martedì 6 agosto 2013

A me le mappe piacciono

Che siano semplici o complicate, le mappe sono
uno strumento fondamentale
A me le mappe piacciono. Mi piacciono le mappe del mondo reale così come quelle dei mondi fantastici, e mi diverto a tracciarle, a rimirarle e a pensare chi potrebbe abitare i luoghi che ho disegnato.

Le mappe dei dungeon non fanno eccezione, ovviamente, e nonostante ci siano molti siti che sfornano con abilità labirinti e cunicoli, preferisco mettermi al tavolo con carta quadrettata e matita e tracciare di mia mano i tunnel nei quali (si spera) i miei giocatori cercheranno l’avventura.
Una delle conseguenze di questa mia passione è l’importanza che per me hanno le mappe dei giocatori/personaggi: quei fogli di carta sui quali il cartografo di turno cerca d’interpretare le mie descrizioni degli ambienti che via via si presentano agli occhi del gruppo. A volte gli effetti sono esilaranti.
Predilezione personale a parte, quattro sono i motivi per cui, a mio parere, le mappe dei giocatori sono importanti:
  • Oggetto fisico: le mappe sono un oggetto fisico, l’unico in qualche modo condiviso tra i giocatori e i loro personaggi; sono un catalizzatore d’attenzione molto potente, e per non mortificare la loro importanza è secondo me fondamentale che siano proprio i giocatori a disegnarle. Poi il Master può essere generoso, fornendo misure dettagliate delle distanze e concedendo l’uso di fogli quadrettati, oppure (come ultimamente sta capitando a me) potrebbe limitarsi a misurazioni approssimative ed obbligare il cartografo di turno ad usare fogli completamente bianchi (a meno naturalmente che i personaggi non perdano tempo a misurare accuratamente tutte le distanze e non abbiano provveduto a quadrettare i loro fogli di pergamena...).
  • Problema logistico: ovvero: «Dopo questo bel bagno nel fiume sotterraneo, in che condizioni sarà la vostra mappa?». Tracciare una mappa in un dungeon richiede che un personaggio si dedichi con attenzione al faticoso compito; ciò significa che il personaggio deve avere le materie prime (pergamena, penna e inchiostro/carboncino) e luce sufficiente, e significa soprattutto che la mappa è costantemente a rischio di essere rovinata (chi ha parlato di palla di fuoco?), perduta, sminuzzata o addirittura mangiata da qualche creatura particolarmente indifferente a ciò che ingurgita. Nelle mie campagne il fatto che un giocatore stia disegnando la mappa comporta automaticamente la medesima attività da parte di un personaggio (non necessariamente il personaggio del cartografo), la cui sorte diventa quindi strettamente legata alla mappa stessa e che farà bene ad essere ben protetto dal resto del gruppo, se non si vuole smarrire la strada! 
  • Prova di bravura: una mappa è una prova di bravura da parte del cartografo, che deve interpretare al meglio le descrizioni del Master (descrizioni magari non accurate, come scrivevo poc’anzi, ma senz’altro non fallaci). È bello vedere come, dopo qualche sessione, il dungeon che si sta esplorando diventi un luogo familiare («Vi ricordate? Qui abbiamo affrontato i coboldi e l’ogre»), senza contare che una mappa accurata permette un ritorno più veloce in superficie, una migliore pianificazione degli itinerari da seguire (anche in caso di fuga ritirata strategica) e una preparazione più efficace di imboscate e assalti («Voi attaccate da questo corridoio, noi passiamo dalla porta a Sud e così prendiamo gli gnoll tra due fuochi!»).
  • Elemento d’esplorazione: forse il motivo principale per cui una mappa è così importante. Non è possibile esplorare senza tracciare una mappa, e l’esplorazione è uno dei cardini dell’avventura. La mancanza di esplorazione, quando la direzione presa è indifferente e l’unico obiettivo è ammazzare i mostri per rubare loro il tesoro, è ciò che caratterizza il Lato Oscuro della Vecchia Scuola: il dungeonbashing (termine che non mi sforzo nemmeno di tradurre. È il gemello cattivo, il Sith, l’antipaladino. È in sostanza uno dei motivi per cui la Vecchia Scuola viene ancor oggi vituperata e fraintesa. Non che basti una mappa per fare la Vecchia Scuola (e non è mia intenzione definire qui che cosa essa sia di preciso), ma l’elemento esplorativo ne è senz’altro parte imprescindibile, che si tratti di esplorazione di sotterranei o di terre selvagge (terre selvagge: non vi viene voglia, solo a sentirne parlare, di prendere in mano i dadi?).

Lunga vita alle mappe, quindi, e voi, Master, non lasciatevi impietosire dagli sguardi imploranti di qualche giocatore pigro: che prenda in mano carta e penna, se vuole uscire vivo dal dungeon con i tesori necessari per passare al prossimo livello!

3 commenti:

  1. eheh, quanto tempo passato a disegnare mappe. Poi devo dire che raramente quelle dei miei giocatori coincidono con la mia ^_^''''

    RispondiElimina
  2. Le differenze tra la mappa del Master e quella dei giocatori sono sempre state per me grandi fonti di divertimento...

    RispondiElimina