domenica 24 marzo 2013

La 3.5 colpisce ancora!


Ieri sera ho avuto una sorpresa.
Dopo tante incertezze e cambi d’orario, dovuti soprattutto al mio lavoro, si era riusciti, con alcuni carissimi amici che non vedevo da anni, ad organizzare una serata assieme – e pure una sessione a D&D!
A qualche centinaio di chilometri da casa per questioni lavorative, mi porto giusto un’avventura, dadi, matite e lo schermo del DM; l’avventura è stata da me inizialmente progettata per AD&D, ma, mi dico, la conversione a D&D è elementare. Sicuro del fatto mio e di ciò che troverò (ah, l’hubris!), ripasso addirittura un po’ le regole del set base (BECMI), convinto che a questo sistema giocheremo.
La sera prima invio un sms agli amici chiedendo di poter adoperare i loro manuali, per evitare di usare il portatile con i miei pdf (giocare con un computer lì accanto mi mette un po’ a disagio... quantomeno nelle ambientazioni fantasy, mi sembra sia un elemento vistosamente estraneo. I Fonzies invece no; chissà perché), e mi viene gentilmente risposto che non ci sarà alcun problema. Mica mi viene in mente di chiedere maggiori lumi sulle regole che useremo!

E così, riabbracciati gli amici e trascorso un po’ di tempo a ragguagliarci reciprocamente sugli accadimenti degli ultimi anni, ci si siede attorno al tavolo, si tirano fuori i manuali... e scopro che giocheremo a D&D3.5!!
Oddio.
Mi sento come uno studente che all’esame si accorge di aver tralasciato un intero, fondamentale capitolo: non incontro la 3.5 da anni, nonostante ci abbia giocato parecchio, e la mia ultima esperienza con qualcosa di analogo riguarda Pathfinder...
Beh, mi dico, il sistema lo conosco bene, i personaggi sono di primo livello (anzi: devono essere ancora creati) e ho i manuali necessari sottomano, messi a disposizione dai miei amici. Non sarà affatto un problema convertire al volo l’avventura, e mi scuserò in anticipo se sarò un po’ arrugginito sulle regole.
E in effetti proprio così avviene: l’avventura fila liscia e ci divertiamo senza intoppi regolistici, ma durante lo svolgimento della sessione un interrogativo continua ad assillarmi: perché usare un sistema tanto complicato? La sola creazione dei personaggi, tra abilità, talenti, modificatori e tratti razziali richiede ben più di un’ora di tempo. Tutto tempo sottratto al gioco vero e proprio.
Io non ho nulla contro i giochi complessi, anzi, ma, come ho scritto, sono convinto che per gestirli occorra un gruppo di giocatori interessati e disposti ad impararne le regole, senza lasciare al DM il compito di calcolare ogni volta i mille modificatori applicabili, o di ricordarsi se il talento sbudellagoblin potenziato ha effetto anche sui coboldi.

D&D 3.0...
In assenza di queste condizioni la scelta migliore rimane a parer mio un sistema meno complicato (in effetti ho consigliato agli amici di dare un’occhiata a Basic Fantasy RPG). È vero: i personaggi tendono ad avere maggiori probabilità di sopravvivenza con la 3.5, anche se si gioca, come abbiamo fatto, alla vecchia maniera (esplorazione, dungeon, mostri erranti ma anche tiri di reazione e di morale, questi ultimi mutuati da AD&D), ma la differenza non è, ai primi livelli quantomeno, così grande. No: ciò che mi ha colpito è come l’uso di uno strumento non ottimale (so che il terreno qui è sdrucciolevole, ma credo che il concetto sia comunque chiaro) sia d’impaccio allo svolgimento del gioco. Non ti impedisce di divertirti, ovviamente, e nessuno vieta l’eliminazione di qualche regola o l’applicazione a braccio di qualcun’altra, ma la vita al di qua e al di là della schermo potrebbe essere tanto più semplice...

... o D&D set Base? Mmm...
Si è trattato comunque di un’esperienza interessante (oltre che, ça va sans dire, di una bellissima serata con gli amici), che ha rafforzato in me le suddette opinioni sull’utilizzo del sistema più adatto al gruppo, ma che mi ha anche una volta di più lasciato ammirato per la struttura, complessa ma rigorosa, della 3.5 (e lo stesso potrebbe valere ovviamente per la 3.0 o Pathfinder). È davvero un gioco ben fatto e dotato di una grande coerenza interna (e non è a prova di giocatore, ma quale sistema lo è?), ma so che ormai non è più nelle mie corde: potendo scegliere, preferirei senz’altro qualcos’altro; qualcosa, soprattutto, che non ti richieda più di un’ora per fare un personaggio!

7 commenti:

  1. Il vantaggio più importante di un regolamento semplice per me è che lascia più tempo al gioco vero e proprio!
    Ma non sottovaluterei anche il fattore attenzione: in un regolamento complesso, arriva il momento in cui uno o più giocatori si chiedono "se il talento sbudellagoblin potenziato ha effetto anche sui coboldi", per dirla con parole tue; con un regolamento più semplice, aumentano le probabilità che cerchino invece delle soluzioni più interessanti, come in effetti mi è capitato: "ci sono stalattiti nel soffitto sopra i mostri?" "hmmm sì, ce ne sono diverse" "Tiro con la fionda a quella che mi sembra più instabile!".
    Non è solo una questione di tempo investito nel controllare questa o quella regola su un manuale. Cambia anche il focus del gioco: i giocatori stanno più attenti all'ambiente intorno ai personaggi, agli oggetti che essi hanno a disposizione, e meno alle parole chiave, ai bonus, alle sinergie che hanno sulla scheda.

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  2. Sono d'accordissimo con te.
    Del resto uno dei dettami più interessanti della Vecchia Scuola prevede che vengano impegnati i giocatori, non i personaggi!

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  3. in effetti è il motivo per cui mi sono disinnamorato della 3.5 prima e della 4 poi... ad un certo punto cominci a giocare contro il gioco per trovare la combo migliore.... ma se tu progetti il percorso del tuo personaggio dal primo all'ultimo livello.... beh forse ti perdi quello che succede di avventura in avventura...

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  4. E' un rischio concreto, anche se riconosco a quello stile di gioco la sua legittimità... Solo che non fa decisamente per me.
    Allora forse, come ha scritto un amico, meglio un boardgame!

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    1. Anch'io la penso così. Non solo ne riconosco la legittimità, posso anche apprezzarlo. Però mi sembra appunto che il gioco scivoli verso il boardgame, il gioco di strategia, di miniature, ecc. Tutte cose che mi piacciono. Però secondo me si rischia di perdere la specificità del gdr al tavolo, cioè gli aspetti che non si trovano in nessun altro genere di gioco.

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  5. A me piacciono molto i giochi "crunchy" e, come scrivevo nell'altro post, non credo affatto che la parte tattico/strategica o di ottimizzazione dei personaggi tolga qualcosa al gioco di ruolo. Anzi, potrei dire che invece aggiunge qualcosa al gdr.
    Per esempio, quando ho giocato alla 4e potevo quasi sentire come il gioco si costruisse su più momenti diversi. Era come giocare a più giochi in uno: iniziava ancor prima di trovarsi al tavolo quando dovevo navigare fra le mille opzioni a mia disposizione, per cercare le più fiche, sinergiche e più affini alla mia idea del pg.
    Poi si arrivava al tavolo e partiva l'avventura, si esplorava il mondo creato dal DM, emergevano delle storie, dei rapporti con gli altri PG e coi PNG, momenti pericolosi in cui bisognava lavorare d'astuzia, e via dicendo.
    Poi Bam! partiva un combattimento e scattava un altro mini-gioco: teamwork, gioco di strategia, combo varie, sfruttare lo scenario a proprio vantaggio...
    Sono tre momenti di gioco con caratteristiche differenti, ma fusi insieme in un'esperienza unica. NESSUN boardgame può darti una cosa del genere.

    D'altra parte, non ho sempre voglia di un'esperienza così complessa. Spesso mi basta qualcosa di molto più semplice, per cui vado su giochi più semplici. Anche perché stare ad ignorare/eliminare tutte le regole che non vuoi usare di un gioco come la 3.x è un lavoro più grosso che non usarle.
    Insomma, tutta 'sta pappardella per dire che sostanzialmente si tratta di usare il gioco giusto per quello a cui vuoi giocare.

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  6. Negli ultimi anni ho avuto una specie di "involuzione" che mi ha portato (per quanto, ripeto, i sistemi complessi mi affascinino sempre molto) a prediligere i giochi più semplici, ed è stato questo uno dei motivi che mi ha fatto riscoprire AD&D, per esempio.
    Sono perfettamente consapevole di come la composizione del gruppo (o dei gruppi) di gioco abbia influito su questa scelta, e quindi non posso che concordare con te: si tratta di usare il gioco giusto per quello a cui si vuole giocare.

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