venerdì 31 gennaio 2014

AD&D is back!

Quando cominciai a progettare la campagna del Deserto di Cenere scelsi di utilizzare Labyrinth Lord come sistema di gioco. I motivi erano perlopiù di ordine pratico: le regole sono semplici ed immediate, esiste una traduzione in italiano del manuale (per i giocatori pigri) e, cosa più importante, il gioco è del tutto compatibile con la grande famiglia di D&D; ciò significa avere un’infinità di materiale a disposizione.
LL è un ottimo sistema, che ha pienamente soddisfatto le mie aspettative, ma nella sua versione base manca di alcuni elementi come la distinzione tra razze e classi (l’elfo, per esempio, è una classe come il guerriero o il chierico, non una razza), un maggiore dettaglio delle regole e, soprattutto, gli gnomi. Quest’ultima carenza indusse uno dei miei amici, recidivo giocatore di personaggi gnomi, a chiedermi fin da subito di utilizzare l’espansione del gioco, l’Advanced Edition Companion. Io presi tempo, non volendo complicare troppo le cose: Deserto di Cenere, per quanto pensato per essere il principio di una campagna vera e propria, sarebbe dovuto inizialmente consistere in un’unica (lunga) sessione, e la semplicità delle regole, abbinata alla velocità di creazione dei personaggi, era di fondamentale importanza.

Come ho già avuto modo di raccontare, l’esperimento di una sera fu davvero l’inizio di una campagna, e più si andava avanti, più mi convincevo che l’idea di introdurre qualche regola aggiuntiva (e gli gnomi) non avrebbe per nulla guastato il gioco. Anziché optare per la versione avanzata di LL, però, pensai che la soluzione migliore sarebbe stata il vecchio, fidatissimo e conosciutissimo Advanced D&D (prima edizione!), il mio grande amore giocodiruolistico (dopo Pendragon, ma questo è un altro discorso). Il progetto, esposto solo qualche giorno fa agli amici, è stato accolto senza grandi difficoltà (AD&D è stato il nostro pane quotidiano per anni di gioco), ed è stato con grande gioia che ho ripreso in mano la sacra triade: Players Handbook , Dungon Masters Guide e Monster Manual (anche Fiend Folio e Monster Manual II, a dire il vero, ma per adesso con grande moderazione).
La transizione da un sistema all’altro è totalmente indolore: sono necessari solo piccoli aggiustamenti come un generale aumento dell’esperienza (i mostri spesso ne forniscono di più in AD&D che in LL, e nel primo anche gli oggetti magici conferiscono px a chi li trova), la necessità dei periodi d’addestramento con il loro relativo costo (inesistenti in LL, ma a parer mio basilari in AD&D), e così via. L’operazione più impegnativa (per modo di dire) è stata la conversione dei personaggi: la THAC0 è in generale aumentata, i bonus sono cambiati, i punti ferita saliti e via discorrendo. C’era anche la famosa questione dello gnomo, che portava con sé due corollari: gestire in qualche modo l’abbandono del vecchio PG (in questo caso l’elfo Aldor) e concedere anche agli altri giocatori l’opportunità di creare un nuovo personaggio, magari approfittando delle più numerose scelte messe a disposizione da AD&D. Solo due amici hanno alla fine optato per qualcosa di nuovo: il giocatore di Aldor, appunto (che ha creato Kelek, lo gnomo chierico/guerriero e sedicente paladino di Garl Glittergold/Garl Orolucente), e il giocatore di Clughacha (che ha creato Chanadarnya il paladino di Tyr). Tecnicamente parlando, questi sono gli accorgimenti adottati per la conversione:

·         Ogni giocatore ha potuto ritirare una singola caratteristica a scelta con 5d6, scartando i due risultati più bassi (questo per compensare l’avarizia di bonus delle caratteristiche di AD&D).
·         Sono stati ritirati i punti ferita secondo le regole di AD&D (guerrieri d10, chierici d8 ecc.).
·         Al fine di rendere un po’ meno dura la vita del ladro di primo livello ho scelto di usare per le sue abilità le regole dell’esecrata seconda edizione (Gary, perdonami!): percentuali iniziali più basse ma 60 punti da distribuire a piacimento (con qualche limite), e altri 30 punti ogni livello.
·         I nuovi personaggi (Kelek e Chanadarnya) avrebbero dovuto, secondo la consuetudine del gruppo, iniziare il gioco con lo stesso numero di punti esperienza del personaggio che ne aveva di meno. Siccome però questi era Fahred il ladro, che avendo saltato la quarta sessione di gioco si era perso il ritrovamento di un ricco bottino (e dei conseguenti px), qualcuno aveva cominciato a levare alti gridi di dolore, facendo presente che se avesse potuto giocare uno gnomo fin dall’inizio l’avrebbe fatto, e che in questo modo avrebbe “perso” centinaia di punti esperienza. Per evitare accuse di discriminazione razziale ho quindi pensato di concedere ai nuovi arrivati gli stessi px di Fahred, ma anche di permettere ai due rispettivi personaggi precedenti di contribuire all’esperienza dei loro successori sotto forma di spese per i messi che sarebbero dovuti andare alla ricerca di questi ultimi; per ogni moneta d’oro investita in questo modo, i nuovi personaggi avrebbero ricevuto 1px (qui devo ringraziare Orsobuffo: l’idea mi è venuta rileggendo un suo fondamentale post).

Con questo tutto era pronto per la quinta sessione, che abbiamo giocato pochi giorni fa. Ci sono ovviamente un bel po’ di regole casalinghe, alcune delle quali divenute ormai un classico delle mie campagne, ma a queste dedicherò un altro post.

Coming soon: la quinta sessione di Deserto di Cenere!

mercoledì 29 gennaio 2014

Alla ricerca di un'ambientazione

Quello di un’ambientazione adatta alle avventure dei personaggi è sempre stato un mio cruccio. Ai tempi del liceo avevo sviluppato il mondo di Weisshirsch, che risentiva molto palesemente dell’influenza sia del Vecchio Mondo di Warhammer sia dei Forgotten Realms, del cui campaign set ero orgoglioso possessore. Weisshirsch fu lo sfondo delle nostre avventure per diversi anni, e nel corso della sua storia vide invasioni barbariche, distruzioni di artefatti, guerre tra gli dei (all’epoca era una specie di moda) e altri eventi cataclismatici. Dopo un lungo periodo di riposo fu recuperato per una riuscitissima campagna che ne decretò però la fine (il mondo fu distrutto dal Nulla avanzante), e quindi “resuscitato” in modo da ospitare le avventure della Fortezza. Come tutte le ambientazioni “vissute”, anche Weisshirsch ha acquisito nel tempo un suo carattere inconfondibile, ma ultimamente non riuscivo più a trovarmici: mi sembrava fosse da un lato troppo poco dettagliato, e dall’altro troppo simile ad una pseudo-Europa medievale che finiva per soffocare in un malinteso realismo ogni afflato fantastico.

Il mio secondo tentativo “serio” (ce ne sono ovviamente stati molti altri, ma nessuno ha superato i primi stadi di progettazione) di costruzione di un mondo, Haysyr, ha ospitato diverse campagne (tra queste quella dei “Lupi dei Waldyr”, recentemente giocata con il sistema di Runequest 3ed), e avrebbe inizialmente dovuto anche fungere da ambientazione per l’attuale campagna del Deserto di Cenere. Più andavo avanti a progettare quest’ultima, però, meno Haysyr mi sembrava interessante e accattivante. Presi quindi la decisione di lasciare Deserto di Cenere senza alcuna ambientazione specifica, nella speranza di avere un’ispirazione una volta che la campagna fosse iniziata.
Ed è stato proprio così: dopo profonde meditazioni (accompagnate inevitabilmente da una tazza di nescafè), numerosi ripensamenti e qualche titubanza, ho proposto agli amici di ambientare Deserto di Cenere nei Forgotten Realms. E l’idea è stata accolta!

La mia intenzione è di utilizzare i FR come appena usciti dalla scatola del campaign set del 1987, senza tenere conto dei successivi sviluppi. Li adatterò dove sarà necessario fare adattamenti, ma per il resto avrò a disposizione un intero mondo ben congegnato, pieno di misteri da svelare, di tesori da scoprire e di intrighi da dipanare. La pecca maggiore, a mio avviso, è quel power-play strisciante che indusse Ed Greenwood a riempire il suo mondo di personaggi di altissimo livello, ma il problema, se si presenterà, sarà senz’altro risolto senza indugi.
Ecco quindi che dalla scorsa sessione, la cui cronaca comparirà nei prossimi giorni, i Forgotten Realms sono diventati l’ambientazione ufficiale del Deserto di Cenere (per i curiosi: il Sepolcro si trova da qualche parte nel deserto di Calim, in Calimshan).


Ora ho un solo dubbio: devo chiamarli Forgotten Realms oppure Reami Dimenticati?

sabato 25 gennaio 2014

Deserto di Cenere - sessione 4

Un riassunto della sessione precedente lo potete trovare qui.

I PROTAGONISTI
Aldor, elfo di livello 1°
Clughacha, guerriero di livello 1°
Dwalin, nano di livello 1° (PNG)
Morin, sacerdotessa di livello 2° (PNG)

Rimasti all’oasi
Fahred, ladro di livello 1°

Riprendiamo la nostra storia da dove l’avevamo interrotta: gli avventurieri sono da poco tornati all’Oasi di Akkad, hanno rivenduto i preziosi trovati nel Sepolcro (e precisamente in quel complesso sotterraneo da loro ribattezzato Tomba di Geoff, dal nome del loro compagno ivi deceduto durante la prima sessione della campagna) e ora, senza por tempo in mezzo, si dedicano agli acquisti. Aldor è fortunato, e nella tenda di uno dei mercanti dell’oasi riesce a trovare alcune armature di bande (all’oasi non tutti i beni indicati nelle liste dell’equipaggiamento sono sempre disponibili: le armature più pesanti, in particolare, sono difficili da trovare. In questo caso Aldor tira un bel 5 sul suo d6, e l’armatura di bande che cerca è proprio lì che lo aspetta); approfittando dell’occasione anche Dwalin e Morin comprano corazze analoghe, e dopo l’acquisto di qualche provvista e di alcune fiale di acqua benedetta il gruppo fa ritorno ai propri alloggi per una meritata notte di riposo.
Anche il giorno successivo viene dedicato al recupero delle forze: con un po’ di tranquillità, un paio di pasti abbondanti e le preghiere di Morin tutti gli avventurieri si sentono in perfetta forma e pronti ad affrontare qualsiasi pericolo. La sera, Aldor e Clughacha vanno a caccia d’informazioni. I due passano diverse ore nella taverna dell’oasi, dove vengono raccontate le storie più incredibili. Incoraggiando gli altri avventori con qualche pinta di birra, i Nostri apprendono infine che gli uomini-serpente sono reputati essere creature infide e maligne («Ma a me non era sembrato», riflette Aldor tra sé e sé), e che il grande sacerdote del culto di Mexath, l’oscura divinità patrona del Sepolcro, possedeva un bastone capace di assorbire le energie magiche e di riutilizzarle a proprio vantaggio; e tale oggetto dovrebbe trovarsi tuttora lì, sotto le rovine!

La mattina seguente, all’alba, i nostri eroi sono sulla via delle rovine, che raggiungono dopo le consuete tre ore di cammino. Il gruppo si dirige con passo sicuro verso il grande chiostro sotto il quale si trova uno dei complessi sotterranei (quello vuoto, probabilmente già ampiamente esplorato da altri colleghi), ma proprio qui Elgo, uno dei fratelli Rru (i mercenari al servizio dei Nostri) quasi inciampa in un grosso serpente che si nascondeva all’ombra dei sassi. Lo sventurato armigero viene morso dalla rapidissima creatura, e nonostante questa si dia alla fuga dopo essere stata ferita da uno degli avventurieri, Elgo soccombe al veleno che gli è stato iniettato, e sotto gli occhi orripilati dei suoi due fratelli passa a miglior vita nel giro di pochi minuti. Sui volti dei due Rru superstiti sono palesi il dolore e lo scoraggiamento, ma il loro morale regge («Elgo, non sarai morto invano!»), e, afferrate le armi, il gruppo scende nell’oscurità del Sepolcro.

Attraversato il complesso vuoto, i Nostri percorrono uno dei grandi corridoi sotterranei fino a raggiungere la Tomba di Geoff, ma stavolta, anziché infilarsi in quest’ultima, proseguono lungo il largo passaggio. Dopo una ventina di minuti viene superata una ramificazione, e, poco dopo, Clughacha nota un’apertura sulla parete di sinistra: un corridoio più stretto, che sembra condurre in un complesso sotterraneo finora inesplorato. Qui i nostri eroi si trovano a perlustrare una stanza lungo le cui pareti si trova una decina di statue pressoché identiche: individui incappucciati avvolti in ampie tuniche. Aldor si incarica di tastare il pavimento alla ricerca di eventuali trappole, e durante l’interminabile procedura (la stanza è lunga quasi venti metri) la retroguardia, capitanata da Dwalin, viene assalita da un malinconico scheletro solitario in carca d’affetto. Che gli viene brutalmente negato: Morin invoca il potere della sua dea, e l’infelice creatura fugge nell’oscurità dalla quale era comparsa. Sicuro che nessun pericolo si annidi tra le statue incappucciate, l’elfo avanza fino all’ultima coppia di queste, e nota con sorpresa come la scultura di sinistra si priva di testa, che giace invece nelle mani della sua controparte di destra. Nonostante i dubbi di Clughacha, Aldor solleva la testa fuori posto e la pone con cautela sulle legittime spalle, ed ecco che il volto della statua si anima e parla: «Poni la tua domanda e avrai una risposta. I segreti del Sepolcro ti saranno svelati!». Segue un breve conciliabolo in cui ciascuno vuole dire la sua, e alla fine l’elfo chiede quale sia il metodo per aprire la “tomba dei sacerdoti” (intendendo probabilmente con questa espressione il complesso che si trova dietro il grande portale di pietra che già una volta ha sconfitto ogni tentativo di spalancarlo, e in cui dovrebbero essere stati sepolti quei sacerdoti giunti da molto lontano per adorare Mexath e per servirlo); la risposta accenna ad una verga di pietra, perduta da qualche parte nel Sepolcro, in grado di aprire il pesante portale. La testa quindi scompare per riapparire un istante dopo tra le mani della statua immediatamente di fronte. Ritenendo di non averne saputo abbastanza, i Nostri riprovano a dotare di cranio la scultura acefala, ma stavolta non accade nulla.

L’esplorazione prosegue in direzione Sud-Est, dove il gruppo sbuca in un’ampia stanza appestata da un pungente odore di animale; e in effetti, su uno dei massicci tavoli che qui si trovano, è appollaiato un grosso scimmione dal pelo completamento bianco e dagli occhi rossastri. La creatura osserva gli avventurieri con curiosità, e non sembra ostile. I Nostri, per prudenza, superano la stanza strisciando lungo la parete più lontana dallo scimmione, e incaricano Dwalin, che chiude la fila, di guardarsi alle spalle di tanto in tanto. In uno stanzino poco distante viene scoperta una leva di metallo dalle funzioni misteriose, ma prima ancora che ci si possa dedicare ad osservarla meglio, ecco sbucare da un corridoio due zombi malintenzionati. I poteri di Morin fanno di nuovo cilecca (sarà davvero salda la sua fede?), e nella mischia che ne segue entrambi i rimanenti mercenari vengono gravemente feriti e cadono al suolo privi di conoscenza. Spacciati i non morti, si provvede a rappezzare gli armigeri e a farli riposare, ma solo uno dei due, Cruni, si riprende. Il poveretto a questo punto è spaventatissimo e vorrebbe tornare immediatamente indietro all’Oasi di Akkad, portandosi appresso il fratello ferito, ma gli avventurieri non hanno nessuna intenzione di abbandonare così presto le loro ricerche. Viene alla fine deciso che i due fratelli aspetteranno di essere recuperati tra qualche ora, quando la giornata di esplorazioni sarà finita, e nel frattempo si barricheranno dentro lo stanzino con la leva. Quest’ultima viene controllata minuziosamente prima di essere spinta prima verso l’alto e quindi, dopo un’altra serie di esami, verso il basso. Al termine degli esperimenti del gruppo, che includono diverse perlustrazioni alla ricerca della fonte del rumore metallico che riecheggia nei corridoi quando la leva viene alzata, nonché un esame frenetico degli zaini alla ricerca della fonte dello strano rumore che da uno di essi proviene quando la leva viene abbassata, i Nostri deducono che uno dei movimenti della leva (verso l’alto) produce l’apertura di un gran numero di grate che costellano il pavimento di una delle stanze vicine (grate sotto le quali si trova una gran quantità d’acqua, forse una cisterna), mentre il movimento opposto provoca la sparizione dell’acqua contenuta nell’otre di uno dei presenti (strano ma vero!).

Oltrepassata la stanza delle grate, una delle uscite della quale dà su un grande corridoio, si prosegue in direzione Nord-Ovest, si supera un primo incrocio e se ne raggiunge un secondo. Lì, poco distante, si trova una stanza fiochissimamente rischiarata dalla luce che pare provenire da une delle aperture che vi si affacciano, e una rapida occhiata all’ambiente fa nascere in Aldor una sensazione di déjà-vu: non è forse qui che, giorni addietro, i nostri eroi erano stati assaliti da misteriose creature d’ombra che al solo tocco delle loro mani adunche avevano indebolito l’elfo? Morin, messa al corrente dei fatti, dichiara che si tratta di esseri non morti*, che, mancando il gruppo di armi magiche, possono essere sconfitti con il fuoco e l’acqua benedetta («E la magia» aggiunge Aldor, pensando tutto felice al dardo incantato che stamattina ha memorizzato). Il rischio è grande, ma la fortuna favorisce gli audaci: gli orribili esseri d’ombra si avventano sugli intrusi, ma questi attaccano con torce fiammeggianti e abbondanti scorte di acqua benedetta (cinque fiale per quattro personaggi!), e al termine della battaglia i nemici sono stati distrutti, al solo prezzo di un temporaneo indebolimento della sacerdotessa, che però si riavrà in men che non si dica.
La stanza viene scrupolosamente perlustrata, l’arazzo che ne adorna una delle pareti viene studiato con cura (rappresenta Mexath, l’oscuro tiranno, nell’atto di spartire il Sepolcro tra i suoi servitori), e nei paraggi viene trovato un breve corridoio con tre porte; una di queste è sfondata e dà su uno sgabuzzino pieno di scope, secchi e stracci. La seconda porta è chiusa (ma lo resta per poco), e si affaccia su una specie di dispensa, i cui scaffali sono malinconicamente vuoti e polverosi. Mentre Dwalin esamina lo sgabuzzino, Aldor s’intestardisce a battere palmo a palmo la dispensa, e la sua tenacia viene ripagata quando l’elfo s’imbatte in un pesante oggetto metallico, un parallelepipedo completamente invisibile: un forziere! Quando il coperchio viene sollevato, l’elfo ha quasi un mancamento: all’interno si trovano migliaia di monete, oltre a un paio di fiale (pozioni? Chissà) e ad una custodia per pergamene. Aldor intasca rapidamente quest’ultima prima di chiamare i compagni d’avventura, che esultano per il ritrovamento e si complimentano con il loro amico.
A questo punto è ora di tornare all’oasi (e di terminare la sessione): si recuperano i due fratelli Rru, si raggiunge nuovamente la stanza dell’arazzo, si sale la scala a chiocciola che da qui conduce verso l’alto e si compare in superficie, presso un tempietto situato nella parte settentrionale delle rovine. Il cadavere di Elgo viene velocemente portato via dalla stanza dove era stato nascosto, e si rientra così all’oasi, vittoriosi e pieni di tesori!
Facciamo ancora in tempo a dividere le monete d’oro e i punti esperienza (Clughacha e Dwalin sono ormai prossimi al secondo livello, mentre Aldor dovrà aspettare ancora un po’), ma restano da esaminare le fiale e la pergamena.
Si continuerà la prossima sessione!

* È vero, in Labyrinth Lord le ombre non sono creature non morte, ma io ho una passione per AD&D...


IL CIMITERO
† Geoff, chierico di qualche empio dio delle oscenità, ucciso da un wight nelle profondità del Sepolcro. 5 novembre.
† Beowulf, guerriero, ucciso dal veleno di un grosso e brutto ragno nei dintorni del Pozzo. 9 novembre.
† Atgur, Durar e Ferg Rru, fratelli mercenari, uccisi dagli uomini-serpente nei dintorni del Pozzo. 11 novembre.
† Elgo Rru, mercenario, ucciso dal morso di un serpente presso il Grande Chiostro. 17 novembre.


giovedì 16 gennaio 2014

Deserto di Cenere - sessione 3

AD&D - Monster Manual
Un riassunto della sessione precedente lo potete trovare qui.

I PROTAGONISTI
Aldor, elfo di livello 1°
Clughacha, guerriero di livello 1°
Fahred, ladro di livello 1°
Dwalin, nano di livello 1° (PNG)
Morin, sacerdotessa di livello 2° (PNG)

Si parte nuovamente dall’Oasi di Akkad, dove avevamo lasciato i nostri eroi alla fine della scorsa sessione. Il gruppo stavolta è al completo: Fahred ha evidentemente concluso i suoi (loschi) affari ed è pronto all’avventura, e così, accompagnati dai tre superstiti fratelli Rru, i mercenari, ci si mette in cammino verso le rovine.
Il piano è completare l’esplorazione di uno dei complessi sotterranei parzialmente ispezionati durante la prima sessione: proprio quello dove, al di là di una porta recante l’ammonimento “non aprite questa porta!” e quindi prontamente sfondata, il povero Geoff aveva trovato la morte. Tenendosi ben lontani dall’area incriminata, i Nostri cominciano la loro perlustrazione da un tempio dedicato a Mexath, l’oscura divinità che proprio nel Sepolcro aveva cercato riparo dall’ira degli altri dei; qui trovano grandi affreschi che narrano la storia di un gruppo di fedeli di Mexath giunti fin da molto lontano per servirlo e adorarlo, e, dopo la morte, sepolti con un rito complicato oltre un imponente portale recante il simbolo di un teschio attorniato da quattro figure, probabilmente sacerdoti. Il simbolo non è una novità: compare anche sul portale di pietra di uno degli edifici delle rovine, nel quale gli avventurieri non erano riusciti ad entrare. Che ci sia un collegamento?

Lasciato il tempio e i suoi misteri, i nostri eroi proseguono verso Nord e si arrestano davanti ad una porta chiusa. Accostato l’orecchio a quest’ultima, Fahred è sicuro di udire rumori di lenti passi strascicati, e così la sorpresa non è poi eccessiva quando, spalancato l’uscio, il gruppo si trova davanti quattro cadaveri macilenti ma tuttora ambulanti e animati da intenzioni palesemente ostili. Morin invoca il potere della sua dea e scaccia due zombi, ma quelli restanti (uno di essi ora orgoglioso proprietario di un giavellotto che, scagliatogli contro da Clughacha, gli spunta vistosamente da un’orbita oculare) riescono a raggiungere le linee dei Nostri, ad abbattere la sacerdotessa e a fare qualche altro danno minore prima di essere fatti a pezzi senza pietà. Poi tocca ai due non morti precedentemente fuggiti di fronte al potere di Tiaray, la divinità venerata da Morin, e ora tornati arzilli a combattere: anche costoro ricevono la giusta punizione per la loro empia esistenza, e gli avventurieri possono quindi tirare il fiato, rinfrancarsi e rappezzarsi a dovere. Morin, nonostante il riposo (le nostre regole casalinghe prevedono che ogni personaggio possa, una volta al giorno, riposare per una ventina di minuti e rimettersi dalla fatiche del combattimento: in questo modo recupera d6 punti ferita) è ancora indebolita, e si decide quindi di impiegare il primo dei suoi incantesimi di cura al fine di rimetterla a nuovo.
L’esplorazione prosegue verso Est, dove i nostri eroi, superata una prima stanza già visitata una decina di giorni addietro, s’imbattono in cinque scheletri comodamente seduti su altrettante sedie. Le vecchie ossa non danno cenno di vita, e nel dubbio («Saranno non morti?») Morin prova a scacciarli. Senza successo, però. A questo punto qualcuno decide di aver aspettato fin troppo e mette piede nella stanza, ed ecco che, con un fluido movimento perfettamente coordinato, gli scheletri si alzano e si avventano sugli intrusi. La battaglia è di breve durata, e gli avventurieri riportano solo qualche ammaccatura e qualche livido; i loro avversari giacciono invece in mille pezzi sul pavimento.

Si percorre qualche altro cunicolo e si svolta qualche angolo, e durante l’esame di una stanza dall’aspetto sospettosamente anonimo Aldor adocchia per terra una cosa pelosa che lo induce a fare qualche passo indietro e a sfoderare la spada. Tutti quanti accorrono per osservare lo strano oggetto, ma solo Clughacha trova il coraggio di smuoverlo con la punta della sua alabarda e quindi di sollevarlo: è una parrucca. Bionda. A caschetto. E pure un po’ spelacchiata. Fahred la intasca prontamente, e il gruppo prosegue la sua missione.
In una stanza circolare poco distante viene rinvenuta una pila di teschi alta circa un metro. Il teschio al vertice porta un grosso topazio incastonato in fronte, ma tutto sembra troppo facile: c’è puzza di trappola. Clughacha, seguendo una delle sue ispirazioni, si fa dare da Fahred il caschetto biondo e lo colloca sul teschio in cima alla pila, ma senza che accada nulla. Il ladro, a questo punto, afferra il crinito cranio e sente una scarica magica percorrergli le membra: il topazio è in suo possesso, ma la maledizione che lo ha colto lo ha privato di ben quattro punti di forza! Sorreggendo l’intontito Fahred, gli avventurieri si rimettono in cammino; trovano una seconda pila di teschi (ma mancante del teschio al vertice) in una stanza analoga a quella da poco lasciata, e addentrandosi in un’altra parte del complesso sotterraneo finiscono per scontrarsi con un gruppetto di scheletri e zombi. Il potere di Morin si dimostra di nuovo inadeguato alla bisogna, e i Nostri decidono di affrontare i non morti nel corridoio, in modo da negare agli avversari il vantaggio del numero. La scelta si rivela azzeccata: nonostante qualcuno venga ferito (anche gravemente, come Dwalin e Basil, uno dei mercenari, che perdono conoscenza), i nostri eroi riescono sempre a mantenere un fronte compatto. I feriti vengono di volta in volta fatti retrocedere (o trascinati nelle retrovie), e al termine di uno scontro aspro e sanguinoso tutti i non morti giacciono al suolo privi dell’empia energia che li animava. Segue una necessaria pausa per rimettere in sesto i feriti, e quindi la ricerca prosegue con una visita alle ultime stanze rimaste inesplorate. Qui vengono reperiti un anello d’oro (al dito di un cadavere che senz’altro non sentirà la sua mancanza) e una porta segreta, individuata dal vigile Aldor, che reca in uno dei passaggi già conosciuti.

È tempo di rientrare all’oasi. Evitando accuratamente la zona dove potrebbe tuttora trovarsi il wight che ha ucciso Geoff, il gruppo torna sui suoi passi e dopo una mezz’ora abbondante riemerge in superficie, dove è necessario qualche tempo per riabituarsi al bagliore del sole del deserto. Un manipolo di grossi scarabei si sta muovendo nel letto del fiume in secca che i Nostri attraversano, ma le bestiacce sono piuttosto lontane, e nessuno ha voglia di cercare guai: si punta diritti alla meta, e verso la metà del pomeriggio l’Oasi di Akkad viene raggiunta senza incidenti. Tempo di vendere il topazio, l’anello d’oro e qualche altro tesoro rinvenuto durante la giornata e chiudiamo la sessione con la distribuzione dei punti esperienza. Il totale non è molto elevato, ma ora i personaggi possono procurarsi equipaggiamenti migliori e di conseguenza affrontare pericoli maggiori. E si sa: non è certo in mano a miserrimi scheletri e zombi che si trovano i favolosi tesori del Sepolcro!


IL CIMITERO
† Geoff, chierico di qualche dio maligno, ucciso da un wight nelle profondità del Sepolcro. 5 novembre 714.
† Beowulf, guerriero, ucciso dal veleno di un grosso e brutto ragno nei dintorni del Pozzo. 9 novembre 714.
† Atgur, Durar e Ferg Rru, fratelli mercenari, uccisi dagli uomini-serpente nei dintorni del Pozzo. 11 novembre 714.


lunedì 13 gennaio 2014

Deserto di Cenere - sessione 2

Un breve riassunto della sessione precedente lo potete trovare qui.

I PROTAGONISTI
Aldor, elfo di livello 1°
Clughacha, guerriero di livello 1°
Dwalin, nano di livello 1° (PNG)

Rimasti all’oasi
Fahred, ladro di livello 1°

La sessione ha inizio all’Oasi di Akkad, dove cercheremo di terminare ogni serata di gioco, in modo da riprendere l’avventura in un luogo sicuro dove i giocatori assenti possano lasciare i loro personaggi, e dove chi si è perso la sessione precedente possa semplicemente unirsi al gruppo e partire alla ricerca di gloria e tesori nelle profondità del Sepolcro.
Fahred, il ladro, resta infatti a curare i propri (loschi) affari all’oasi, mentre al gruppo si unisce Clughacha, un poderoso guerriero bramoso d’avventura. Dwalin, il cui giocatore non riuscirà praticamente mai a prendere parte alle nostre sessioni online, viene “promosso” PNG, pur senza essere il seguace di nessuno.
Consapevoli dei rischi che corrono senza l’assistenza (spirituale e materiale) di un chierico, i Nostri si dividono i compiti: mentre Clughacha si mette alla ricerca di un sacerdote, Aldor spera di trovare qualche armigero disposto ad accompagnare il gruppo nelle prossime spedizioni. L’elfo è fortunato, e incappa in una piccola banda mercenaria costituita da sei fratelli (i fratelli Rru: Atgur, Basil, Cruni, Durar, Elgo e Ferg), e al prezzo di 24 monete d’oro se ne accaparra i servigi per un mese. Clughacha, intanto, sparge in giro la voce che lui e i suoi compagni d’avventure cercano un chierico; la sera, dopo che il guerriero ha trascorso la giornata offrendo da bere a destra e a manca in modo da diffondere al meglio la notizia, si presenta presso le tende dei Nostri un manipolo di candidati. Nessuno di essi però è un chierico (tra di loro c’è pure una nana!), e di conseguenza nessuno viene accolto nel gruppo.

Il giorno successivo, ancor prima dell’alba, i Nostri sono sulla via delle rovine, accompagnati dagli armigeri reclutati da Aldor. La meta viene raggiunta in poco più di tre ore di cammino, e una volta arrivato a ciò che rimane della grande città che un tempo sorgeva nel deserto, il gruppo punta verso il Pozzo. È questa una grande apertura circolare del diametro di almeno dodici metri, sita nella parte settentrionale delle rovine; una precedente esplorazione aveva portato alla scoperta che dal Pozzo è possibile accedere ad un complesso sotterraneo (nonché, volendo, scendere anche più in profondità nelle viscere della terra), e proprio qui i Nostri si recano, calando una fune dal parapetto del Pozzo e mandando in avanscoperta il coraggioso Aldor.
L'elfo si cala in un vasto ambiente circolare illuminato dalla luce proveniente dalla superficie, e aspetta quindi che tutti i compagni d’avventura lo abbiano raggiunto. Durante la visita precedente, in cui il povero Beowulf aveva trovato la morte per mano (in senso figurato) di un grosso ragno velenoso, il gruppo aveva esplorato i cunicoli che si aprono a Est e a Nord. Indecisi se imboccare il cunicolo Ovest o se percorrere uno dei tre grandi passaggi che recano più o meno in direzione Sud (di passaggi come questi sembrano essercene diversi nel Sepolcro: si tratta di grandi corridoi larghi una dozzina di passi e dalla volta a botte), i Nostri scelgono la prima opzione, entrano in un breve corridoio e si fermano davanti ad una porta sbarrata. Al di là dell’ostacolo sembra regnare il silenzio più assoluto, così Aldor viene incaricato di sfondare la porta (l’elfo la schianta con una singola spallata), e gli avventurieri si ritrovano all’ingresso di uno stanzone buio con un’unica uscita sulla parete opposta. Proprio qui è radunato un gruppetto di alti e slanciati individui completamente avvolti in turbanti, bende e stoffe: sono tutti variamente armati e sembrano attendere la reazione degli intrusi.
I nostri eroi non esitano nemmeno un istante: vedendo l’esiguo numero dei misteriosi esseri, Clughacha ordina la carica e si lancia in avanti, l’alabarda spianata. I quattro avversari si danno lestamente alla fuga, e gli avventurieri li inseguono verso l’interno del complesso. La corsa ha termine in un altro stanzone non molto distante, dove i Nostri si trovano improvvisamente a fronteggiare non più quattro, bensì quindici nemici, alcuni dei quali si stanno testé armando per far fronte alla minaccia. Aldor dimostra di avere riflessi prontissimi e utilizza con gran successo la magia del sonno, addormentando all’istante ben nove avversari, ma i restanti sono pronti a dar battaglia. Nella breve mischia che ne segue viene abbattuto Ferg, uno dei mercenari, e nonostante la perdita di uno dei loro, i misteriosi individui (che si rivelano essere umanoidi coperti di scaglie e dalla testa di serpente!) riescono a mettere fuori combattimento Aldor, mentre un altro del loro numero, inaspettatamente, compare alle spalle del gruppo e ne attacca la retroguardia. Clughacha e Dwalin, reggendo a malapena il corpo inerte dell’elfo, cominciano una ritirata tattica, riuscendo ad uscire dallo stanzone e ad ammannire al compagno svenuto una pozione di cura. Aldor si rialza e si prepara al combattimento, ma in quel preciso istante viene abbattuto un secondo mercenario, Atgur, e i restanti fratelli Rru si danno ignominiosamente alla fuga (perdendo anche Durar, trafitto mentre volge le terga al nemico). I nostri eroi sono circondati, e uno degli uomini-serpente, probabilmente il loro capo, li esorta ad arrendersi, dopo aver assicurato loro di non avere intenzioni ostili. La fiducia non è però un bene comune tra coloro che esplorano pericolosi cunicoli sotterranei, e gli avventurieri decidono che se abbatteranno il capo degli avversari potranno forse riuscire a fuggire. La lotta riprende quindi selvaggia: Aldor viene nuovamente ferito e messo fuori combattimento, ma, nonostante Dwalin e Clughacha riescano finalmente ad uccidere il capo degli uomini-serpente, questi non abbandonano il campo e trafiggono senza pietà il guerriero, che cade al suolo svenuto. Dwalin, rimasto solo, si arrende e getta le armi.

La vita dei Nostri viene risparmiata in cambio della promessa di non tornare mai più a molestare gli uomini-serpente, e dell’impegno di negare attivamente l’esistenza stessa di tali creature, nel caso qualcuno, all’oasi e dintorni, li nominasse. La testa piena d’interrogativi sugli enigmatici uomini-serpente e sui loro piani, gli avventurieri fanno una breve sosta presso il Pozzo, si rifocillano un po’ e tornano quindi all’Oasi di Akkad, dove giungono nel primo pomeriggio. Il resto della giornata viene trascorso a riposare e a riprendersi dalle ferite (e dallo spavento), e l’indomani si decide di riprovare a cercare un chierico tra la popolazione dell’oasi. Di nuovo viene sparsa la voce e di nuovo vengono spese preziose monete d’oro per offrire da bere a chi potrebbe mettere i Nostri in contatto con le persone giuste, e la sera, tra i vari candidati, c’è finalmente anche un chierico! Si tratta di Morin, una sacerdotessa di Tiaray (una divinità minore, patrona della caccia e dei cacciatori), alla quale viene offerto di entrare a far parte del gruppo e addirittura il diritto di scegliere per prima la propria quota tra gli oggetti magici eventualmente rinvenuti. Morin chiede qualche ora per pregare e prendere una decisione, e all’alba del giorno seguente accetta ufficialmente la proposta. Ora i Nostri hanno un chierico!
Fervono quindi i preparativi per una nuova spedizione nel Sepolcro, e Clughacha, venuto a sapere che i superstiti fratelli Rru si nascondono da qualche parte nell’oasi, timorosi di farsi vedere in giro dopo la vergognosa fuga di qualche giorno addietro, riesce a scovare i mercenari e a convincerli a tornare al servizio del gruppo.
Terminiamo qui la sessione: i nostri eroi sono ora pronti per una nuova avventura, nella speranza che stavolta la fortuna si mostri meno ritrosa e porti finalmente alla conquista di qualche tesoro degno di tal nome!


IL CIMITERO
† Geoff, chierico di qualche dio maligno, ucciso da un wight nelle profondità del Sepolcro. 5 novembre 714.
† Beowulf, guerriero, ucciso dal veleno di un grosso e brutto ragno nei dintorni del Pozzo. 9 novembre 714.
† Atgur, Durar e Ferg Rru, fratelli mercenari, uccisi dagli uomini-serpente nei dintorni del Pozzo. 11 novembre 714.


domenica 12 gennaio 2014

Una nuova campagna

Ci avevo davvero sperato, e quando ci si è infine trovati d’accordo con gli amici per proseguire la campagna iniziata un paio di settimane fa, quasi non ci credevo: D&D vecchia scuola (Labyrinth Lord, ad essere pignoli, ma che differenza c’è?) con il mio storico gruppo di amici!
L’idea di base è semplice: sepolto sotto le sabbie del deserto si trova un complesso sotterraneo pieno di pericoli e di ricchezze. Il complesso sotterraneo, che viene comunemente chiamato il Sepolcro, è situato al centro di un’area abitualmente battuta da terribili tempeste di sabbia; soltanto durante un periodo di tempo delimitato, vale a dire all’incirca tre-quattro mesi l’anno, le tempeste si placano a sufficienza da permettere a carovane di coraggiosi, avidi e/o disperati avventurieri di raggiungere l’oasi di Akkad, l’unica nel raggio di decine di miglia. Da qui è possibile accedere al Sepolcro, e qui, per la durata di quei tre o quattro mesi, si costituisce una variopinta comunità di avventurieri, mercenari, predoni, mercanti e tombaroli.
Ogni tanto una nuova carovana raggiunge l’oasi per portare nuovi esploratori, notizie dal mondo, mercanzia di ogni genere e soprattutto cibo.
Chiunque riesca a sopravvivere ai pericoli del Sepolcro e a non farsi turlupinare dai mercanti dell’oasi si porterà a casa un bottino degno di un principe, che potrà dilapidare con tutto comodo nei mesi che passeranno prima della partenza delle nuove carovane...
Il sistema di gioco scelto per l’occasione è Labyrinth Lord, con qualche regola casalinga. Le più vistose tra queste riguardano i ladri e gli halfling, per i quali ho pescato abbondantemente da Lamentations of the Flame Princess.


Un succintissimo sunto della prima sessione lo trovate qui, e la seconda non si farà attendere. Promesso!