A quell’epoca non eravamo certo consapevoli di
tutte le teorie che stavano prendendo corpo all’interno della galassia ludica:
si giocava e basta, e questo ci veniva assai naturale.
Seguendo l’esempio del manuale Base di D&D, le
nostre avventure iniziali avvenivano quasi invariabilmente all’interno dei
dungeon, e quando arrivò il set Expert, che poneva invece l’accento sull’esplorazione
delle terre selvagge e sulla loro conquista, ci sembrò che il dungeon altro non
fosse che una prima fase, un bozzolo dal quale il gioco doveva uscire per
svilupparsi completamente. Restò quindi nell’aria quest’idea che i giocatori “maturi”,
“esperti” dovessero lasciarsi indietro i cunicoli per avventurarsi nel più
vasto mondo, e anche negli anni successivi mi capitò spesso di sentire mugugni
e borbottii da parte dei miei amici, quando le avventure li portavano ad una
sessione sotterranea.
Quest’insofferenza (della quale non incolpo
affatto i miei amici, anzi: ero il primo a sentirmi a disagio quando il dungeon
faceva capolino) ci impedì però di apprendere una lezione importante: il
dungeon, tranne rari casi, è un ambiente che concede grande libertà ai
giocatori. Libertà di muoversi a proprio piacimento (o quasi), di scegliere le
aree da esplorare, di gestire le proprie risorse e così via. È insomma, la
prima forma di sandbox, un proto-sandbox che non a caso dovrebbe essere la
palestra tanto dei personaggi di basso livello, quanto dei giocatori e dei
Master (soprattutto di questi ultimi, direi).

Sono andato a rileggermi qualche avventura scritta
negli anni scorsi, e il primo pensiero che ho avuto è stato “ferrovia”
(no, scherzo) “railroad”.
La libertà di scelta dei giocatori è sempre stata
una mia fissazione (ho vessato per anni gli amici con questionari autoprodotti
con i quali cercavo di capire le loro aspettative per la campagna in corso, per
poi decidere semplicemente la trama per conto mio), ma di rado ho saputo
valorizzarla. L’eccezione è stata probabilmente Pendragon, che per sua stessa
struttura non permette nessun tipo di costrizione alle scelte dei giocatori; ed
è probabilmente questo uno dei motivi per cui lo amo tanto.
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Chissà se a Conan piace la sabbia? |
Il dubbio è sorto pochi giorni fa, mentre
contemplavo molto oziosamente la possibilità di scrivere un giorno una campagna
per Blade of the Iron Throne. Sia Vindizia che La Fortezza sono strutturate come
sabbionaie: più urbana la prima, più selvatica la seconda. Come organizzare
però una campagna simile con un gioco di più recente concezione? La sabbionaia
è una categoria applicabile oppure è destinata ad un fallimento preannunciato?
Devo confessare di aver avuto dubbi simili con
Vindizia (non ero sicuro che il sistema di gioco avrebbe sostenuto
efficacemente l’idea di base: le avventure e le campagne pubblicate per WFRP,
per quanto ne so, hanno poco a che fare con la sabbia), ma i fatti sembrano
contraddire i miei timori.
Si tratta senz’altro di una sfida interessante,
anche se non prevedo di potermici dedicare in tempi brevi. Nel frattempo
cercherò di schiarirmi le idee in proposito, e se qualcuno sarà davvero interessato
alle mie elucubrazioni, le troverà su queste pagine!