presentano alla donna. Questa si chiama Yda’r’a, è una sacerdotessa di Ein e viene da Tor’ran proprio con l’intento di riportare i Norreni sulla giusta via. Yda’r’a sembra restare molto colpita da Sealas, che percepisce essere diverso dai pochi sidhe o elfi che ha finora incontrato (in effetti stiamo utilizzando per Sealas regole ad hoc, trattandosi si un sidhe cresciuto tra gli umani e addestrato alla magia di questa razza), e, venuta a sapere della scomparsa di un membro del gruppo che l’ha appena aiutata (Lothar è sempre uccel di bosco) promette il suo aiuto per cercarlo l’indomani.
Qui la sessione ha termine, anche perché i soliti problemi di connessione, nonché la situazione meteo in Liguria, dove ben due di noi si trovano, suggeriscono che sia meglio aggiornarci. Resta solo da decidere che cosa abbia fatto Lothar durante la giornata in cui è scomparso, ed essendo il suo giocatore disposto ad un paio di brevi sessioni tête-à-tête, riusciamo anche a metterci in pari.
Lothar si reca all’appuntamento nel luogo convenuto, ma anziché la persona che l’ha contattato trova l’ex capitano della guardia reale. Erik Zannadilupo, questo il suo nome, è stato destituito di recente per essersi rifiutato di disperdere con le armi una folla convenuta a pregare per il senno, apparentemente perduto, del re, ed è sicuro che il suo sovrano non sia più lo stesso. Una lettera fortunosamente recuperata e altri indizi portano a sospettare un collegamento con la gilda dei ladri e alcuni Tor’raniani presenti in città, ed Erik chiede a Lothar di aiutarlo a scoprire che cosa si nasconde dietro tanti misteri. I due, accompagnati da due soldati rimasti fedeli al loro sfortunato comandante, s’inoltrano per la Via dei Ratti, una strada sotterranea ora territorio della gilda, e riescono anche a convincere i ladri, realmente in combutta con i Tor’raniani, a fornire loro informazioni e aiuto. Qui risolviamo la faccenda con un difficile tiro di Risorse: i ladri chiedono molti soldi per passare dalla parte dei Nostri, e Lothar utilizza tutto il denaro che possiede e ci aggiunge pure una pozione magica e una promessa. Un’incauta promessa, ahimè. Nella speranza di allettare i ladri, il ranger dichiara infatti che Erik Zannadilupo, una volta reinsediato come capitano della guardia reale, chiuderà un occhio sulle attività illegali della gilda. Il tiro per convincere Erik però fallisce, e io concedo comunque il bonus pattuito (abbiamo convenuto che il favore del capitano vale +1D), descrivendo però come i ladri presenti ascoltino con attenzione lo scambio d’opinioni.
Per farla breve: Lothar riesce nel suo intento, viene a sapere che i Tor’raniani tengono il legittimo re (avendolo sostituito con un impostore) prigioniero in un vecchio faro abbandonato e quindi s’adopera per formulare un piano di salvataggio.
L’azione avviene la sera successiva. Consideriamo che Lothar, per ragioni di segretezza, non abbia nel frattempo alcun contatto con il resto del gruppo, e procediamo quindi a risolvere l’attacco al vecchio faro. Decidiamo per un Bloody Versus (vale a dire che non applichiamo per intero le regole di combattimento, bensì solo in parte, e facciamo un unico tiro, suddiviso tra attacco e difesa, per definire la faccenda). Lothar e un gruppetto di ladri si avvicinano di soppiatto all’edificio, eliminano con facilità le sentinelle e quindi guidano l’assalto all’interno, sorprendendo completamente i presenti ed uccidendo, senza subire perdite, sia tre armati che un altro tizio ben vestito e ben curato (che altri non è poi che Var’as’qal, recente conoscenza di Sealas). Il legittimo sovrano, Thorbjorn, viene liberato, l’impostore inseguito per i corridoi del palazzo reale e infine schiacciato sotto il pugno di una statua di Wotan (dono del monarca di Tor’ran!), che tra lo stupore generale prende vita e dopo aver accoppato l’infelice sosia si lancia contro il vero re e le sue guardie. Adoperiamo anche in questo caso le regole semplificate di combattimento (di nuovo un Bloody Versus), ma la statua, seppur incapace di raggiungere il suo scopo, non viene distrutta; decido che è stata per adesso respinta fino ad un luogo sicuro e lì dentro rinchiusa e sigillata, ma la presenza di un simile essere all’interno del palazzo reale di Woram può essere in futuro fonte di grande divertimento. Quantomeno per me!
La nota triste sta nella morte del fedele e valoroso Erik Zannadilupo: il suo corpo viene ritrovato alla fine del combattimento, la gola tagliata. Com’è possibile? Chi l’ha ucciso a tradimento? I ladri della gilda non confermano ma nemmeno smentiscono di essere i responsabili, e Lothar si rende conto che il capitano ha pagato il prezzo della sua intransigenza nei confronti del crimine organizzato (il tiro per convincerlo a “ chiudere un occhio” era fallito, dopotutto!).
Ora siamo in pari, essendo tutti i personaggi del gruppo fermi al medesimo momento della medesima giornata, e lasciamo alla prossima sessione il ritorno di Lothar tra i suoi amici.


IL CIMITERO

† Heimdall
Bardo normanno, morto dissanguato durante un disperato combattimento contro i Signori dei Ratti.
«La sua ugola d’argento è stata zittita per sempre».
Giorno 10, Primo mese delle stelle, anno 1257.

domenica 9 novembre 2014

Burgund in fiamme? - sessione 23

I PROTAGONISTI
Lothar, ranger normanno
Namil, cacciatore sidhe
Sealas, mago sidhe
Valdemar, stregone normanno

Un’altra sessione assai breve (colpa stavolta di problemi di connessione), occupata per la maggior parte dagli ultimi ritocchi ai personaggi: siamo passati infatti (almeno per adesso, e nella speranza che nessuno abbia ripensamenti a riguardo) a Burning Wheel Gold, e la scelta di Belief e Istinti ha richiesto un po’ di tempo. La conversione di Lothar e Namil (che nelle ultime sessioni è purtroppo sempre stato un PNG) è avvenuta senza intoppi, mentre qualche ostacolo l’abbiamo incontrato per Valdemar e Sealas. Il giocatore del primo, che in BW è un Sorcerer/Stregone, si è lamentato infatti di aver perso, nella traduzione da un sistema all’altro, moltissimi incantesimi; si tratta di un male inevitabile, in quanto la magia in BW è trattata diversamente che in RM, e i punti di Risorse disponibili per l’acquisto di nuovi incantesimi non sono abitualmente numerosi. Abbiamo ovviato accrescendo ex cathedra il repertorio magico di Valdemar, e vedremo prossimamente se tale decisione avrà o meno effetti nefasti sul gioco.
Più complesso è il caso di Sealas; in BW i maghi elfi (o sidhe, nel nostro caso) non esistono proprio: gli elfi hanno una loro magia, anche piuttosto potente, ma del tutto diversa da quella degli umani. Come fare allora? Convertire Sealas alle regole degli elfi e cambiarne radicalmente la natura oppure farlo diventare un umano, stravolgendo così la campagna? Abbiamo escogitato alla fine un buon compromesso, che fa leva sulla situazione peculiare di Sealas, erede al trono di un popolo che non conosce affatto e da questo percepito come estraneo alle proprie tradizioni. Il nostro amico mantiene le caratteristiche fisiche degli elfi/sidhe (Nato sotto le argentee stelle, Essenza della terra, Bello e statuario, ecc.), ma non possiede né Grief/Cordoglio né canti magici; gli resta invece il Dono (il tratto Gifted, insomma), che gli permette di utilizzare la stregoneria umana. Prevedo che questa sua condizione ibrida ci riserverà ottime occasioni di gioco.
Finalmente pronti, ci siamo messi di buona lena in azione. Approfittando della (non proprio fornitissima) biblioteca cittadina, gli avventurieri cominciano a cercare notizie su diversi argomenti che stanno loro a cuore: Sealas vuole saperne di più sulla Selva Fatata, la dimensione ultraterrena nella quale ha trovato rifugio la maggior parte della sua gente; Lothar compulsa i tomi per apprendere qualche informazione sulla religione locale; Valdemar s’interessa alla storia dei Domini Antichi. I due umani decidono di prendersela comoda (ed ottenere, secondo le regole di BW, un bonus di 1 dado al loro tiro), e rimandiamo quindi l’utilizzo dei dadi al giorno successivo, quando determineremo se le loro ricerche avranno avuto buon esito; Sealas preferisce agire in tempi più rapidi e non ottiene alcun successo, ma all’ora di chiusura della biblioteca riceve dalle mani del bibliotecario un biglietto recapitatogli da un misterioso latore. Il foglio cripticamente dice: «Cena al Gambero Nero», e il nostro sidhe resta interdetto e un po’ impensierito.
Lasciamo Lothar e Sealas a riflettere sul da farsi: il gruppo ha il giorno precedente ricevuto da parte di un tizio grande, grosso e un po’ male in arnese un invito ad incontrare quest’ultimo dopo il tramonto di oggi, ma il portamento vagamente soldatesco dell’omone e il fatto di non essere riusciti a pedinarlo con successo hanno destato più di un sospetto; il ranger pare comunque intenzionato a presentarsi all’incontro, mentre il sidhe sta ancora meditando sul biglietto testé ricevuto.
Valdemar, che era riuscito a farsi invitare per il tè da Dama Ingrid, si presenta alla villa di costei, origlia la conversazione tra la padrona di casa e un famoso scultore, Petronius di Erste, indignato per un contratto inaspettatamente cancellatogli dal re, e prova a convincere la signora a concedergli l’accesso alla famosa biblioteca di Villa Beltade. Il tiro è assai difficile: Valdemar non ha alcun estro verbale, e il suo tiro da principiante di Persuasione vede così l’ostacolo raddoppiato; si tratta di fare 10 successi (Ob 10) con 6 dadi (la Volontà di Valdemar più un bonus di 1D), e nonostante un ottimo tiro, la prova fallisce. Ora si tratta di pensare ad un dono che possa far cambiare idea a Dama Ingrid (che è un’amante dell’arte e delle cose belle), ma proprio qui la connessione mi molla e dopo tre quarti d’ora di tentativi infruttuosi decidiamo di terminare la sessione. E ora come si comporteranno i Nostri? Porteranno davvero un dono prezioso alla signora? Escogiteranno qualcos’altro?
Non ne ho la più pallida idea, e questa ignoranza, assieme alla suspense che ne deriva, è una delle migliori caratteristiche di BW: Master e giocatori sono, sotto diversi punti di vista, sullo stesso piano, e nessuno sa dove i protagonisti verranno condotti dagli eventi. Meno railroading di così non è possibile!

IL CIMITERO

† Heimdall
Bardo normanno, morto dissanguato durante un disperato combattimento contro i Signori dei Ratti.
«La sua ugola d’argento è stata zittita per sempre».
Giorno 10, Primo mese delle stelle, anno 1257.