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sabato 1 agosto 2015

La trama s'infittisce! Vindizia - sessione 11

Art by ScottPurdy
I PROTAGONISTI
Federico Tiepolo, un giovane membro dell’Inquisizione della Repubblica
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, il maestro di spada a Palazzo Volpe

S’infittisce, eccome!
Partiamo con Ghiso e Giuseppe, che vanno a far visita ad Orlando l’acchiappatopi nella speranza di ottenere qualche informazione in più su Piso, cugino del primo da tempo misteriosamente scomparso; Ghiso ha un Belief che lo spinge a cercare il parente perduto, ma nonostante I metodi non proprio gentili con i quali Orlando viene interrogato – metodi che fanno guadagnare ai Nostri occhiatacce ostili da parte degli altri acchiappatopi presenti all’incontro – è possibile soltanto apprendere che Piso è tenuto prigioniero dagli Uomini-Ratto. Chiarisco a questo punto ad Enrico, il giocatore di Ghiso (e pure di Piso, durante la prima campagna vindiziana), che Orlando davvero non sa altro; Enrico mi risponde di esserne convinto, ma che Ghiso invece non lo è affatto. Molto interessante!

La sera, poi, Ghiso scopre che suo figlio Niccolò è scomparso assieme a tre amichetti nei cunicoli che si dipanano sotto la città. Sapendo perfettamente quanto pericolosi siano i suddetti tunnel, il gruppo al completo si mette alla ricerca degli imprudenti ragazzini. Dopo un tiro fallito, i quattro pargoli vengono sì ritrovati, ma nella tana di un enorme ragno che, tra uno schiocco e l’altro dei suoi minacciosi cheliceri, non trova di meglio che mettersi a fare conversazione. Viene fuori che l’antica creatura la sa lunga sia sul Maestro Nero (che pare sia alla febbrile ricerca di qualcosa) che su come raggiungere l’isola degli Uomini-Ratto, ma come pagamento per le preziosissime informazioni vuole tenersi per sé un paio di succulenti bambini…
Lo scambio viene con sdegno respinto sia da Ghiso che da Giuseppe (mentre Federico è già più possibilista). Il primo vuole tra l’altro proteggere suo figlio e garantirgli una vita migliore della propria, ed è disposto per questo a rischiare la sorte dell’intera città. Eccellente! Ghiso guadagna un punto di Persona per aver giocato il suo dilemma interiore, e il gruppetto torna in superficie sano e salvo.

Il giorno seguente è Federico a prendere l’iniziativa: accompagnato da Ghiso, lo scudiero spiantato va a far visita a Stenio Selvo, un vecchio nobile che il Nostro sa aver partecipato alla caduta della sua famiglia. Messo con le spalle al muro, Selvo si dichiara immediatamente pentito e desideroso di aiutare Federico in ogni modo possibile. È ovvio che sta mentendo, e non ho problemi a metterne Diego (il giocatore di Federico) al corrente, chiedendogli però che cosa intenda fare adesso. Alla fine Federico prova a raggirare il (mancato) raggiratore, ma il suo tentativo non riesce; come da accordi presi prima del tiro, il fallimento procura indirettamente al Maestro Nero un po’ di tempo in più per le sue ricerche.

Il passo successivo vede sempre Federico in azione: la meta è stavolta Palazzo Foscari, dove il Nostro chiede ed ottiene un colloquio con Quintilia, la capo famiglia. Avendo saputo del coinvolgimento della propria famiglia in una congiura che una trentina d’anni prima depose un doge appartenente ai Foscari, dando così inizio al lento declino della casata, Federico racconta tutto alla nobildonna; lo scopo è anche prevenire una mossa in tal senso da parte di avversari che vogliano screditarlo (il pensiero corre subito ad Egidio Volpe, il cui invito alla collaborazione il giovane Tiepolo ha respinto nella sessione scorsa), ma Quintilia Foscari stabilisce un prezzo assai alto per il suo perdono: se Federico vorrà mantenere l’amicizia dei Foscari dovrà utilizzare la sua novella posizione all’interno dell’Inquisizione cittadina (un misto tra la polizia e il controspionaggio) per screditare una famiglia patrizia, che la Foscari vuole sostituire all’interno del governo della Placidissima con una schiatta a lei fedele. Mica da ridere.
Dopo averci pensato un po’ su (non molto, a dire la verità) il Nostro accetta.

Giuseppe è nel frattempo, durante lo svolgimento dei suoi compiti a Palazzo Volpe, venuto a sapere che Gualterio Neratesta, losco sicario di Trinacria nonché guardia del corpo di Egidio Volpe ed acerrimo avversario del Nostro, ha un debole per una cameriera di palazzo, tale Lisetta. Vedremo se in futuro Luigi (il giocatore di Giuseppe) vorrà sfruttare in qualche modo l’informazione. Uno dei suoi Belief è, del resto, “Dare il fatto suo a Gualterio”.

Ed ora comincia la ricerca di un modo per screditare i Minio, la famiglia che Federico deve infamare per mantenere l’amicizia dei Foscari. Si decide di far saltare fuori qualcuno che conosca gli oscuri segreti delle famiglie patrizie della città, e dopo un tiro riuscito di Circles ecco comparire Teobaldo. Diego, avendo ottenuto un risultato davvero buono con i dadi, ha la facoltà di decidere il nome del contatto e chi costui sia (nonché di ritrovarlo con maggiore facilità in futuro), e quindi stabilisce che si tratta di un monaco predicatore che frequenta i palazzi nobiliari. Teobaldo rivela ai Nostri che i Minio vendono notizie riservate ai dignitari di potenze straniere. Bingo!
Dopo qualche discussione prevale la scelta di fingersi appunto diplomatici forestieri e di far mostra di voler acquistare informazioni segrete e cogliere così i Minio con le mani nel sacco, ma la cosa non è facile, anche perché Federico ha voluto finora evitare di mettere l’Inquisizione al corrente della sua iniziativa; ciò gli ha risparmiato domande scomode da parte dei suoi superiori, ma gli ha anche impedito di ricorrere alle risorse dell’Inquisizione stessa.
Ghiso trova, tra i suoi contatti, un falsario che potrebbe fornire documenti atti a facilitare l’impresa, ma il tiro di Risorse richiesto (a Ob3) fallisce. Concedo al gruppo il cosiddetto Gift of kindness (offro loro, cioè, di scegliere se racimolare comunque il denaro necessario, pur subendo le conseguenze del fallimento, che ridurrà temporaneamente le loro Risorse; oppure di rinunciare all’acquisto mantenendo però le Risorse intatte), e qui la cosa si fa davvero interessante. Giuseppe, infatti, possiede il tratto Avaro, e, scegliendo di giocarlo fino in fondo, si tira indietro dall’affare in modo da non vedere compromessi i suoi risparmi. Ciò fa fallire l’acquisto e costringe i nostri amici a cercare un’altra strada (viene deciso cioè di coinvolgere l’Inquisizione), e frutta al giocatore di Giuseppe un bel punto di Fato per aver dato all’avventura una svolta inaspettata. Ben fatto!


La prossima volta vedremo come la vicenda dei Minio andrà a finire, e siccome abbiamo in animo di fare una notturna (vale a dire di giocare da sera all’alba del giorno dopo), sono certo che accadranno un bel po’ di cose degne di nota!

domenica 26 luglio 2015

Burning Vindizia - sessione 10

Il ricco e potente Egidio Volpe
I PROTAGONISTI
Ettore Dallago, un affascinante seduttore
Federico Tiepolo, uno scudiero ridotto in miseria
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

La campagna vindiziana procede a gonfie vele. Sabato sera siamo riusciti, dopo tanti mesi, a giocare dal vivo anziché online, e i progressi sono stati davvero notevoli.
L’evento principale della serata è stato il ritorno di Ettore, il cui giocatore, dopo le prime sessioni, non era più riuscito a partecipare alle nostre avventure. Ettore torna alla ribalta con alcune informazioni assai rilevanti, frutto delle sue conoscenze altolocate (in particolare con un paio di ricchissime e potenti nobildonne vindiziane, alle quali il nostro offre servigi… galanti). A Federico Tiepolo viene rivelato che l’autore della rovina della sua casata è Egidio Volpe, il nobile più in vista della città, e che alla sciagurata operazione presero parte anche altri nobili conosciuti, tra cui il padre della promessa sposa dello spiantato scudiero! Egidio Volpe è anche il mandante dell’assassinio di Molosso Tagliaossa, poche ore prima ucciso in carcere, e quindi le attenzioni del gruppo si concentrano sul potentissimo patrizio.
Federico affronta il padre della sua fidanzata e lo convince con abilità (e facendo leva sui sensi di colpa di questi) a fornirgli ulteriori informazioni sul Volpe; viene così fuori che costui trae grande profitto dalla tratta degli schiavi, attività illecita in Vindizia ma ciononostante esercitata da individui senza scrupoli. Ma come dimostrare le pratiche criminali di Egidio Volpe? Si decide di portare a Vindizia prove irrefutabili, nella forma di una nave dei Volpe carica di schiavi, ma per questo occorre allestire una missione militare di costo non indifferente. Vengono mobilitate tutte le risorse del gruppo, dai Contrabbandieri di Chiaggia alla famiglia Foscari, con la quale Federico è in stretto contatto, e alla fine si tratta di superare un tiro di Circles a Ob7 con 11D. mica da ridere.
Il giocatore di Ghiso (che fa qui la parte del leone) è però in serata buona, e con l’aiuto di un po’ di Artha e di un Tratto del personaggio il test viene facilmente passato; ora occorre soltanto aspettare che, tra otto settimane, il prode capitano incaricato dell’impresa torni a Vindizia con il suo bottino.

Decidiamo che tutto ciò ha richiesto due o tre giorni, e siamo così a ridosso della data fatidica nella quale Giuseppe parteciperà ai duelli per la selezione del nuovo maestro di spada di casa Volpe. Un incarico vieppiù importante, adesso che Egidio Volpe si è rivelato essere in combutta con le peggiori forze criminali della città. I contendenti sono otto (tra costoro c’è pure Arielle Tiepolo, sorella di Federico, che viene però da Giuseppe eliminata senza alcuna difficoltà nel corso del primo duello), e a sera, dopo una serie di combattimenti al primo sangue, non ne restano che due: Giuseppe e Demetrio Selvo, un giovane nobile. Per l’ultimo duello utilizziamo le regole complete di combattimento, e nonostante la prudenza dei duellanti è il Nostro ad avere la meglio: il nobile, ormai ferito e indebolito, si arrende, e Giuseppe può così incontrare il suo nuovo datore di lavoro.
Resta da narrare di due eventi quasi paralleli ai duelli. Ghiso, nel tentativo di esplorare il palazzo dei Volpe, si ritrova a scappare da alcuni servitori che potrebbero vederlo, e finisce in una calle a litigare con un baffuto straniero dall’aria dell’Est. I due s’insultano e mettono mano alle armi, e prima che vengano separati lo straniero riesce anche – inaspettatamente – a ferire il Nostro con il suo coltellaccio.
Federico viene invece invitato ad un colloquio da Egidio Volpe in persona. Il potente nobile offre al giovane scudiero aiuti, favori e ricchezze in cambio della sua fedeltà (in particolare a Volpe sembra interessare il fatto che Federico faccia ora parte dell’Inquisizione cittadina), ma, dopo che i giocatori si sono consultati ed hanno espresso il loro parere sulla questione, il giocatore di Federico decide di non accettare la proposta (memore anche del fatto che Volpe è alla radice dei mali della sua famiglia), e su questa nota si chiude la sessione.

Il futuro si presenta ricco d’opportunità, ed ora occorre soltanto decidere in che direzione volgere gli sforzi del gruppo. 

martedì 21 luglio 2015

Burning Vindizia - sessioni 7-9

I PROTAGONISTI
Federico Tiepolo, uno scudiero ridotto in miseria
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

Questo blog è rimasto silente fin troppo a lungo, soprattutto a causa dei miei forsennati ritmi di lavoro che non mi hanno lasciato tempo per giocare. L’estate, però, porta assieme alle ferie ed alla calura anche l’occasione di rispolverare i dadi, ed ecco che nelle ultime settimane si è finalmente riusciti a seguitare la nostra campagna vindiziana. E se la ripresa è stata inizialmente un po’ lenta, il ritmo degli eventi è ben presto diventato vorticoso.

Dopo un brevissimo ritorno al Tempio del Cavaliere, dove la misteriosa scritta in capitolino viene copiata e successivamente presentata a qualcuno che sia in grado di tradurla, i Nostri si mettono in azione per liberare Zeno lo Sfuggente, ex capo dei Contrabbandieri di Chiaggia ora esautorato dal violento Donato Testaquadra. Penetrati una volta di più nei sotterranei di Villa Alviani, i tre compari portano a termine la missione con grande efficienza, salvando il povero Zeno e sbaragliando la mezza dozzina di sgherri della Fratellanza dei Coltelli incaricati di sorvegliarlo.
Mentre Ghiso si occupa di Zeno ed escogita un piano per reinsediarlo, Giuseppe e Federico decidono di sfidare Molosso Tagliaossa, il capo della temuta Fratellanza dei Coltelli, colpendolo attraverso due dei suoi fratelli, Alano e Dogo. Prima di occuparsi della faccenda, però, Giuseppe avanza la sua candidatura per il posto di maestro di Spada presso i Volpe, la famiglia più potente della città; i duelli che porteranno alla selezione del vincitore avranno inizio di lì ad una settimana.

Lo scudiero e lo spadaccino cercano informazioni sui loro obiettivi, ma vengono ingannati e attratti in un’imboscata a causa di un tiro fallito di Circles. Con freddezza e sprezzo del pericolo, tuttavia, i due riescono a ribaltare la rischiosissima situazione, a uccidere o volgere in fuga gli sgherri della Fratellanza e a catturare Alano e Dogo, incautamente presenti all’agguato e convinti di non correre alcun pericolo. Ah, la hubris! Dopo questo inaspettato e spettacolare successo, i prigionieri vengono portati al palazzo dell’Inquisizione cittadina; qui Corrado Corner, dopo una notte d’interrogatorio (non sempre garbato) riesce a strappare loro informazioni sufficienti a localizzare il nascondiglio di Molosso, e comincia a formulare un piano che entro tre giorni porti alla cattura del pericoloso criminale, peraltro alleato del Maestro Nero, il negromante che fa tremare tutta Vindizia.
Federico e Giuseppe ritengono però che tre giorni siano davvero troppi, e in un fulminante scambio verbale convincono l’inquisitore ad agire quanto prima. Si decide infine che i Nostri potranno condurre l’attacco come e quando vorranno, ma che Corner lascerà loro ogni responsabilità nel caso l’operazione fallisca.

Ghiso, nel frattempo, ha radunato tutti coloro che sono rimasti fedeli a Zeno, e con questi si è presentato sull’isola di Murello, dove è situato il covo dei Contrabbandieri di Chiaggia. Donato Testaquadra viene catturato e portato al palazzo dell’Inquisizione, e Zeno lo sfuggente è di nuovo al suo posto. E Ghiso si prende un punto di Persona per il disturbo!

L’attacco al nascondiglio di Molosso viene velocemente pianificato e messo in atto con la collaborazione di tutti e tre i nostri amici, da Federico che tra le sue conoscenze scova un giovane nobile capace di guidare i soldati forniti da Corner, a Ghiso e Giuseppe che, spada alla mano, guidano l’assalto. Lo spadaccino di Zenova si trova addirittura a combattere con Molosso stesso. Il capo della Fratellanza dei Coltelli viene repentinamente ferito e volto in fuga, ma non va lontano: pur essendosi gettato in un canale viene raggiunto e catturato da Giuseppe, e l’impresa viene così conclusa con un trionfale successo. I Nostri tornano vittoriosi da Corner e ricevono ricompense e onori: ciascuno acquisisce una Reputazione, Giuseppe una spada di buona qualità, Federico un’Affiliazione all’Inquisizione, per la quale decide di lavorare, e Ghiso chiede ed ottiene che suo figlio Niccolò venga accolto come paggio presso una delle famiglie patrizie della città. Molto bello e molto toccante. Bravo Enrico.


L’ultima nota riguarda Molosso Tagliaossa, che Corner si apprestava ad interrogare: l’ex capo della Fratellanza dei Coltelli viene trovato morto nella sua cella. Chi sarà stato? C’è da indagare, e ciò significa naturalmente nuove avventure vindiziane!

mercoledì 14 gennaio 2015

Burning Vindizia - sessione 6a

I PROTAGONISTI
Federico Tiepolo, uno scudiero ridotto in miseria

Ecco la seconda parte delle avventure in solitaria di Federico, lo scudiero più spregiudicato di tutta Vindizia!

L’indizio avventurosamente guadagnato porta il Nostro alla bottega del marmista Soler, che secondo il documento era una trentina d’anni prima stato incaricato di fabbricare un sepolcro in marmo bianco in una località segreta. Si trattava dello zio dell’attuale proprietario, da allora scomparso e ormai dato per morto. La testa piena di pensieri e di congetture, Federico stabilisce di fare una visita alle cripte del Tempio del Cavaliere. Il vecchio Stenio Selvo, alla festa, gli aveva raccomandato di andarci armato, e così il Nostro vuole trovare un paio di persone che, in cambio di un’equa divisione del bottino (che ogni cripta che si rispetti offre in quantità), lo accompagnino nell’impresa. La difficoltà sta nei costi e negli elevati Ob dei tiri di Circles e Risorse richiesti, e quindi, molto astutamente, Federico prova a mettersi in contatto con Corrado Corner, l’inquisitore, onde possa da questi ottenere un permesso ufficiale per fare visita all’isoletta del tempio, l’accesso alla quale è normalmente proibito. Corner viene trovato, ma la storiella che il Nostro gli racconta, chiamando in causa la lotta al Maestro Nero, non lo convince. Il permesso viene comunque accordato (e mi serbo qualche succulenta complicazione per il futuro), e lo scudiero riesce, entro pochi giorni, a racimolare un barcaiolo e due Magiari che rispondono ai nomi di András e István; costoro sono male in arnese e chiaramente bisognosi di quattrini, ma almeno sono armati e non hanno neppure l’aria troppo losca.
La spedizione, prevista per la sera stessa, deve essere tuttavia ritardata di qualche ora a causa di un urgente invito a cena che Federico riceve dalla famiglia della sua amata, Giuditta. Il padre della giovane patrizia, pur favorevole al matrimonio, vuole infatti che il Nostro dia prova di sé, e lo faccia eliminando il famigerato Maestro Nero! Del resto, la protezione che costui offre alle bande criminali di Vindizia ha ormai reso queste ultime audaci e pericolose: la Fratellanza dei Coltelli, per esempio, ha pochi giorni fa cercato di appiccare il fuoco al magazzino di un noto mercante di stoffe, ed è stata fermata soltanto dal coraggioso intervento delle guardie. La situazione è chiaramente intollerabile.
Il Nostro, se vorrà sposare la sua promessa, dovrà quindi dimostrare di essere un uomo degno e valoroso; e può anche darsi che un’impresa del genere lo riavvicini alla propria famiglia. Federico accetta, rassicura Giuditta e si appresta a partire per il Tempio del Cavaliere.

I tre compari lo stanno aspettando nel canale convenuto, e nonostante per scaldarsi abbiano bevuto un po’ non sono ancora brilli (abbiamo tirato un Dado del Fato per determinarlo, e purtroppo tutti e tre sono risultati essere padroni di sé). Il barcaiolo, però, ostacolato dalla nebbia, fallisce il tiro di Pilotaggio, e decido quindi che si avvicina con troppa velocità al tempio (essendo l’isola su cui sorge quasi sommersa, l’edificio stesso è semiallagato: l’acqua ha raggiunto la navata e solo l’abside, rialzata, è relativamente all’asciutto); l’urto scuote l’imbarcazione e tutti devono superare un test per non perdere qualche oggetto utile o addirittura finire in acqua. Neanche stavolta, tuttavia, accade alcunché d’interessante, e mentre il barcaiolo aspetta all’esterno il terzetto di intrepidi esploratori (Federico, András e István) s’inoltra nel tempio e scende nelle cripte.
Per evitare di perdere tempo con mappe ed esplorazioni “Vecchia Scuola” (per le quali ho un debole, ma che qui sarebbero poco appropriate) suddivido le cripte grosso modo in tre aree, e spiego a Diego (il giocatore di Federico) che è possibile cercare tesori in ognuna di esse, usando Scavenging o Loot-wise; il tempo richiesto varia a seconda della grandezza dell’area esplorata, e un fallimento comporta qualche pericolosa complicazione, come l’attivazione di una trappola o un brutto incontro. Diego decide di cominciare a tirare per la parte più ampia del sotterraneo, e con sei successi su 6D (impiegando il Tratto Scavenger di István e usando un punto di Fato), il terzetto riesce a mettere le mani su anelli, monili e amuleti, tutti strappati senza troppo ritegno ai loro defunti proprietari (sto pensando seriamente di proporre Federico per il Tratto Senza scrupoli, o qualcosa del genere…).
Le cripte, però, non sono un parco giochi, ed ecco che all’improvviso (ma non del tutto inaspettatamente) i tre tombaroli incappano in una coppia di cadaveri che, anziché starsene tranquilla nella propria bara, se ne va allegramente a passeggio. La visione è talmente orribile e spaventosa da richiedere un tiro di Steel: István fugge via urlando, mentre Federico e András decidono di rimanere lì fermi a bocca aperta, sperando di non venire fatti a pezzi prima di poter reagire. Il nostro scudiero è il primo a riprendersi. La cotta di maglia, pur restando lievemente danneggiata, lo salva più di una volta (tre o quattro volte, direi) dagli attacchi del morto vivente, e dopo tre Scambi serrati il nostro, senza aver subito un graffio, riesce a mettere a segno un colpo poderoso (4 successi su 4D d’attacco) che finalmente danneggia la creatura, altrimenti immune alle ferite superficiali fino a quel momento inflittele. Il povero András è nel frattempo caduto sotto gli attacchi dell’altro non morto (abbiamo risolto la cosa con un Bloody Versus, vale a dire la versione intermedia tra le regole di combattimento semplificate e quelle complesse, adoperate invece per Federico), ma nonostante l’esitazione davanti alla sanguinosa morte del compagno e la presenza di ben due avversari, lo scudiero riesce, nel Bloody Versus che segue (a questo punto vogliamo velocizzare lo scontro, che prosegue, mail dopo mail, da circa tre giorni!) a cavarsela brillantemente con due successi su 4D in difesa e ben quattro successi su 5D in attacco (mettendoci anche un punto di Persona). Un cadavere ambulante viene spacciato e l’altro chiuso in un sarcofago dal quale non potrà uscire se non con enorme difficoltà. Federico è padrone del campo!

Il Nostro non perde tempo: rovista nelle tasche del defunto András alla ricerca del bottino a questi affidato e poi, scovato István che si nascondeva piagnucolante in un cantuccio, prova a convincere quest’ultimo che l’esplorazione deve proseguire. La parlantina dello scudiero è ancora una volta determinante, e accompagnato dal tremebondo Magiaro, Federico dedica quasi due ore all’accurato esame della parte di cripte che rimane: nessun tesoro viene qui trovato, e il fallimento del test mi darà presto l’occasione per un tiro mancino. Quanto mi piace questo gioco.
L’elemento veramente insolito nel quale i due tombaroli incappano è uno stretto ponte di pietra, lungo una decina di metri, che scavalca una grande vasca di acqua scura e raggiunge una piccola stanza. Qui è contenuto un massiccio sarcofago di marmo bianco, scoperchiato, che diventa subito l’oggetto delle attenzioni del Nostro. Il sepolcro reca lo stemma della famiglia Foscari, un tempo assai importante a Vindizia, e a cui Federico è legato da vincoli d’affetto e di lealtà (avendo il Maestro Nero vilmente ucciso Ser Gismondo Foscari, il cavaliere del quale il giovane Tiepolo era allora al servizio!). Una scritta, probabilmente in capitolino, il linguaggio dei dotti, sfugge alla comprensione del nostro amico, ma così non è per i quattro stemmi di altrettante famiglia vindiziane, scolpiti in una posizione quasi nascosta all’interno del coperchio. Con un magistrale tiro di Araldica Federico le riconosce tutte e quattro: Volpe, Selvo, Tradonico e… Tiepolo!
In quell’istante la lanterna si spegne (ricordate il test fallito di poc’anzi?), e nella terrificante oscurità delle cripte i due compari devono cercare tentoni l’uscita. Chiedo a Diego di fare due test collegati: uno di Volontà Ob3 per tenere i nervi saldi, seguito da uno di Percezione Ob4 per trovare l’uscita; il prezzo del fallimento può variare dalla perdita di qualche oggetto, a quella del povero István, alla partenza del barcaiolo, stanco di aspettare al freddo. La fortuna lo assiste di nuovo: il primo test viene superato e il secondo fallito di un singolo punto (seppur questo gli costi un punto di Fato), e Federico, seguito dal terrorizzato István, raggiunge l’uscita del tempio avendo perso esclusivamente l’elmo, che si era cavato per meglio studiare il sarcofago.
Il Nostro a questo punto è però esasperato e deluso, e riversa tutta la sua amarezza sul suo compagno di ventura, accusandolo, non proprio a torto, di codardia e di negligenza (sua era la lanterna rimasta improvvisamente senz’olio); lo scudiero pretende di tenere per sé, a titolo di risarcimento, l’intero ammontare dei tesori ritrovati, mentre István ovviamente non ci sta, e anzi dichiara che a lui spetta anche la parte del defunto András, affinché la possa recare alla famiglia di questi. I due battibeccano selvaggiamente, scambiandosi accuse e riversando l’uno sull’altro la propria frustrazione (a proposito: Diego, è stata una scena da manuale!), ma alla fine è Federico a prevalere pur con un compromesso: si terrà il bottino appartenuto ad András, mentre István dovrà accontentarsi di quanto ha trovato. Senza parlarsi, i tombaroli salgono sulla barca e tornano a Vindizia sotto un gelido nevischio che il vento del Nord sta portando sulla città.


Concludiamo a questo punto con l’Artha: ben tre punti di Fato per aver ben giocato due Belief e un Istinto (quello di “non rifiutare mai l’invito di una dama”: il tempo perso a cena presso la famiglia di Giuditta ha messo in difficoltà l’intera spedizione) e un punto di Persona per avere raggiunto l’obiettivo di arraffare tutti i tesori possibili al Tempio del Cavaliere. Questo, e il fatto che la Persuasione di Federico è salita a 5, mi paiono indicare che la sessione è stata in fin dei conti piuttosto fruttuosa!

martedì 13 gennaio 2015

Burning Vindizia - sessione 6

Art by Dave Allsop
I PROTAGONISTI
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

Siamo di nuovo (e lo saremo per un po’, temo) privi del giocatore di Duccio, mentre quello di Ettore è in via di trasloco dall’estero e quello di Federico non tornerà prima della fine del mese. Abbiamo quindi giocato con i soli Ghiso e Giuseppe, ma il divertimento non è certo mancato, anzi!
Al termine della scorsa sessione Duccio e Ghiso erano stati acciuffati dalle guardie dopo un sordido assassinio in un sordido vicolo di Vindizia. Lasciando in sospeso la sorte del primo, decidiamo quella del secondo con uno scambio di mail: Ghiso riesce, con un tiro di Circles, ad ottenere l’aiuto di Corrado Corner, l’inquisitore, il quale lo fa sì scarcerare, ma gli chiede anche, in compenso, di assisterlo nel prendere il controllo dei Contrabbandieri di Chiaggia. A questa organizzazione Ghiso è infatti affiliato, ma recenti sviluppi, vale a dire un inaspettato cambio al vertice, hanno messo il Nostro in una posizione precaria. È quindi logico che, uscito di galera, il Calabraga voglia fare un salto all’isola di Murello, dove i contrabbandieri hanno il loro covo principale.

Prima, però, è d’uopo una visita allo locanda dello Sgombro che Salta. Qui Valeria, la compagna di Ghiso, è con quest’ultimo infuriata: alla ragazza non piacciono i guai in cui il suo amato va cacciandosi di recente, e pare non essere intenzionata a rivolgergli la parola per un po’. La sorpresa maggiore viene però da una visita che Ghiso e Giuseppe (il quale si è ormai praticamente stabilito allo Sgombro) ricevono di lì a poco: incappucciato per non farsi riconoscere da occhi indiscreti, ecco avvicinarsi al loro tavolo Gualterio Neratesta, il losco sicario di Trinacria, acerrimo avversario di Giuseppe! Neratesta non viene però con intenti ostili, tutt’altro: avendo saputo da fonti non meglio specificate che i Nostri sono nemici del Maestro Nero, il negromante che terrorizza la città, il sicario ora propone di fornire loro informazioni sull’oscuro incantatore, purché i due s’impegnino a distruggerlo. Neratesta trova apparentemente atroce l’idea che le povere anime di coloro che il negromante usa per creare i suoi morti viventi restino prigioniere in eterno senza poter trovare il giusto riposo. E come dargli torto? Pur senza mitigare l’ostilità reciproca, i Nostri e Gualterio stipulano così un patto, che si spera porterà in futuro in suoi frutti.

E ora è il momento di fare visita ai Contrabbandieri di Chiaggia. Ghiso e Giuseppe raggiungono il covo principale dell’organizzazione, che si cela dietro la facciata di una rispettabile impresa ittica, per capire quale sia adesso la situazione e che aria tiri. È accaduto infatti che una decina di giorni prima Zeno lo Sfuggente, capo dei contrabbandieri, sia stato esautorato da Donato Testaquadra, fautore di una linea più “criminale” e violenta. I Nostri raccolgono tutte le informazioni che possono (i miei giocatori hanno un po’ la mania di raccogliere informazioni; sono molto prudenti, cosa lodevole, ma devo dire che ogni tanto mi manca una dose di sano decisionismo da parte loro…) e Ghiso decide quindi di rintracciare uno dei luogotenenti di Zeno per scoprire dove questi venga tenuto prigioniero. Il metodo migliore per raggiungere l’intento dichiarato mi sembra un tiro di Circles, ma Enrico, il giocatore di Ghiso, specifica di non voler fare domande in giro: vuole semplicemente appostarsi presso l’abitazione della persona che sta cercando, o presso qualche locale da lui abitualmente frequentato, e aspettare che passi. Ragionandoci sopra insieme conveniamo di risolvere la questione con un tiro di Discrezione/Inconspicuous, onde i nostri amici siano in grado di contattare il luogotenente senza farsi notare da occhi indiscreti. Il tiro riesce, e il contrabbandiere narra di come Zeno sia stato portato via da gente non appartenente all’organizzazione (sembra che negli ultimi tempi l’isola di Murello abbia visto parecchi strani visitatori) e condotto a Villa Alviani, una magione patrizia da lungo tempo abbandonata e in rovina. Villa Alviani! Un altro nome familiare ai veterani di Vindizia!

Sulla via del ritorno allo Sgombro, mentre riflettono sulle informazioni che hanno appreso, i Nostri si accorgono di essere osservati da qualcuno che resta celato nelle ombre di uno stretto vicolo (è ormai notte fonda); si prova a capire se la figura nascosta li stia pedinando, quando questa esce improvvisamente dal vicolo e li aggredisce emettendo sordi grugniti e ringhi. I due rimangono quasi paralizzati dall’orrore nel momento in cui si rendono conto che l’essere che fronteggiano è una turpe creatura non morta, un feroce abominio che la negromanzia ha creato dal cadavere di qualche infelice vittima! Il mostro si avventa su di loro, ferisce Giuseppe (per fortuna solo lievemente) e si dilegua nella notte, non prima però che i nostri amici siano riusciti a vedere il suo volto: orrore! È quello di Monaldo, l’agente dell’Inquisizione che li aveva contattati per il fatidico incontro che ha dato il via alla nostracampagna, e che da allora era scomparso senza lasciare traccia. Ogni tentativo di inseguire la creatura si rivela vano, e i due, dopo aver aggiornato i loro Belief (Giuseppe vuole dare pace all’anima di Monaldo, mentre Ghiso vuole scoprire che cosa gli sia capitato), se ne tornano a casa.
Il giorno seguente viene dedicato all’osservazione di Villa Alviani. La dimora abbandonata sembra davvero tale: nessuno ne entra o ne esce per l’intera giornata, e venuto il buio i Nostri decidono essere giunto il momento di agire. Con due eccellenti tiri di Furtività Ghiso e Giuseppe s’inoltrano all’interno della villa senza fare il minimo rumore, e hanno conferma dello stato di totale decadimento dell’edificio, peraltro del tutto vuoto. Solo avvicinandosi alle scale che dalla cucina scendono verso il basso i due odono strani versi, del tutto simili a quelli emessi dalla creatura che li aveva assaliti la sera prima, e una volta raggiunta la cantina è loro possibile vedere l’abominevole essere seduto presso una botola, le spalle ai nostri amici. Si cerca a questo punto di dare la pace (eterna) al morto vivente con un subdolo attacco alle spalle, ma la luce della torcia recata da Giuseppe tradisce la presenza dei due aggressori, e l’aggredito, superatili in un tiro di Velocità, se la squaglia una volta ancora infilandosi nella botola. Inseguimento!

Al di sotto di Villa Alviani si dipana un intreccio di corridoi e stanze che durante la nostra prima campagna vindiziana furono teatro di molte gesta eroiche e di combattimenti all’ultimo sangue; è proprio qui che il non morto cerca di far perdere le proprie tracce. Ghiso e Giuseppe lo inseguono alla luce tremolante della torcia, e il primo dei due, avendo distaccato il compagno, riesce anche a bloccare per pochi istanti la preda in una stanza isolata. La mancanza d’illuminazione (la torcia è in mano a Giuseppe, rimasto indietro nella corsa) e la ferocia del morto vivente, però, permettono a quest’ultimo di sfuggire alla trappola facendosi strada a viva forza, e l’inseguimento riprende di buona lena.
Sempre alle calcagna della creatura che un tempo fu Monaldo, agente dell’Inquisizione della Placidissima, i Nostri la vedono infilarsi dietro una porta al termine di un corridoio. Una porta al di là della quale si trova una stanza illuminata. Aspre voci si levano oltre l’uscio: voci che denigrano il misero morto vivente e gli intimano di andarsene subito di lì. Nascosti dietro l’angolo di un corridoio, Ghiso e Giuseppe vedono come la porta venga riaperta e Monaldo ne venga gettato fuori da tre o quattro individui dall’aria turpe; uno di essi porta apertamente sul volto un tatuaggio rivelatore: sono membri della Fratellanza dei Coltelli! La porta chiusa e sprangata alle sue spalle, il non morto a questo punto sa benissimo che i suoi inseguitori sono nei paraggi e non prova più a fuggire. Infilata la torcia in un sostegno piazzato sulla parete, i nostri amici si preparano alla lotta, e lo scontro non ci delude. Il morto vivente è ostacolato dalla lunghezza delle spade con le quali Ghiso e Giuseppe lo tengono a bada, ma questi devono combattere in condizioni di luce scarsa, che parzialmente compensa il beneficio loro conferito dalle armi. Essere due contro uno, tuttavia, è in Burning Wheel un vantaggio enorme, e nonostante la sua innaturale resistenza e la sua cieca ferocia, la creatura comincia lentamente a soccombere. Giuseppe viene ferito superficialmente (il suo corpetto imbottito si sta rivelando del tutto inutile), ma alla fine è proprio lui che, avendo Ghiso colpito l’avversario con forza sufficiente da indebolirlo e rallentarlo, riesce quasi a staccargli la testa con un fendente violentissimo alla base del collo. Il nemico abbattuto viene decapitato e il cranio viene portato via come prova da presentare a Corner; i Nostri quindi risalgono in superficie e tornano allo Sgombro che Salta, giustamente orgogliosi della loro impresa e soprattutto del fatto che l’abilità Spada di entrambi è salita a 5!


La distribuzione dell’Artha frutta Fato, soprattutto a Ghiso, e anche un punto di Persona a Giuseppe, per avere raggiunto il suo obiettivo di dare la pace eterna al povero Monaldo. E ora che cosa succederà? Lo sapremo probabilmente all’inizio della prossima settimana…

lunedì 12 gennaio 2015

Burning Vindizia - sessione 5a

I PROTAGONISTI
Federico Tiepolo, uno scudiero ridotto in miseria

E Federico Tiepolo, lo scudiero spiantato? Il suo giocatore è in viaggio, ma grazie ad un fitto scambio di mail stiamo riuscendo a portare avanti anche le sue avventure (nell’attesa che, alla fine del mese, la pecorella torni all’ovile).
Federico ha due priorità: fare soldi per abbandonare finalmente la condizione di pezzente nella quale è precipitato a causa della rovina del suo casato e scoprire, appunto, chi tale rovina possa aver provocato e perché. Dopo essersi consultato con la sua promessa sposa, Giuditta Bragadin (la cui famiglia resta affezionata al Nostro nonostante la misera situazione in cui si trova), Federico decide di tentare la sorte al gran ballo mascherato che i Volpe (forse la famiglia più potente di Vindizia) terranno tra un paio di giorni. Dopo un tiro incredibile d Circles (qualcosa come sette successi tirando 4D), lo scudiero riesce persino a contattare un sarto bisognoso di pubblicità presso la buona società, e ad entrare in affari con costui: il primo passo è fare al Nostro uno sconto sul vestito per la festa, e in cambio Federico procurerà clienti al suo nuovo socio.

La festa in maschera è un affare sontuoso, chiassoso ed eccessivo, come ben si addice alla nobiltà cittadina; qui lo scudiero riesce a raccogliere qualche informazione sparsa sulla propria famiglia: è opinione di qualcuno che la rovina dei Tiepolo, un tempo una delle schiatte più influenti della città, sia da attribuirsi a contrasti nati con le casate loro alleate. Il Nostro ha anche l’occasione di compiere una buona azione (o così sembra): tra il vorticare di trine e maschere si avvede infatti del litigio di due convitati, rigorosamente mascherati, i quali si allontanano verso la terrazza. Qui uno tramortisce l’altro a tradimento, e Federico, senza porsi troppe domande, interviene in favore del tramortito scaraventando l’aggressore giù dal parapetto e direttamente su una gondola ormeggiata dieci metri sotto!
Tutto è bene quel che finisce bene (o così sembra): l’uomo salvato è Stenio Selvo, un patrizio che per sdebitarsi con il Nostro gli accenna a segreti custoditi sia tra i documenti dei Tiepolo che nel Tempio del Cavaliere, un edificio sacro situato su un’isoletta antistante la Riva del Leone Alato; l’isola, come del resto altre parti della città, sta lentamente sprofondando nella laguna, e il governo cittadino vi ha proibito l’accesso. Per i veterani di Vindizia: il Tempio del Cavaliere è proprio il luogo dove hanno avuto inizio le nostre avventure, e dove hanno trovato la morte personaggi indimenticabili come Sigismondo da Vendrona e Tebaldo l’imitatore!

E ora viene il bello. Federico, il giorno successivo, si reca al palazzo di famiglia per consultare i documenti ai quali Selvo gli ha accennato, ma il problema è che il Nostro ha giurato che non avrebbe rimesso piede a casa propria prima di aver vendicato la rovina dei Tiepolo! È quasi scontato che, appena entrato, incappi in sua sorella Arielle, che gli è ferocemente nemica. I due discutono animatamente, e alla fine di un Duel of Wits molto serrato la ragazza riesce inaspettatamente ad ottenere un compromesso maggiore per entrambi (Federico, con la sua Persuasione B4, ha un’ottima parlantina, e il confronto sembrava inizialmente senza speranza per la giovane nobildonna): il fratello potrà sì consultare i documenti di famiglia, ma soltanto per un giorno; quindi dovrà sparire e adempiere la sua promessa.
Lo scudiero però non ci sta, e subito escogita un piano per far arrestare la sorella e farla tenere al fresco un paio di giorni, mentre lui porta avanti con calme le sue ricerche. Meraviglioso! Non sono sicuro di avere qui onorato lo spirito del Duel of Wits, che prevede il rispetto del risultato da parte di entrambi i contendenti; mi sembra però che Federico non stia tanto andando contro il compromesso quanto piuttosto stia cercando di aggirarlo, e quindi lo lascio fare (divertendomi moltissimo peraltro).
In capo ad un paio di giorni il Nostro ha trovato una guardia compiacente disposta ad arrestare Arielle con una falsa accusa, e libero dall’ingombrante presenza della sorella, Federico si procura l’aiuto di un bibliotecario che lo assista nella cernita delle carte e si mette di buona lena al lavoro. Il tiro di Circles fatto per reperire la guardia corrotta, però, era stato un insuccesso, e Arielle riesce in quattro e quattr’otto a dimostrare la propria innocenza e a tornare a casa, piombando furibonda, la spada in pugno, sui due semi-clandestini spulciatori di documenti. È una scena formidabile: la ragazza riversa sul fratello una serie di improperi e di minacce; io mi aspetto di veder scorrere il sangue, ma Federico resta freddo come il ghiaccio resistendo alle intimidazioni (lo aiuta in questo un tiro di Volontà), e Arielle, dopo aver scacciato in malo modo il povero, innocente bibliotecario, decide di inasprire il conflitto chiamando in causa gli anziani genitori! Di bene in meglio!
La ragazza racconta al padre dell’arresto e gli rammenta il mancato giuramento del fratello, e nonostante questi provi a convincerlo della sua buona fede il tiro di Persuasione stavolta non riesce (a Ob5 è dura), e il vecchio Tiepolo scaccia di casa il figlio degenere, intimandogli di non farsi mai più vedere! Ora sì che mi aspetto qualcosa di eclatante, ma Federico decide di non esacerbare la situazione, afferra qualche foglio a caso (che, dopo un fortunato tiro del Dado del Fato, il Nostro scoprirà trattarsi di un indizio utile) e si allontana scomparendo per le calli della città.


Le avventure di Federico non sono con questo terminate, ma il post sta diventando troppo lungo. Presto la continuazione!

lunedì 29 dicembre 2014

Burning Vindizia - sessione 5

I PROTAGONISTI
Duccio Ridolfi, un mercante di tessuti fiorenzano
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

Hangouts è uno strumento utilissimo (quando funziona), ma non c’è proprio alcun paragone con le sessioni giocate alla vecchia maniera (tutti intorno allo stesso tavolo, cioè). Ne abbiamo potuto fare un’altra in questi giorni, ed ecco qui quello che è successo.

Reduci dall’estenuante trattativa con Mastro Vieri, i Nostri incassano il denaro pattuito e aspettano che scenda la sera per recarsi alla malfamatissima locanda del Pesce Bollito, dove hanno un appuntamento con il tizio che fa loro da tramite con la Fratellanza dei Coltelli. Vengono discussi gli ultimi dettagli, viene stabilita una data per il colpo (ricorderete che, nella speranza di mettere le mani su qualche sgherro della Fratellanza, i tre compari stanno fingendo di voler assoldare dei professionisti che appicchino il fuoco ad un fondaco) e soprattutto viene discussa una nuova clausola: i Nostri, in qualità di committenti, saranno presenti al rogo e prima che questo inizi si prenderanno metà dei beni immagazzinati, vale a dire stoffe e tessuti. Ciò aumenta il costo dell’operazione, ma approfittando della suddivisione del pagamento (metà adesso e metà dopo il lavoro), i nostri amici sono in grado di reggere il bluff e di trovare un accordo soddisfacente con il mezzano.
La mattina successiva il gruppetto si reca a far visita a Corrado Corner, l’ufficiale dell’Inquisizione conosciuto qualche tempo addietro. L’intera faccenda del rogo viene rivelata in quasi ogni dettaglio, i Nostri incassano la gratitudine del nobiluomo e trovano anche un posto nel piano di costui per arrestare gli sgherri della Fratellanza che prenderanno parte alla vicenda. Giuseppe è in particolare soddisfatto della piega che stanno assumendo gli eventi: lo spadaccino vorrebbe infatti avere notorietà in città e diventare un eroe di Vindizia. Per poter campare di rendita, s’intende.

Dietro insistenza di Ghiso, il quale vuole vederci chiaro nelle disordinate notizie riportate da Orlando l’acchiappatopi (di seconda classe), secondo le quali Piso, il cugino che va da tempo cercando, è vivo e tenuto prigioniero da qualcuno, ci si reca quindi in Calle dei Ratti, dove gli acchiappatopi cittadini hanno la loro sede. Nell’edificio pericolante e fatiscente, tra l’assordante abbaiare di cani piccoli ma cattivi (un geniale retaggio di WFRP) e il fetore di topi morti, il trio apprende che Orlando è in giro per Vindizia a fare il suo mestiere, e quindi occorrerà tornare un’altra volta. Tocca quindi a Duccio, che guida i compari verso la bottega di Renzo il conciatore (un contatto del giovane mercante) e qui acquista a buon prezzo un corpetto imbottito che potrà in futuro proteggerlo da qualche lama insidiosa, o almeno così si spera.
La sera è nel frattempo scesa sulla città, le cui vie sono affollate di gente che festeggia il carnevale, periodo di bagordi, eccessi e follie che andrà avanti fino alla fine del mese. A distinguersi in tali sfrenate attività sono i nobili locali, e nessuno si sorprende quando un gruppetto di questi, tutti mascherati ed evidentemente alticci, incrocia la strada dei Nostri e sprezzantemente intima loro di cedere il passo. Ghiso e Giuseppe non sembrano avere nulla in contrario, ma il focoso Duccio, offeso dai modi arroganti dei giovani patrizi, inizia un battibecco che in breve porta all’uscita dal fodero di diverse spade. Il caporione della masnada in maschera sfida a duello il primo che si trova davanti, che guardacaso è Giuseppe (il quale, tra i suoi Istinti, ha “Non rifiutare mai una sfida”: delizioso), e mentre i due, armi in pugno, cominciano a studiarsi, da uno dei vicoli sbuca fuori, affannato e pallido in volto, Gualterio Neratesta! Viene fuori che l’avversario di Giuseppe è Cristoforo, figlio del potente Egidio Volpe, forse il nobile più in vista di Vindizia, e il sicario di Trinacria, incaricato della protezione dell’imprudente rampollo, cerca ora di persuadere il Nostro a non combattere; purtroppo invano: Cristoforo vuole che il duello abbia luogo, e Neratesta può solo digrignare i denti e pregare la Luce Misericordiosa che non accada nulla al figlio del suo datore di lavoro.
Con grande sorpresa di tutti, nel giro di poche stoccate il giovane Volpe riesce a graffiare per ben due volte lo spadaccino zenovese, complici un mio errore nella gestione del combattimento e l’ottima lama brandita dal ragazzotto, e il Nostro, anche dietro disperata insistenza di Neratesta, accetta di dichiararsi sconfitto. Il duello ha così termine senza il tanto temuto spargimento di sangue blu, e la comitiva di festaioli si può allontanare alla volta di nuovi bagordi.
Resta però da dire del tentativo di Duccio di attaccare briga con qualche altro membro della mascherata. Inizialmente tutti gli astanti erano troppo interessati alla sfida per dare corda al nostro amico, e anche a duello finito questi non riesce nel suo intento di provocare una rissa. Frustrato e desideroso di sfogare il suo desiderio d’azione, Duccio decide a questo punto di sedurre la bella Iole, la sua amata.
È un colpo da maestro.

Iole è la figlia di Mastro Vieri, il capo della famiglia Ridolfi divenuto quasi un padre per il Nostro; tra i due giovani è nato un proibito amore, minacciato dal fatto che Iole è destinata ad un matrimonio d’interessi con qualche ricca (e magari nobile) famiglia vindiziana. Duccio ha tra i Belief quello di sposare la sua bella, anche contro il volere del padre, e adesso ha deciso che è giunto il momento di superare i casti gesti d’affetto ai quali è stato costretto a limitarsi: il fiorenzano vuole infilarsi sotto le lenzuola di Iole, ed è pronto ad utilizzare ogni sotterfugio per raggiungere il suo intento. Si tratta di un tiro di Seduzione, arte nella quale Duccio non è purtroppo molto versato, ma questo riesce comunque a raggranellare un paio di dadi aggiuntivi grazie ad una bottiglia di vino buono e alla lettura di alcuni versi (con ogni probabilità la leggenda di Tristano e Isotta). Servono 4 successi ma Duccio ne ottiene solo 3, pur utilizzando un punto di Fato (dadi traditori!): proprio quando l’atmosfera comincia a scaldarsi, i due innamorati vengono fatti sobbalzare da un rumore. È Cagliostro, il micio di casa, entrato di soppiatto nella stanza. Iole a questo punto è spaventata e insiste perché il suo amato se ne vada, nonostante il Nostro faccia di tutto per rassicurarla, e alla fine Duccio si ritrova sulle scale, solo, a maledire la sfortuna e i gatti impiccioni.
E mentre cerca di sbollire la collera si accorge di non essere davvero solo: da pochi passi di distanza lo sta osservando infatti uno dei servitori di casa, il quale ha visto tutto e ora promette di tacere solo se Duccio s’impegna a ricambiare il favore in futuro. Il nostro amico accetta a denti stretti, ma segretamente medita già su come sbarazzarsi dell’impudente servo (e ci scrive un Belief sopra! Eccezionale!).

Trascorre un paio di giorni tranquilli, se si esclude il carnevale che furoreggia, e passiamo così alla sera dell’8 febbraio, la sera della trappola ai danni della Fratellanza dei Coltelli. Come convenuto con Corner, i Nostri si ritrovano con una squadra di guardie travestite da camalli, e con queste si recano al fondaco destinato a bruciare. Gli sgherri della Fratellanza sbucano come ombre dai loro nascondigli, e dopo un breve abboccamento con i Nostri si mettono al lavoro. L’accordo è che i criminali svuotino il fondaco e dividano la mercanzia in due mucchi, uno dei quali potrà essere quindi portato via dai nostri amici; ad operazione compiuta, però, Duccio insiste per controllare che il cumulo di stoffe e tessuti di propria spettanza non contenga merce di minor valore dell’altro, e qui nasce un battibecco con il malvivente incaricato di gestire la faccenda, un tizio di mezz’età dalla barba sfatta e grigia e dall’aria imperiosa. Ghiso e Giuseppe si fanno avanti per spalleggiare il loro compare, e nella confusione Duccio accende una torcia e comincia ad esaminare il carico. Il capo degli sgherri è però un osso duro e non si lascia impaurire: il tiro per intimidirlo non riesce, e in seguito al fallimento descrivo ai giocatori come la torcia di Duccio venga dagli agenti dell’Inquisizione erroneamente interpretata come un segnale, e la trappola scatti quindi troppo presto. Due membri della Fratellanza vengono uccisi e uno catturato, ma gli altri riescono a dileguarsi prima che le guardie li acciuffino; il loro capo, però, viene abilmente placcato e immobilizzato da Giuseppe e Ghiso, che lo affidano quindi alle autorità. Pensavo, a dire il vero, che se lo sarebbero tenuto per interrogarlo a modo loro, ma è anche vero che l’Inquisizione conosce metodi assai efficaci di estorcere informazioni…
Corrado Corner è grato ai Nostri della preda che gli viene consegnata, che l’Inquisitore riconosce come Mastino, uno dei fratelli di Molosso Tagliaossa, il capo stesso della Fratellanza, e chiede ai tre come possa compensarli. Giuseppe si fa dare il nome di un artificiere presso il quale possa in futuro comprare armi da fuoco e materiale affine (lo consideriamo un Named Circle, e quindi Giuseppe avrà 1D di vantaggio quando vorrà reperirlo); Ghiso e Duccio scelgono invece ciascuno un bel rotolo di stoffa pregiata, equivalente ad 1D di Contante.
Soddisfatti dei risultati raggiunti (sebbene Corner li abbia messi in guardia dalle sicure ritorsioni future ad opera della Fratellanza dei Coltelli), i Nostri rincasano tutti contenti.

La mattina seguente Duccio prova con scarso successo a ricavare più denaro possibile dalle stoffe recentemente acquisite, ma Mastro Vieri, con il quale ha l’ardire di trattare, lo straccia senza difficoltà e il Nostro si deve accontentare di ciò che gli viene offerto. Ghiso dona invece il suo bottino a Valeria, la sua compagna, rinunciando così a farci dei soldi (e quindi ad utilizzare il suo Tratto venale, che, se adoperato in questo modo, gli avrebbe anche fruttato un punto di Fato).
I Nostri si ritrovano quindi allo Sgombro che Salta, e qui Duccio ha un’offerta per i suoi compari, in cambio di un adeguato pagamento: Arturo, il servitore che ha visto il giovane fiorenzano assieme alla figlia del suo padrone, deve essere convinto a lasciare Palazzo Ridolfi e a non farsi più vedere. La proposta viene accettata e messa in atto, ma Arturo, pur inquietato dal brutto incontro con Ghiso e Giuseppe in un vicolo buio, non si lascia spaventare e non intende abbandonare il proprio lavoro. Duccio chiede a questo punto che il servo venga eliminato, ma Giuseppe si tira indietro, rinunciando al pagamento, e il mercante decide di fare da sé, pur con il discreto aiuto di Ghiso.
Quest’ultimo, prima dell’agguato, fa una volta ancora visita alla sede degli acchiappatopi, in Calle dei Ratti; Orlando è in loco, ma Ghiso si rende conto che non riuscirà ad ottenere informazioni più dettagliate (se non ricordo male si parla di un tiro di Intimidire, che richiedendo però 3 successi con un esponente d’abilità di 2 viene considerato troppo svantaggioso e quindi evitato).
E arriviamo quindi al tentativo d’assassinio (del resto si sa che a Vindizia l’immoralità regna sovrana, giusto?). Duccio e Ghiso si nascondono lungo la via nell’attesa che Arturo, come d’abitudine, passi di lì. Decidiamo di risolvere la questione con un tiro di Discreto (per nascondersi) collegato ad uno di Spada; a quest’ultimo la vittima opporrà la propria Velocità. Nonostante l’aiuto di Ghiso, che sa come rendersi invisibile in un vicolo oscuro, Duccio viene avvistato dal servitore ormai perennemente allerta (specialmente dopo le minacce ricevute da parte di Giuseppe): ciò comporta una penalità al tiro di Spada, che non ottiene quindi che un pareggio contro la Velocità della povera preda. Eccellente.
Procedo quindi a descrivere come Duccio raggiunga la sua vittima e la infilzi, purtroppo non prima che questa lanci uno straziante grido e attiri così l’attenzione della gente mascherata che folleggia in una calle vicina. Arturo cade al suolo morto, ma i nostri sanguinari amici devono darsela a gambe, inseguiti da una pattuglia di guardie! Ghiso prova a seminare gli sbirri ma fallisce il tiro contrapposto di Velocità, e viene così raggiunto e catturato; Duccio cerca di mischiarsi alla folla, ma la fortuna non gli arride e le guardie lo riconoscono con facilità, mettendolo subito in manette.
Ahi ahi. E ora?


È un ottimo punto per fermarci, e dopo la distribuzione dell’Artha (Fato, come al solito, ma stavolta c’è anche almeno un punto di Persona a testa: tutti per la buona interpretazione dei personaggi, Giuseppe per essere stato il “cavallo da soma” delle ultime sessioni e Duccio per aver, dopotutto, raggiunto l’obiettivo di eliminare Arturo) ci dedichiamo alla votazione dei Tratti. Questo è un procedimento di voto collettivo tramite il quale è possibile che un personaggio perda uno o più Tratti, mai comunque senza l’approvazione del giocatore, e che ne acquisisca di nuovi. L’unico cambiamento è l’abbandono del Tratto crudele da parte di Ghiso, e per il resto lasciamo tutto così com’è.

giovedì 25 dicembre 2014

Burning Vindizia - sessione 4

Vindiziani e non...
a tutti un Buon Natale!
I PROTAGONISTI
Duccio Ridolfi, un mercante di tessuti fiorenzano
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

Sessione assai produttiva ieri sera, sebbene mancassero due giocatori e ne avessimo uno nuovo… nuovo a Burning Wheel, sì, ma non certo a Vindizia, essendo stato parte del gruppo originale che un paio d’anni fa cominciò a muovere i primi passi tra le calli e i canali della città!
Inizio quindi proprio dal suo personaggio. Duccio Ridolfi è un Fiorenzano che vive da diverso tempo a Vindizia, dove è giunto al seguito di Mastro Vieri (quasi un padre adottivo per il giovane mercante) e della di lui figlia Iole, assieme alla quale il Nostro vive un’impossibile storia d’amore. Duccio è però determinato a condurre all’altare la gentile fanciulla, la quale è dal padre destinata ad un matrimonio d’affari con qualche potente e ricca famiglia vindiziana. Nella città lagunare opera peraltro anche Amedoro Peruzzi, rivale senza scrupoli dei Ridolfi e segnatamente proprio di Duccio; dal contrasto tra le due schiatte mercantili scaturiranno senz’altro scintille.

Iniziamo l’avventura lì dove l’avevamo interrotta la volta scorsa, e cioè nel cantiere navale semiabbandonato ove i Nostri hanno appena sventato un nuovo agguato della Fratellanza dei Coltelli. Duccio è proprio una delle due persone che il gruppo andava cercando: un noto oppositore del Maestro Nero; decidiamo che Ettore debba tornare ai propri… affari amorosi e si dilegui, e da qui andiamo avanti.
Ferrante, che assieme a Duccio si nascondeva nel cantiere navale, viene da Giuseppe “persuaso” (un tipo di persuasione che si avvantaggia di un cipiglio truce e di nemmeno troppo velate minacce) a dimenticarsi dei nomi e dei volti dei nostri amici, e quindi viene lasciato tornare, terrorizzato e tremebondo, alla propria famiglia. Duccio invita i suoi salvatori ad accompagnarlo al palazzo dei Ridolfi, dove Ghiso e Giuseppe vengono presentati a Mastro Vieri e non trovano di meglio da fare che mettersi a mercanteggiare sulla ricompensa loro offerta per aver ricondotto a casa il giovane Fiorenzano. I due sono in effetti molto attaccati al denaro (specialmente Giuseppe, da buon Zenovese), e il loro tentativo è più che legittimo; peccato solo che l’esperto Mastro Vieri, che sa tirare sul prezzo come pochi, li demolisca in quattro e quattr’otto (e cominci anche a nutrire una sorta di cordiale antipatia per i due venali compari). A Giuseppe viene quindi offerto un letto per la notte, mentre Ghiso se ne torna a casa portando con sé un cartoccio di leccornie che Duccio gli ha voluto a tutti i costi dare in dono.

Il giorno dopo fa visita allo Sgombro che Salta, dove i Nostri si ritrovano abitualmente, Orlando, un acchiappatopi “di seconda classe”, accompagnato dal suo cagnaccio Dante (sì, si tratta di uno dei protagonisti della prima campagna vindiziana, che qui mi viene benissimo usare come contatto per il gruppo); questi rivela in via confidenziale a Ghiso che Piso, il cugino che il Nostro ha giurato di ritrovare (nonché egli stesso compagno d’avventure di Orlando) è vivo e tenuto prigioniero da qualcuno non meglio identificato. Le informazioni sono molto lacunose, ma si parla di un possibile scambio di prigionieri che potrebbe mettere Piso nuovamente in libertà. Il racconto di Orlando turba non poco Ghiso, il quale decide però di volersi per ora concentrare sulla lotta contro il Maestro Nero, e mentalmente rimanda la faccenda ad un momento più propizio.
Il resto della mattinata viene impiegato nella ricerca di un conciatore che abbia qualche debito nei confronti dei Ridolfi e che sia disposto a riparare gratis il corpetto imbottito da Giuseppe recuperato la scorsa sessione (e ad aggiungerci un paio di maniche). È così che spunta fuori il nome di Renzo: Duccio fa un ottimo tiro di Circles e ottiene così di dare un nome al conciatore (e di avere un bonus ogni volta che vorrà contattarlo in futuro). Tornando quindi all’idea di rintracciare Monaldo, l’ideatore della riunione che avrebbe dovuto coordinare gli sforzi dei nemici del Maestro Nero e che invece fu sanguinosamente interrotta dalla Fratellanza dei Coltelli, i Nostri (dopo che si è parlato un po’ della questione e anche io ho avuto l’occasione di dire la mia) stabiliscono di rivolgere i propri sforzi in direzione della Fratellanza stessa, che dopotutto ha già cercato ben due volte di accopparli! Dividendosi i compiti, i nostri amici decidono che Duccio, fingendo di voler assoldare qualcuno al fine di bruciare il magazzino di un rivale, cercherà un modo di contattare la Fratellanza, mentre gli altri due proveranno a trovare un affiliato della stessa, un pesce piccolo che sia però in grado di fornire qualche informazione utile, non necessariamente in modo spontaneo. Ci si prende tutto il tempo possibile e si ungono le ruote con abbondante esborso di denaro (operazione durante la quale Giuseppe riesce ad aumentare le sue Risorse da 0 a 1), e a sera del giorno seguente si tirano i dadi.

Duccio, abile nel far fruttare le proprie molteplici conoscenze, scopre che il modo abituale per contattare la Fratellanza dei Coltelli passa attraverso l’oste del Pesce Bollito, una bettola assai malfamata. Ghiso e Giuseppe, invece, falliscono il tiro nonostante la statistica li desse per favoriti: il primo dei due viene avvicinato da uno dei Contrabbandieri di Chiaggia, organizzazione alla quale è affiliato, e i cui contatti ha utilizzato durante la sfortunata ricerca. I Contrabbandieri temono che le indagini di Ghiso finiscano per metterli in contrasto con la Fratellanza dei Coltelli, e ritirano ogni supporto al Nostro, adducendo anche problemi interni. Per tornare a godere dei vantaggi dell’affiliazione Ghiso dovrà in futuro chiarire la faccenda.
Resta comunque la pista scoperta da Duccio, e senza por tempo in mezzo i tre compari si recano al Pesce Bollito. Qui un breve colloquio con l’oste porta ad un’attesa di un paio d’ore, e finalmente un tizio guercio dall’aria sufficientemente losca li avvicina, dichiarando di poterli mettere in contatto con i “professionisti” che vanno cercando, ma al contempo studiandoli con attenzione, forse per capire se si tratti di spie o agenti dell’Inquisizione della Repubblica. Giuseppe e Ghiso sono però dei duri e ne danno ampia dimostrazione (e Giuseppe riesce pure ad alzare l’abilità Intimidire da 3 a 4), fugando ogni dubbio dell’intermediario e arrivando addirittura a parlare dei costi dell’operazione. Il guercio mezzano si allontana nella notte per recare l’offerta ai suoi criminali associati, e i Nostri, sperando di venire condotti ad uno dei covi della Fratellanza dei Coltelli, provano a seguirlo. E siccome nessuno di loro ha la minima idea di come ci si muove in silenzio, ovviamente falliscono! La loro preda li semina con imbarazzante facilità, conscia di essere pedinata, e Duccio, Ghiso e Giuseppe si ritrovano a girovagare senza meta per le calli fredde e deserte di Vindizia.

La mattina successiva, consapevoli a questo punto di dover portare avanti la finzione se vogliono trovare la Fratellanza, i nostri amici affrontano Mastro Vieri per chiedergli un sostegno economico: abbiamo stabilito che il prezzo dell’incendio sarà un tiro di Risorse a Ob3, e nessuno dei tre ha denaro sufficiente alla bisogna. Il ricco mercante è però un osso duro, non particolarmente propenso a correre rischi, e ci sembra che sia giunto il momento adatto ad un bel Duel of Wits. L’argomento dei Nostri suona più o meno come «Ci sosterrete nel nostro piano e ci fornirete i soldi necessari», mentre Mastro Vieri replica con «Si tratta di una manovra troppo rischiosa. Non vi aiuterò». Un’astuta combinazione di finte, asserzioni e confutazioni riesce contro ogni previsione a far sì che entrambe le Argomentazioni vengano portate a zero nello stesso scambio, nonostante il mercante partisse avvantaggiato, e ciò comporta un compromesso maggiore. La soluzione migliore ci sembra che Mastro Vieri fornisca con riluttanza una parte del contante, concedendo il resto solo in prestito, con la pretesa di essere ripagato entro un mese. È un compromesso piuttosto vantaggioso per i Nostri, lo so, ma mi piace molto l’idea che adesso i personaggi siano debitori di 2D di contante, che dovranno in qualche modo racimolare. E un mese passa in fretta!


Qui terminiamo il gioco, e concludiamo con la distribuzione dell’Artha: ciascuno dei tre riceve un paio di punti di Fato, mentre Giuseppe ne ottiene anche uno di Persona per aver raggiunto il suo scopo di “Aumentare le proprie Risorse”. Resto un po’ incerto fino all’ultimo sulla validità di questo obiettivo, ma alla fine decido che allo stadio in cui siamo di apprendimento del sistema un po’ di generosità non può far male…

venerdì 19 dicembre 2014

Burning Vindizia - sessione 3

Il torvo Gualterio Neratesta!
Fonte: perezreverte.com
I PROTAGONISTI
Ettore Dellago, un affascinante seduttore
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

Per questa sessione siamo di nuovo privi del giocatore di Federico, che ci immaginiamo (Federico, non il giocatore) impegnato a scoprire chi abbia provocato la rovina della sua casata.
È il 31 di gennaio. Ettore, Ghiso e Giuseppe si ritrovano come al solito presso lo Sgombro che Salta e partono direttamente alla volta dei cantieri navali della città, dove pare si nascondano due degli scampati al fatidico agguato di qualche sera prima; ciascuno dei giocatori ha (assai saggiamente) riveduto i propri Belief in modo da averne almeno uno legato a questa missione, e il gruppetto trascorre l’intera giornata sbirciando qua e là tra gli squeri e le navi in costruzione, nella speranza di adocchiare i due elusivi sopravvissuti. Purtroppo invano: si decide di confidare sulla Percezione in modo da potersi guardare discretamente attorno senza attirare troppo l’attenzione, ma, nonostante il tiro non sia particolarmente difficile (Ob3 con 6 o 7D, se ricordo bene; ergo: 3 successi necessari tirando 6 o 7 dadi) i Nostri falliscono nella loro ricerca. Durante il loro girovagare i tre compari notano una cartomante al lato della strada, che li invita a farsi leggere la fortuna; soltanto Ettore accetta l’offerta, e la donna gli predice che «Sarà circondato da molto amore, ma dovrà tenere la testa salda in tutto quel vorticare di sentimenti». L’affascinante rubacuori è ben felice di una simile profezia, e già pensa a come allargare il suo giro d’affari.
Di ritorno allo Sgombro, però, i nostri amici hanno una brutta sorpresa. Valeria (la compagna di Ghiso), infatti, ha ricevuto la visita di uno sconosciuto nerovestito che, da quanto riferisce la spaventata ragazza, ha formulato qualche minaccia all’indirizzo di Ettore e di Valeria stessa, che farà bene «A stargli lontano». Si sospetta subito trattarsi del losco Gualterio Neratesta, nemico giurato di Giuseppe, e ci s’interroga sul significato della sua presenza allo Sgombro. Ghiso deve peraltro pensare anche alla sua compagna, la quale non è affatto felice di tutti i guai in cui il Nostro si sta recentemente cacciando.

La mattina seguente Ghiso e Giuseppe, che fanno colazione nell’attesa dell’arrivo di Ettore, vengono raggiunti da un giovane ben abbigliato, il quale dichiara di essere un servitore di Costantina Vendramin. È questa una nobildonna locale nonché cliente di Ettore, e pare avere deciso di essere stanca della propria vita solitaria: la signora ha infatti stabilito di voler sposare il bel casanova, e a tal fine chiede l’aiuto degli amici di quest’ultimo. Ghiso e Giuseppe ricevono entrambi una borsa di denaro, con la promessa di elargizioni assai più generose quando il matrimonio sarà stato celebrato. Ai due non par vero di sentir parlare di quattrini, e per l’utilizzo dei loro rispettivi Tratti Venale e Mercenario ricevono un punto di Fato a testa.
L’ignaro Ettore incrocia il servitore sulla porta senza riconoscerlo, e il gruppetto, dopo una breve riunione, riprende a battere le vie e le calli della città, cercando stavolta di trovare altre persone che si oppongano al sinistro Maestro Nero, il negromante al cui nome tutta Vindizia trema. Occorre menzionare qui la prudenza di Giuseppe, che segue i suoi amici a distanza per determinare se qualcuno li stia pedinando o si stia interessando alle loro ricerche; il tiro però fallisce (non mi ricordo se abbiamo utilizzato Osservare o Percezione), e la situazione sembra tranquilla. Dopo una mattinata così trascorsa (purtroppo nuovamente invano: i dadi non sono molto collaborativi) il terzetto vuole riprovare a stanare gli altri due sopravvissuti già cercati il giorno prima (i loro nomi sono Ferrante e Duccio; quest’ultimo è un Fiorenzano). Ritengo che l’intento sia valido nonostante il precedente tentativo fallito, in quanto stavolta si proverà a convincere qualche maestro d’ascia a fornire informazioni utili, puntando così sulla Persuasione (arte della quale Ettore è un vero esperto). Manco a dirlo, il tiro fallisce, e io già pregusto le complicazioni che ammannirò ai miei giocatori.

Presso uno dei cantieri i Nostri osservano l’arrivo di una chiatta riccamente addobbata che trasporta un gruppetto di persone. È chiaramente visibile lo stemma dei Volpe, una famiglia patrizia della città, e quando il piccolo corteo prende terra Giuseppe si accorge immediatamente che ne fa parte anche Gualterio Neratesta, il suo arcinemico. Ettore, sempre sgargiante e al centro dell’attenzione, si fa ovviamente notare anche stavolta (guadagnandosi un punto di Fato), ed è così che lo stesso Gualterio riconosce Giuseppe e i suoi amici; gli occhi di entrambi gli spadaccini scoccano scintille, ma la situazione non è certo propizia ad un regolamento di conti.
Si decide che sia d’uopo saperne di più sia sulla presenza del sicario di Trinacria che su quella di un Volpe (che non poi è altri che Egidio, il potentissimo e ricchissimo capo della casata), e così i baldi compari si spartiscono i compiti: Giuseppe, spalleggiato da Ettore, scambia qualche chiacchiera innocente con uno dei servitori al seguito del patrizio, e viene a sapere che Gualterio è da qualche giorno al servizio del nobiluomo in qualità di guardia del corpo; qualche dettaglio, come il vanto che Neratesta fa del suo essere, a proprio dire, il miglior spadaccino di Vindizia e il suo spregio del pesto zenovese («Un intruglio immangiabile») non fanno che alimentare le fiamme dell’odio nel cuore di Giuseppe (ma gli fruttano anche il primo test per l’apertura dell’abilità di Persuadere). Ghiso, nel frattempo, è abilmente penetrato nel cantiere e può osservare da vicino Volpe, intento a commissionare la costruzione di un paio di nuove imbarcazioni mercantili, e la sua scorta, che contrariamente a quanto ci si aspettava non si comporta in modo sospetto.

Dopo la partenza del corteo i Nostri tornano alla loro ricerca. Il tiro era fallito, sì, ma i tre trovano comunque qualcuno che generosamente li mette sulla buona pista: pare che in uno dei vecchi squeri si nasconda un paio di persone. Che si tratti di Ferrante e Duccio?
Sono proprio loro. Ci si avvicina con tutte le precauzioni per non spaventare i due fuggiaschi, ma quando sembra che la situazione sia sotto controllo e i due sono stati convinti della buona fede dei nostri amici, ecco comparire puntuali i sicari della Fratellanza dei Coltelli. Mai fidarsi della generosità del Master!
Ghiso e Giuseppe superano il loro tiro di Osservare e si accorgono quindi della presenza degli avversari prima ancora che questi si rivelino, ma altrettanta fortuna non hanno né Ettore né gli altri infelici testé conosciuti: costretti ad un tiro di Steel (che un tempo avevo tradotto con “animo”, ma probabilmente corrisponde di più a “nervi d’acciaio”), tutti e tre lo falliscono; uno resta lì impalato, un altro si dà urlando alla fuga e il terzo si getta a terra implorando pietà. Uno spettacolo penoso.
Ghiso e Giuseppe, però, mantengono la calma, ed estratte le armi si preparano a respingere i loschi sgherri di Molosso Tagliaossa (il temuto capo della Fratellanza dei Coltelli). È la prima volta che utilizziamo le regole di combattimento complete, e quindi procediamo un po’ a rilento per capire bene come funziona il sistema. E tutto procede liscio come l’olio. Nel giro di poche stoccate i nostri due eroi hanno steso un sicario (trafitto da Ghiso) e ne hanno volto in fuga un altro (il cui corpetto imbottito lo ha miracolosamente salvato – e più di una volta – dalla lama di Giuseppe). Stupefatti da una resistenza così letale, i restanti bruti esitano un istante e quindi provano ad uccidere Ferrante e Duccio, tuttora incapaci di difendersi. La connessione internet del giocatore di Ettore a questo punto lo molla di colpo, e per semplificare le cose decidiamo di terminare il conflitto con un semplice tiro, che si risolve in un pareggio. Gli scagnozzi non riescono nel loro intento, e i Nostri li mettono in fuga senza però riuscire a catturarne o ucciderne altri. Giuseppe s’impossessa del corpetto di cuoio del morto e qui interrompiamo la sessione.


Oltre a qualche punto di Fato, ciascuno dei tre riceve anche un punto di Persona per essere riuscito nell’intento di trovare i sopravvissuti (e anche di aver salvato loro la vita), e ora vedremo dove ci condurranno gli eventi. La prossima sessione, complici le feste natalizie, verrà giocata alla vecchia maniera: tutti seduti attorno allo stesso tavolo; e chissà che in quei giorni di cene e bagordi non ce ne scappi anche una seconda…

martedì 16 dicembre 2014

Burning Vindizia - sessione 2

A Vindizia ci sono ratti di ogni forma e dimensione...
e non tutti sono amichevoli!
I PROTAGONISTI
Ettore Dellago, un affascinante seduttore
Federico Tiepolo, uno scudiero ridotto in miseria
Ghiso Calabraga, un poco di buono dall’animo gentile
Giuseppe de’Ferrai, un ambizioso spadaccino ligustico

Ettore, Ghiso e Giuseppe, i tre protagonisti della scorsa sessione, decidono di mettersi sulle tracce del misterioso figuro che li aveva pochi giorni or sono avvicinati per invitarli alla fatidica riunione. Quest’individuo, che risponde al nome di Monaldo, è, come i Nostri hanno di recente scoperto, un agente del Maggior Consiglio; la sua abitazione dovrebbe trovarsi nella zona del Tempio dello Zelota, e qui il gruppetto dirige lesto i propri passi. Li segue circospetto Federico Tiepolo, anch’egli presente all’incontro organizzato da Monaldo e anch’egli evidentemente scampato alle lame della Fratellanza dei Coltelli; lo scudiero male in arnese vorrebbe saperne di più sul diabolico agguato al quale è riuscito a malapena a sfuggire, e alla prima occasione avvicina i nostri amici per essere ragguagliato sulle loro vicende e sui loro progetti. Dopo qualche iniziale diffidenza Federico (che è pur sempre un fiero oppositore del famigerato Maestro Nero) viene accolto nei ranghi della piccola compagnia, e i quattro proseguono quindi verso la propria meta.
Qualche indagine, condotta in modo discreto, porta all’individuazione dell’alloggio del misterioso Monaldo, che vive nel sottotetto di una semplice casa il cui ingresso dà su una stretta calle. Dopo un esame della zona alla ricerca di eventuali entrate secondarie, Ghiso decide di tentare la scalata della grondaia, e, agile come un gatto, raggiunge il tetto dell’edificio e vi s’inoltra passando per un abbaino rimasto socchiuso. Sono ormai però calate le tenebre su Vindizia (nella nostra campagna è il 29 di gennaio e fa buio presto), e i Nostri si rendono conto di aver bisogno di qualche fonte di luce: Ghiso esplora l’alloggio di Monaldo alla ricerca di una candela, mentre il disinvolto Federico, spalleggiato da Giuseppe, meno ciarliero ma a suo modo molto convincente, riesce a farsi regalare un moccolo dall’oste di una vicina taverna.
Il coraggioso Ghiso scopre intanto che il padrone di casa è assente, e dopo essersi guardato un po’ in giro conclude che qui non ci sia nulla d’interessante; muovendosi con cautela, il nostro amico scende la scala interna e apre il portone che si affaccia sulla calle dove lo aspettano i suoi compari. In quel preciso istante, però, dall’imboccatura del vicolo si avvicina speditamente una figura di donna, non alta ma dal piglio estremamente deciso: costei apostrofa duramente uno dei membri del gruppetto, chiamandolo “poco di buono” e “vergogna della famiglia”. Ghiso e Giuseppe già guardano divertiti Ettore, pensando che si tratti di qualche sua bella, ma è presto evidente che la giovane dama si stia rivolgendo a Federico, il quale si limita peraltro a balbettare qualcosa senza dare cenno di voler reagire. Si tratta di Arielle Tiepolo, sorella del Nostro ma di certo non sua amica.

Ai tentativi di placarla con ammiccamenti (Ettore) e parole concilianti la ragazza risponde con una serie di sferzanti insulti che hanno rapidamente la meglio sulla pazienza di Ghiso e Giuseppe: senza che faccia a tempo a mettere mano alla spada che porta al fianco (una rarità, per una gentildonna vindiziana), Arielle viene afferrata e gettata nel vicino canale, mentre suo fratello resta stupefatto dal repentino svolgersi della scena. I quattro compari decidono a questo punto di filarsela prima che le grida della nuotatrice suo malgrado mettano in allarme l’intero vicinato, e si dileguano nella notte. Federico non è affatto contento del trattamento riservato alla sua congiunta, ma Ghiso rincara la dose e dichiara che la prossima volta che verrà insultato in questo modo passerà la giovane a fil di spada (ed ecco un altro risvolto interessante! Contempliamo brevemente l’opportunità di un Duel of Wits tra Ghiso e Federico, ma decidiamo per ora di soprassedere. L’intera scena è stata molto divertente, e tutto ciò mi fornisce ottimo materiale per le complicazioni future…).
Il gruppetto si disperde per il riposo notturno (Giuseppe e Ghiso a casa di quest’ultimo, Ettore e Federico in una locanda) con l’intenzione di ritrovarsi la mattina seguente al fine di riprendere le ricerche dell’elusivo Monaldo.

Il giorno successivo, sotto una fredda e fastidiosa pioggia che si abbatte incessante sulla laguna, i Nostri stabiliscono di dividere le forze: Ettore e Ghiso battono i templi e le istituzioni caritatevoli nella speranza d’incappare nel cadavere di Monaldo, che ci s’immagina essere stato ucciso, buttato in qualche canale e magari ripescato da una mano pietosa. Giuseppe e Federico, invece, si mettono in caccia degli altri sopravvissuti all’agguato della Fratellanza dei Coltelli, e, dopo una giornata di ricerche, vengono a sapere che due superstiti hanno lasciato la città, mentre altri due si nascondono nella zona dei cantieri navali.
Ettore e Ghiso, nel frattempo, non sono riusciti a cavare un ragno dal buco; stanno tornando mogi allo Sgombro che Salta quando vengono fermati in un vicolo da due strani tizi di bassa statura, con i volti nascosti da grandi cappucci e con una stranissima parlata «Lascia stare i morti-morti, uomo-uomo! Squit!»
Ettore, spazientito, apostrofa i due chiamandoli “topi”, e immenso è lo stupore dei Nostri quando gli interpellati reagiscono sfoderando lunghi coltelli e squittendo allarmati: «Sa tutto! Uccidi-uccidi!!». Nel vorticare di mantelli e lame Ettore e Ghiso sono quasi certi di vedere anche due lunghe code glabre, ma non è tempo per la contemplazione: il bel seduttore fugge a gambe levate, facilitato dal suo amico che, con una stoccata tempestiva, ferisce uno degli assalitori. Questi inciampano l’uno nell’altro e permettono così anche a Ghiso di scomparire tra le calli di Vindizia. Quando i nostri amici si ritrovano s’interrogano sulla natura dell’inaspettato (e pericoloso) incontro che hanno fatto, e una volta raggiunto lo Sgombro non perdono tempo a mettere anche Giuseppe e Federico al corrente dell’accaduto.

Con questo si conclude la nostra seconda sessione di Burning Vindizia. Si è trattato per alcuni versi di una serata inusuale: c’erano ben quattro giocatori, cosa che richiede nell’utilizzo di Hangouts un po’ di accortezza per evitare di togliere involontariamente la parola agli altri; ma soprattutto mi sono trovato a giocare privo di tutto il materiale di gioco relativo a Vindizia e ai preparativi che avevo fatto per i personaggi, andati perduti nella criminale formattazione del disco rigido del mio computer ad opera di chi avrebbe dovuto invece salvare tutti i documenti che conteneva. Una storia molto triste.

Ciononostante, la campagna sta prendendo forma attraverso i suoi protagonisti, e tutti quanti ci stiamo ormai muovendo tra le regole di BW con un po’ più di familiarità. A questo punto sono proprio curioso di conoscere le intenzioni dei miei giocatori, e siccome la prossima sessione è prevista per domani sera non dovrò attendere ancora a lungo!