Tanto per prendere di petto l’astrazione più
iconica (e vituperata) di AD&D, partiamo proprio dai punti
ferita. Quando lessi
il manuale di The Riddle of Steel, diversi anni fa, fui subito d’accordo con
ciò che Jacob Norwood, l’autore, scriveva nella postfazione. Norwood racconta
di un episodio di gioco durante il quale il suo guerriero, nonostante le sette
frecce che aveva in corpo ed un salto di 30m, fosse allegramente trotterellato
via dal campo di battaglia con ancora un po’ di punti ferita rimanenti; questo
aveva per lui rappresentato il punto di svolta, e da allora non era più riuscito
a giocare a quel sistema (che non viene mai nominato, ma credo possiamo tutti
intuire quale fosse). Era proprio quello uno degli aspetti che di AD&D/D&D
(credo che a quei tempi stessi giocando alla 3.0) mi lasciavano maggiormente
perplesso, e in effetti la scoperta di TRoS rappresentò una pietra miliare per
lo stile di gioco del mio gruppo.
C’è poi chi invece apprezza l’astrazione dei punti
ferita, considerandola semplicemente parte di quella più grande, fondamentale
astrazione che nel gioco “vecchia scuola” è la gestione delle risorse: il numero
di punti ferita a tua disposizione ti dà un’idea dei pericoli che puoi
affrontare.
A parer mio, la chiave sta proprio qui: i punti
ferita sono solo un’astrazione (una della tante di AD&D), e non
rappresentano che un misto di resistenza fisica, di coraggio, di determinazione
e di capacità di evitare i danni più gravi: fino al momento in cui perde gli
ultimi punti ferita, il personaggio potrebbe avere accumulato lividi,
escoriazioni e contusioni, ma non avrà certo subito alcuna ferita degna di
nota; solo il colpo che lo porta a zero (o meno) significa una ferita vera e
propria. Una spiegazione viene proprio da Gary Gygax (AD&D DMG, pag. 61),
il quale si scaglia contro i sistemi “realistici” e difende a spada tratta non
solo i punti ferita, ma anche l’applicazione di colpi critici, che “riducono considerevolmente
l’aspettativa di vita dei personaggi”.
Come dargli torto?
Con la riscoperta di AD&D il senso dei punti ferita
mi è stato improvvisamente chiaro. Che non avessi letto bene le regole ai tempi
in cui avevo cominciato a giocarci? O magari mi ero lasciato influenzare dall’abitudine
di considerare i punti ferita una mera capacità di assorbire i colpi; una semplificazione
che ha provocato molte conseguenze nefaste. Se adesso un personaggio volesse
buttarsi da una rupe alta 30m non mi preoccuperei di tirare il danno: gli direi
direttamente che è morto; venti (ma anche dieci) anni fa mi sarei sentito in
dovere di calcolare i dadi di danno subiti, e magari, proprio come il guerriero
di Jacob Norwood, il personaggio se la sarebbe cavata con la perdita di una
trentina di punti ferita e se ne sarebbe potuto andare saltellando senza
nemmeno una minima slogatura alla caviglia!
Pur essendo un sostenitore dei punti ferita, però, non
sono cieco di fronte ai paradossi che ne possono nascere. Ne ho individuati
tre, che sono a mio avviso i più vistosi, ma ce ne saranno indubbiamente anche
altri.
·
Morte immediata.
Per quanto tu possa essere coraggioso, fisicamente prestante, ferreamente
determinato ed esperto nell’arte della guerra, essere passato da parte a parte
da una spada è di solito un’esperienza mortale. Non in AD&D. Un avversario
immobilizzato o privo di conoscenza può essere ucciso in un sol colpo a
prescindere dai suoi punti ferita, è vero, ma altrimenti gli unici capaci di
aggirare l’ostacolo sono i ladri (con l’attacco furtivo, che moltiplica i danni
inflitti) e gli assassini (le cui percentuali di successo rappresentano però l’esecuzione
di un intero piano di assassinio, non un singolo colpo mortale). Per tutti gli
altri non esistono colpi letali, e la morte immediata (un’eventualità che può
rendere il gioco interessante o ledere un’accurata gestione delle risorse,
secondo i punti di vista) è appannaggio esclusivo dei non infrequenti effetti “Save
or Die” di cui il gioco è particolarmente ben fornito.
·
Proliferazione
dei punti ferita. Nella prima versione del gioco, quella del 1974, tutte e
tre le classi usano d6 per determinare i punti ferita (guerrieri e chierici hanno
all’incirca un dado per livello, i maghi più o meno la metà). È vero che tutte
le armi e la maggior parte dei mostri infliggono 1d6 di danno, senza
distinzioni, ma in generale i punti ferita a disposizione sono molti meno. In AD&D
i guerrieri arrivano a tirare 1d10 per i punti ferita e il bonus dovuto ad un
alto punteggio di costituzione è più elevato, ma nonostante la crescita del
danno inflitto dalle armi e dai mostri, la mia sensazione è che il concetto dei
punti ferita sia sempre più astratto e meno comprensibile man mano che i
livelli aumentano e che la capacità di resistenza dei personaggi assume
connotazioni eroiche. Sarà una goccia nel mare, ma sto seriamente pensando di
eliminare la regola casalinga che conferisce ai personaggi di primo livello il
massimo di punti ferita, e quell’altra tacita consuetudine che permette ai
giocatori di ritirare gli “uno” dei dadi vita...
·
Recupero.
Nella DMG (pag. 82) Gary Gygax è molto severo per quanto riguarda il
recupero di punti ferita: uno per giorno di completo riposo, a prescindere dal
livello del personaggio, e solo alla fine della seconda settimana chi beneficia
di un bonus di Costituzione può applicarlo ai punti ferita così recuperati. Quattro
settimane di riposo completo sono comunque sufficienti per recuperare tutti i
punti ferita perduti. La guarigione magica è senz’altro più rapida ed efficace,
e l’idea che gli incantesimi curativi dei chierici
rappresentino anche un
rafforzamento della fede di colui che viene guarito mi sembra molto appropriato.
I problemi nascono, ovviamente, quando il chierico e il personaggio ferito sono
di fedi diverse: consideriamo pure che un personaggio possa beneficiare delle
orazioni di un chierico di un dio “compatibile” con il proprio (magari perché
teologicamente vicino, magari perché di allineamento non troppo dissimile); che
cosa avviene però se un chierico malvagio cura un personaggio buono? Davvero quest’ultimo
può trarre beneficio dalle invocazioni ad una divinità oscura? O magari recupererà
un quantitativo inferiore di punti ferita? Qui però occorrerebbe una tabella che
riportasse l’efficacia delle cure di ciascun dio nei confronti dei fedeli degli
altri dei, e la faccenda si complicherebbe enormemente (e inutilmente). Personalmente,
per ovviare alla lenta guarigione naturale mi affido alla regola casalinga che
prevede il recupero di un punto ferita per livello per ogni notte di riposo (e
il doppio per ogni giorno intero), e a quella che concede ad ogni personaggio una
sosta al giorno (venti minuti circa) al fine di riposarsi e rimettersi in forze:
ciò restituisce d6 punti ferita perduti. Per i chierici non faccio invece
distinzione di fede, ed evito così di complicarmi (e di complicare loro) la
vita.
Nonostante queste incongruenze, ostacoli non certo
insormontabili, resto un convinto sostenitore dei punti ferita, quantomeno in
uno stile di gioco “vecchia scuola”, e condivido l’opinione secondo la quale essi
permettono una migliore gestione delle risorse dei personaggi. Quanto alla
necessità d’instillare un salutare senso d’incertezza nei giocatori, in modo
tale che non diano per scontata la sopravvivenza del loro personaggio di decimo
livello solo perché questo è al pieno dei punti ferita, il Monster Manual è zeppo
di affascinanti creature che paralizzano, avvelenano, pietrificano, risucchiano
livelli, soffocano o comunque uccidono orribilmente infischiandosene allegramente
del livello della loro vittima e del suo stato di salute: un tiro salvezza (e a
volte nemmeno quello) e via!
Meno male che per creare un nuovo personaggio
bastano dieci minuti...
Una buona descrizione dell'astrazione dei PF la da la tanto bistrattata 4E, che mette le cose in chiaro senza gli artifizzi pipposamente letterari di Gygax.
RispondiEliminaAlla fine comunque sono molto più credibili/accettabili i PF astratti che le immunità di AD&D (vedasi il fatto che, regole alla mano, un vampiro poteva farsi crollare addosso un edificio e non beccarsi neanche un graffio a meno che l'edificio non fosse magico +1).
Per come la vedo io, i pf sono un'astrazione creata soprattutto per rendere pratica la situazione tipo: combattimento tra avversari coscienti che usano armi. Ogni altra situazione che si crea in gioco, che si allontana da questa, non deve necessariamente appoggiarsi sui pf per rappresentare il rischio di ferite o morte. Per questo motivo sgozzare un nemico che dorme non richiede tiri di dado, e per questo non cadere da 30 metri, o finire dentro la lava, o ingerire cianuro, non dovrebbero infliggere pf.
RispondiEliminaAl momento al mio tavolo i pf seguono queste regole: la maggior parte delle persone, compresi seguaci e mercenari, è di "livello 0" e ha un dado vita; i personaggi di primo livello hanno il dado vita del livello 0 più il dado vita della classe scelta. A questi punti si aggiunge il bonus o malus della caratteristica (uso quello di FOR perché la COS l'ho rimossa) solo una volta, alla generazione.
Per i guerrieri il dado vita è il d8, per mistici e avventurieri il d6, per i maghi il d4 (il mio set di regole di partenza non è l'ad&d ma Labyrinth Lord).
L'effetto di tutto questo è che il personaggi sono un po' più resistenti al primo livello (hanno tirato un d8 più il dv di classe), ma i loro punti ferita non crescono mostruosamente con i livelli (non aggiungono bonus o malus, usano al massimo il d8 nel caso dei guerrieri, e soprattutto se tirano 1 se lo tengono).
Concordo con te sull'applicazione "limitata" dei punti ferita, e mi convinco sempre di più che i mostri e gli effetti "salva o muori" non siano un incidente di percorso ma una parte fondamentale del gioco (ho i miei dubbi però sul risucchio di livelli).
EliminaCome ti trovi con il sistema di punti ferita che hai descritto? Funziona? Non rende un po' troppo resistenti i personaggi ai primi livelli?
Concordo con Hamel, la 4e è sicuramente la migliore fra le edizioni di d&d per la gestione dei "punti colpo" ed il rendere subito evidente che si tratti di una misura astratta, non di vere e proprie ferite. Ha dei difetti (ed i personaggi eroici della 4e non si sposano bene con lo spirito OS), ma imo sono facilmente risolvibili.
RispondiEliminaIn genere, se gioco a d&d sono pronto a chiudere un occhio su incongruenze come il guerriero che zompetta felice per il campo di battaglia dopo essere caduto in un crepaccio. Se voglio più realismo vado su cose come runequest, rolemaster e similari (tipo il mio orrendo frankengioco ibrido di rq,rm e d&d :D)
Post molto molto interessante.
RispondiEliminaNegli ultimi anni sto diventando sempre più critico verso i punti ferita, proprio come il sopracitato Norwood, o quantomeno sulle vagonate di punti ferita in stile d&d. E' vero che si può ovviare il tutto semplicemente dicendo "sei caduto da 30m, quindi sei morto", ma allora questo sistema sarebbe da applicare a troppe situazioni per rendere il tutto un po' credibile. Ad esempio le trappole: se cadi in una fossa con le punte o vieni colpito da una pesante lama basculante sei automaticamente morto (almeno se non superi un eventuale tiro salvezza per schivarla). Del resto il faraone le ha fatte costruire nel sotterraneo della sua tomba per uccidere eventuali intrusi, non per metterli alla prova!
Mi chiedo se un sistema con pochissimi punti ferita, ad esempio solamente quelli del primo dado vita, e con le corazze che assorbono il danno possa essere giocabile o troppo pesante (magari voi ne conoscete a bizzeffe da consigliarmi ;) ). Intanto darò un'occhiata a The Riddle of Steel, se riesco a recuperare qualcosa in versione digitale.
Sono passato anch'io per questa fase, e qualcuno dei miei giocatori resta un accanito oppositore dei punti ferita. L'applicazione della morte immediata può essere estesa a molte situazioni, ma a mio avviso occorre che i giocatori abbiano una possibilità di salvare il proprio personaggio (un tiro salvezza, un effetto mortale ma non immediato che permette una cura di qualche tipo) e qualche avvertimento sulla letalità del pericolo che stanno per affrontare (vecchie ossa spolpate all'ingresso della tana del mostro, i classici colleghi avventurieri pietrificati nei paraggi del covo del basilisco, chiazze di sangue sulla parete mobile che scatta per schiacciare gli incauti e così via).
EliminaPer quanto riguarda un sistema con pochi punti ferita e armature che assorbono il danno ti consiglio RuneQuest (e in generale tutti i giochi Chaosium, dal meraviglioso Pendragon a Stormbringer/Elric). Il tema delle ferite viene affrontato in maniera diversa (non proprio più realistica, ma quasi) da D&D/AD&D, e si tratta comunque di ottimi giochi.
Ho letto la 4e anni fa, e ora non ricordo come i punti ferita venissero definiti.
RispondiEliminaNon voglio addentrarmi nel campo minato di un conflitto tra edizioni, ma se ricordo bene nella 4e i personaggi finiscono per avere una valanga di punti ferita a disposizione, oltre a poterli recuperare assai velocemente.
Mi sbaglio?
Verissimo: in 4E giochi hai più HP perché sei più eroico che in 3E che era più eroica della 2E/1E che era più eroica del Basic.. ovvero ogni edizione ha semplicemente un diverso concetto di avventuriero.
RispondiEliminaPer quanto riguarda la descrizione della 4E, eccola qui sotto insieme ad un paio di altre.
Basic
Your character's hitpoint score represents his ability to survive injury. The higher his hitpoint score, the more damage he can sustain before dying. Characters who survive long enough to gain a good deal of experience typically gain more and more hit points; therefore, an experienced character lasts longer in a fight or other dangerous situations than does an inexperienced character.
1e
These hitpoints represent how much damage (actual or potential) the character can withstand before being killed. A certain of these hitpoints represent the actual physical punishment which can be sustained. The remainder, a significant portion of hitpoints at higher levels, stands for skill, luck, and/or magical factors.
2e
Sometimes, no degree of luck, skill, ability, or resistance to various attacks can prevent harm from coming to a character. The adventuring life carries with it unavoidable risks. Sooner or later a character is going to be hurt.
To allow characters to be heroic (and for ease of play), damage is handled abstractly in the AD&D game. All characters and monsters have a number of hit points. The more hit points a creature has, the harder it is to defeat.
3e
Injury and Death: Your hit points measure how hard you are to kill. No matter how many hit points you lose, your character isn’t hindered in any way until your hit points drop to 0 or lower.
Loss Of Hit Points: The most common way that your character gets hurt is to take lethal damage and lose hit points.
What Hit Points Represent: Hit points mean two things in the game world: the ability to take physical punishment and keep going, and the ability to turn a serious blow into a less serious one.
4e
Over the course of a battle, you take damage from attacks. Hitpoints measure your ability to stand up to punishment, turn deadly strikes into glancing blows, and stay on your feet throughout a battle. Hitpoints represent more than physical endurance. They represent your character’s skill, luck, and resolve - all the factors that combine to help you stay alive in a combat situation.
E' curioso come la 4e, che pure è per molti versi assai distante dalla vecchia scuola, abbia recuperato una definizione di punti ferita risalente a diverse edizioni prima.
RispondiEliminaE per quanto ami AD&D 1e e non desideri sostituirlo con un altro sistema, è palese che il famigerato power creep (non soltanto in materia di punti ferita) fosse già in atto nel lontano 1979...
La 4e in realtà è per molti versi più vicina alle prime edizioni di d&d che non alla 3.X.
RispondiEliminaSicuramente i PG sono più (super)eroici di quelli del BECMI o dell'Advanced, ma riadattando i numeri per me la sua gestione delle ferite ci starebbe benissimo.
Per quanto riguarda il power creep, i pf per me sono una delle ultime cose di cui preoccuparsi! ^_^