Pur non essendo un esperto in materia tolkieniana
ho letto quasi tutto ciò che il Professore ha scritto, e naturalmente alcuni lavori (Hobbit, Signore degli anelli, Silmarillion)
me li sono gustati molte volte, solitamente apprezzandoli un po’ di più ad ogni
rilettura. E ad ogni rilettura mi sono inevitabilmente detto: «Come sarebbe
bello giocare di ruolo nella Terra di Mezzo!»
Più facile a dirsi che a farsi, però, quantomeno
per me.
Ci provai la prima volta con MERP: ero un ragazzino, e giocavo a MERP come a D&D (con
esiti decisamente insoddisfacenti). Quanto all’ambientazione, poi, mi ero
inventato tutta una storia che aveva luogo alla fine della Terza Era intorno al
Mare di Rhûn, artifizio grazie al quale mi ero sostanzialmente svincolato dalla
trama della Trilogia. E perdendo i riferimenti a quest’ultima avevo reciso ogni
legame tra la mia campagna e il mondo descritto da Tolkien!
Ci sono stati altri tentativi, ovviamente, anche
in anni recenti. Sia L’Unico Anello
che The Burning Wheel (sul cui forum
ho trovato avvincenti resoconti di campagne ambientate nella Terra di Mezzo:
segno questo che è possibile giocarci!) sono ottimi sistemi che mi hanno
permesso qualche sperimentazione dalle parti del Bosco Atro, ma nulla più di ciò.
Avevo in passato fatto qualche pensiero su una
campagna ambientata a Númenor subito prima della caduta: qualcosa di robusto e
di epico, che, nella mia visione, avrebbe incluso anche la fuga sul continente
assieme ad Elendil e ai suoi figli. Una robetta poco faraonica, insomma. Il
pensiero non è mai nemmeno divenuto un progetto, ed è finito nel dimenticatoio
assieme a tante altre idee più e meno interessanti.
Ora che ho ripreso in mano Il signore degli anelli, sentendo che è giunto il tempo di una
rilettura, è anche tornata a fare capolino la solita domanda: come si potrebbe
fare per ambientare una campagna nella Terra di Mezzo?
La difficoltà, nella mia esperienza, è duplice: da
un lato occorre prendere le distanze dalle storie che dal Professore sono state
scritte per esteso, ed entro le quali non c’è spazio per sviluppare nuove trame
e accadimenti; dall’altro lato non ci si può allontanare troppo dalle medesime
storie senza perdere le caratteristiche che rendono la Terra di Mezzo quell’ambientazione
unica che è. Credo sia anche per questo motivo che diverse campagne delle quali
ho letto sono state ambientate nella Seconda Era, ed altre addirittura nella
Quarta Era. La mia idea di una campagna númenoreana, del resto (come pure quella
di una campagna incentrata sulla caduta del Cardolan e sulla fine di Arnor,
un’altra delle mie fissazioni), rispondeva proprio a queste esigenze.
Forse occorre mettere un po’ di ordine in testa
prima di fantasticare nuovamente di avventure tolkieniane, e allora la prima
domanda che mi pongo è: quali sono le caratteristiche che, applicate ai GDR (e
con ciò intendo restare ben lontano da qualsiasi forma di critica letteraria),
rendono unica la Terra di Mezzo?
Ne ho individuate alcune:
1.
Una netta distinzione tra bene a male. Esistono personaggi
che ondeggiano tra l’uno e l’altro, ma i due concetti sono molto chiari e ben
definiti.
2.
Il senso della giustizia. La hybris viene punita
e chi compie il bene ne viene solitamente ricompensato.
3.
La tragedia. Più frequente forse nel
Silmarillion (chi si scorda dei poveri figli di Húrin? Ma anche Thorin e i suoi
non scherzano).
4.
L’afflato epico. Croce e delizia di ogni
campagna.
5.
Il senso della meraviglia.
6.
Il senso di perdita. Il mondo cambia e il
fascino dei giorni antichi è sempre più remoto. Nessuno riesce più ad
eguagliare le opere e le imprese del passato.
7.
Gli elfi. Che non sono semplici umani con le
orecchie a punta (a dire il vero di orecchie a punta Tolkien non parla proprio,
che io sappia), bensì creature dalle grandi passioni e dal grande amore per la
vita.
8.
Gli hobbit. Che non sono kender dai piedi pelosi
(i kender! Quanto li detesto!). Trovo che Nepitello, nell’Unico Anello, li abbia ottimamente “tradotti” in termini di gioco,
fornendoli di quel buon senso di cui così spesso fanno sfoggio nelle opere di
Tolkien.
9.
La mancanza di “magia” alla D&D, sostituita
da ben più affascinanti (dal punto di vista letterario) ma elusive (dal punto
di vista ludico) capacità che appaiono “magiche” a chi ne è digiuno (un po’
come capita a Sam davanti allo specchio di Galadriel, insomma).
Ci saranno senza dubbio molte altre caratteristiche
che ora non mi vengono in mente, ma questa lista potrebbe essere un buon punto
di partenza.
E il sistema di gioco? Ah, questo argomento me lo
serbo per un prossimo post. Un’idea ce l’ho già, ma prima di scriverne voglio pensarci
ancora un po’...