lunedì 8 luglio 2013

La Roccia Dolente: 3 - dungeon e abitanti

Ecco il terzo post relativo alla Roccia Dolente. I primi due li potete trovare qui e qui.

Osquip.
Non sono adorabili?
Un posto pericoloso e inospitale, dunque, ma non certo tale da privare i personaggi di ogni possibilità di uscirne vivi. L’idea è di avere un luogo in continua evoluzione, con pochi incontri fissi e molti eventi casuali, siano essi creature erranti oppure oggetti abbandonati. Questi ultimi sono tra l’altro di vitale importanza per la sopravvivenza dei personaggi, che hanno risorse molto limitate e partono senza armi né armature.
Venendo quindi agli abitanti della Roccia Dolente, stilo un elenco di creature che potrebbero essere adatte al contesto: ci sono diversi mostri “spazzini” privi di intelletto (cubo gelatinoso, melma grigia, ameba paglierina), perfetti per essere incontrati nei corridoi della grande prigione sotterranea; ci sono animali come gli scarabei di fuoco (le cui ghiandole luminescenti possono risultare particolarmente utili) e gli osquip (una specie di cani/roditori a sei o più zampe che vivono nel sottosuolo; vengono direttamente dal Fiend Folio); ci sono infine esseri senzienti.

Tra i miei appunti ho scritto “Cannibali!” e “Coboldi (?) con i quali commerciare”; la mia prima intenzione è di avere una specie di tribù di condannati mai usciti dalla Roccia Dolente e stabilitisi proprio nei sotterranei, la cui dieta è principalmente basata sull’abbacchio di galeotto, ma poi preferisco tenermi i forzati del sottosuolo per un altro ruolo, e scelgo, sempre dal Fiend Folio, i grimlock, disgustosi umanoidi completamente ciechi ma dotati di un udito sovrannaturale (e quindi particolarmente idonei a vivere al buio dei corridoi della Roccia Dolente), e soprattutto ghiotti di carne umana (e magari anche semiumana). Non scarto affatto i coboldi, ma lascio il ruolo di commercianti ai dark creeper (altro parto del Fiend Folio), i quali avranno una vera e propria bottega del baratto nel primo livello del sotterraneo (queste robe bizzarre fanno molto Vecchia Scuola e mi divertono immensamente); i coboldi avranno qualche piccolo avamposto qua e là, e potranno anche essere incontrati in giro come mostri erranti.
Grimlock!
Scelgo poi qualche nemico più potente da piazzare come incontro fisso legato ad un luogo specifico: un paio di water weird (“stranezze acquatiche”? Sembra un’attrazione da circo), un basilisco (salva o muori!), un minotauro (muuu!) e così via, senza trascurare qualche trappola per tenere ben desta l’attenzione del gruppo.
Mi riprometto soprattutto di tirare ogni volta i dadi per le reazioni: non tutti i nemici sono infatti necessariamente ed immediatamente ostili (i coboldi si dimostrano in più di un’occasione particolarmente gentili!): potrebbero essere stanchi, non avere fame, non avere voglia di combattere, essere semplicemente curiosi e via discorrendo.
L’ultimo elemento al quale mi dedico sono i condannati già presenti nelle viscere della Roccia Dolente, e quelli che vi vengono infilati mentre i personaggi sono ancora in cerca di una via d’uscita. Decido che i disgraziati vanno prevalentemente in giro in gruppo, e mi affido ad un semplice tiro in percentuale per stabilire più o meno quanto equipaggiamento possiedono (le risorse e l’equipaggiamento sono vitali, e in più di un’occasione sento i giocatori complottare per impossessarsi dei miseri beni di questi compagni di sventura); oltre, naturalmente, a determinare le loro reazioni con un tiro sulla tabella apposita.
Sempre parte di questa categoria sono infine i PNG (vale a dire condannati dotati di classi e livelli). Inizialmente cerco di preparare una serie di tabelle che mi permettano di crearli velocemente in base alla necessità del momento, ma mi rendo subito conto che la procedura richiederebbe comunque troppo tempo. Decido allora di crearne in anticipo un certo numero, e così compilo sedici mini-schede, complete di nome, giorni di permanenza nel sottosuolo, equipaggiamento e qualche indicazione sul comportamento; poi le stampo, le ritaglio e le infilo in altrettante bustine di plastica come quelle che si usavano (o si usano ancora?) per le carte di Magic: ed ecco lì un funzionalissimo mazzo di galeotti di rango pronti per essere incontrati dal gruppo.
Dark creeper.
Lo sapevo che prima o poi sarei
riuscito ad usarli!


I PNG sono tra l’altro un ottimo modo per procurarsi dell’equipaggiamento (sempre che si riesca a sconfiggerli: il loro livello varia tra 1 e 4 e spesso sono accompagnati da altri PNG o da qualche semplice galeotto senza nome, e quindi non sono prede facili), la cui scarsità è una caratteristica di quest’avventura. Per ovviare un po’ a questa mancanza cronica, e per aggiungere un altro elemento di casualità al tutto, preparo una lunga lista di oggetti, che va dall’otre bucato alla pergamena magica, passando per armi, armature e utensili di ogni tipo; ogni stanza, sia essa piena o vuota, può contenere fino a due oggetti (uso 1d12: 1-8 nessun oggetto; 9-11 un oggetto; 12 due oggetti), i quali saranno comunque inservibili con 1 su 1d8. L’idea è che gli oggetti vengano trovati su un cadavere, siano stati perduti da qualcuno, siano stati trasportati da qualche creatura che li ha poi abbandonati lì, e così via. A volte è difficile conciliare gli oggetti trovati con la situazione («che cosa ci fa una cotta di maglia in questa stanza vuota?»), ma questa è una delle incongruenze di cui scriverò più in là. In aggiunta agli oggetti casuali è possibile che i personaggi trovino qualche risorsa come funghi commestibili, acqua e muschio luminescente (che illumina per un raggio di circa tre metri; non proprio un granché, ma meglio di niente); quest’ultimo pare tra l’altro solleticare l’ingegno dei giocatori, che si sbizzarriscono ad adoperarlo nei modi più impensati (e quasi tutti decorosi).

 Ed eccoci al dungeon. Tre livelli: l’avventura deve durare tre o quattro sessioni, e per quanto mi renda conto che un complesso come la Roccia Dolente dovrebbe essere più grande, mi pongo questo limite per questioni pratiche. È ovvio che lo scopo dei personaggi non è l’esplorazione bensì la ricerca di una via d’uscita, e quindi predispongo per ogni livello diversi pericoli ma anche diversi modi di scendere a quello successivo (e magari qualche sezione segreta, per premiare chi la sa trovare). Ci sono luoghi dove reperire del cibo e dell’acqua, luoghi evitati da tutti gli altri abitanti della Roccia Dolente, avamposti di creature senzienti (grimlock, dark creeper, coboldi) e perfino un accesso “incantato” ad un quarto livello, che non ho progettato nel dettaglio; l’accesso è dissimulato per evitare che qualche personaggio ci s’infili troppo facilmente, è conteso da diverse fazioni, che hanno le tane principali più in profondità, ed è necessario per giustificare la presenza di creature senzienti senza per questo dover pianificare tutto il loro ecosistema e le tane della loro gente. Questa è purtroppo un’altra delle incongruenze dovute al numero limitato di sessioni; se dovessi riprendere in mano la progettazione della Roccia Dolente la amplierei senz’altro verso il basso.
Il terzo livello è il più pericoloso, ma anche quello che contiene l’agognata uscita. È buffo notare come i giocatori, che non hanno idea di come sia strutturato il dungeon, si dimostrino sempre felici di trovare scale che scendono, e diano per scontato che l’uscita si trovi più in basso rispetto all’entrata. Hanno ovviamente ragione (e io faccio affidamento su questo riflesso pavloviano), ma è divertente osservare come certe consuetudini siano ormai inestricabilmente radicate!

Un’ultima osservazione sul sistema nel suo complesso: al momento di cominciare l’avventura con il primo gruppo che l’ha affrontata non pensavo di farla giocare ad altri; mi ero sì segnato tutti i cambiamenti avvenuti durante le sessioni (come prima cosa, per esempio, i personaggi hanno scardinato due porte per fabbricarsi delle armi improvvisate), ma solo quando è balenata la possibilità di segregare un secondo gruppo nella Roccia Dolente mi sono reso conto che avrei potuto semplicemente sfasare di un giorno l’entrata di quest’ultimo rispetto a quello che l’aveva preceduto, modificando il sotterraneo in base ai cambiamenti apportati durante l’avventura (porte scardinate, mostri uccisi, trappole disattivate e così via). Tutto ciò è stato per me incredibilmente divertente, e il terzo gruppo che sta attualmente affrontando l’avventura s’imbatte di continuo nelle tracce dei suoi predecessori. Un vero dungeon vivente!

Resta ora da scrivere dei due diversi sistemi di gioco adottati (AD&D e RMi) e di come ciascuno ha retto alla prova dell’avventura, nonché delle famose incongruenze, ma per entrambi gli argomenti vi do appuntamento al prossimo post.

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