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martedì 26 febbraio 2013

Prigioniero della sabbia


Il mio ingresso nel mondo dei giochi di ruolo avvenne nel 1986. In era post-Dragonlance, insomma.
A quell’epoca non eravamo certo consapevoli di tutte le teorie che stavano prendendo corpo all’interno della galassia ludica: si giocava e basta, e questo ci veniva assai naturale.
Seguendo l’esempio del manuale Base di D&D, le nostre avventure iniziali avvenivano quasi invariabilmente all’interno dei dungeon, e quando arrivò il set Expert, che poneva invece l’accento sull’esplorazione delle terre selvagge e sulla loro conquista, ci sembrò che il dungeon altro non fosse che una prima fase, un bozzolo dal quale il gioco doveva uscire per svilupparsi completamente. Restò quindi nell’aria quest’idea che i giocatori “maturi”, “esperti” dovessero lasciarsi indietro i cunicoli per avventurarsi nel più vasto mondo, e anche negli anni successivi mi capitò spesso di sentire mugugni e borbottii da parte dei miei amici, quando le avventure li portavano ad una sessione sotterranea.
Quest’insofferenza (della quale non incolpo affatto i miei amici, anzi: ero il primo a sentirmi a disagio quando il dungeon faceva capolino) ci impedì però di apprendere una lezione importante: il dungeon, tranne rari casi, è un ambiente che concede grande libertà ai giocatori. Libertà di muoversi a proprio piacimento (o quasi), di scegliere le aree da esplorare, di gestire le proprie risorse e così via. È insomma, la prima forma di sandbox, un proto-sandbox che non a caso dovrebbe essere la palestra tanto dei personaggi di basso livello, quanto dei giocatori e dei Master (soprattutto di questi ultimi, direi).

La lezione del dungeon mi è molto utile oggi: avendo però riscoperto con gioia le meraviglie del sandbox (ma non c’è un altro modo di chiamarlo? Su internet si suggerisce “sabbionaia” o “sabbiera”, ma il Devoto-Oli non suffraga il termine. Sabbionaia però mi piace) della sabbionaia, mi accorgo che non riesco più a pensare di giocare in modo diverso, come se tanti anni di masterizzazione fossero stati improvvisamente cancellati dalla memoria. Ma com’è che progettavo le campagne fino a ieri?
Sono andato a rileggermi qualche avventura scritta negli anni scorsi, e il primo pensiero che ho avuto è stato “ferrovia” (no, scherzo) “railroad”.
La libertà di scelta dei giocatori è sempre stata una mia fissazione (ho vessato per anni gli amici con questionari autoprodotti con i quali cercavo di capire le loro aspettative per la campagna in corso, per poi decidere semplicemente la trama per conto mio), ma di rado ho saputo valorizzarla. L’eccezione è stata probabilmente Pendragon, che per sua stessa struttura non permette nessun tipo di costrizione alle scelte dei giocatori; ed è probabilmente questo uno dei motivi per cui lo amo tanto.

Chissà se a Conan piace la sabbia?
Il dubbio è sorto pochi giorni fa, mentre contemplavo molto oziosamente la possibilità di scrivere un giorno una campagna per Blade of the Iron Throne. Sia Vindizia che La Fortezza sono strutturate come sabbionaie: più urbana la prima, più selvatica la seconda. Come organizzare però una campagna simile con un gioco di più recente concezione? La sabbionaia è una categoria applicabile oppure è destinata ad un fallimento preannunciato?
Devo confessare di aver avuto dubbi simili con Vindizia (non ero sicuro che il sistema di gioco avrebbe sostenuto efficacemente l’idea di base: le avventure e le campagne pubblicate per WFRP, per quanto ne so, hanno poco a che fare con la sabbia), ma i fatti sembrano contraddire i miei timori.
Si tratta senz’altro di una sfida interessante, anche se non prevedo di potermici dedicare in tempi brevi. Nel frattempo cercherò di schiarirmi le idee in proposito, e se qualcuno sarà davvero interessato alle mie elucubrazioni, le troverà su queste pagine!

giovedì 7 febbraio 2013

La Lama del Trono Ferreo


The Riddle of Steel non è un gioco della vecchia scuola (anche soltanto dal punto di vista anagrafico), ma è comunque un gran gioco, di quelli che ti avvincono e non ti mollano più. Ebbi la ventura di acquistarne una copia una decina di anni fa, e con i miei amici giocammo una bellissima campagna molto influenzata dai romanzi di Martin (parliamo del 2006-2007), e congelata lì, in attesa di essere un giorno ripresa: i personaggi in fuga mentre alle loro spalle il castello di famiglia arde avvolto dalle fiamme.
Con il tempo finii per comprare quasi tutti i supplementi usciti, ed ero in trepidante attesa delle regole aggiornate sulla magia (il favoleggiato Sorcery and the Fey ) quando la casa editrice chiuse i battenti. Ne rimasi davvero dispiaciuto, e in tutti questi anni non avevo smesso di sperare che avvenisse qualche miracolo e che TRoS ritornasse in vita.

E il miracolo, in un certo senso, è avvenuto: è stato con grande gioia che ho appreso qualche giorno fa della pubblicazione di un successore di TRoS. Come scrive Qilong, infatti, la Iron Throne Publishing ha appena dato alla luce Blade of the Iron Throne. Si tratta di una nuova edizione, emendata delle incongruenze e leggermente modificata, specialmente nell’approccio alla magia, di The Riddle of Steel, e consiglio caldissimamente a tutti quanti di scaricarla (gratuitamente!) e di leggerla, anche solo per curiosità.
Non sono riuscito finora a studiarmi per bene tutti i cambiamenti, ma mi sembra che sia stato fatto un grande lavoro di revisione, calcando ancora più la mano sull’aspetto Sword&Sorcery del gioco: un sistema di combattimento realistico e letale, una magia oscura e pericolosa, personaggi che affidano il proprio destino alla lama affilata della spada. Non è un gioco per deboli di cuore!

Non credo che riuscirò a giocare TRoS/Blade prossimamente: i progetti sono già tanti, e il sistema richiede da parte dei giocatori un po’ di attenzione alle regole (cosa non sempre facile da ottenere, o sbaglio? Magari dedicherò in futuro un post all’argomento); per adesso sono più che felice delle campagne in corso, ma in futuro proverò senz’altro a proporlo a uno dei miei gruppi. Chissà che non abbia fortuna!

E ora vi lascio con le immortali parole dell’unico, vero Conan. E se lo dice lui, non è concesso dubitare!