Pasqua ha portato una nuova sessione di Vindizia!
Il riassunto di quella precedente lo potete
trovare qui.
I
PROTAGONISTI
Piso Calabraga, un tombarolo
Goffredo da Mezzacorona, un ambulante
Romualdo da Fiorenza, uno scudiero
Orlando, un acchiappatopi
Dante, aiutante di Orlando, un cane piccolo ma
cattivo
I nostri amici erano rimasti nella stanza del
cosiddetto “negromante”, indaffarati attorno al pesante forziere appena
trovato. Ora si decide di aprire lo scrigno, del quale ovviamente manca la
chiave; Piso individua nel piede di porco che si porta appresso lo strumento
più indicato alla bisogna, e, affidatolo a Romualdo (prescelto sia per la sua
forza che per l’assenza del suo giocatore), cerca riparo assieme agli altri
compagni dietro il forziere stesso, i cui cardini lo scudiero si appresta a
forzare. La manovra viene però condotta in modo spettacolarmente incompetente:
il forziere ruota su se stesso, la trappola scatta e Piso si salva da un ago
avvelenato solo grazie al corpetto di cuoio che indossa! Come inizio non c’è
davvero male.
Dopo svariati tentativi il coperchio viene infine forzato, e
i Nostri tornano in superficie carichi di bottino: soldi, gemme, una pergamena
che nemmeno Romualdo (il letterato del gruppo) è in grado di leggere, una
misteriosa fiala metallica che contiene un altrettanto misterioso liquido e una
chiave dall’aria vetusta. Il gruppo fa quindi ritorno alla Bella Patella per concedersi una meritatissima notte di riposo.
La mattina successiva Vindizia è ammantata in una
coltre di nebbia. Dopo un tardo risveglio e un’abbondante colazione, i Nostri
volgono i passi verso l’abitazione di Martino Memmo, l’incantatore che ha
accettato di iniziare Romualdo alle arti arcane (non appena questi avrà
accumulato esperienza sufficiente per il cambio di carriera), con l’intenzione
di mostrare al patrizio sia la pergamena che la misteriosa fiala metallica. Occorre
fare un po’ d’anticamera, e finalmente Mastro Memmo si degna di ricevere i
quattro (sempre accompagnati da Dante, il fido e molestissimo cane di Orlando);
gli scritti della pergamena vengono dal mago riconosciuti come incantesimi
negromantici volti ad evocare scheletri animati, ma per la fiala è necessario
un po’ di tempo in più, e ai Nostri viene dato appuntamento per la sera stessa.
Si decide quindi di fare qualche acquisto,
vista l’improvvisa quanto inattesa opulenza dovuta alle monete contenute nel forziere, e sia Goffredo che Orlando ne approfittano per procurarsi buone armature: uno scintillante pettorale di piastre il primo, e una cotta di maglia completa, che lo copre da capo a piedi, il secondo. Seguono una visita al Banco di Vindizia (per depositare in mani sicure i tesori rimasti), una capatina dal Dottor Dotti, il luminare (che rappezza rapidamente Orlando, rimasto lievemente ferito durante lo scontro della sera precedente), e infine la ricerca della finestra dalla quale erano il giorno prima fuoriuscite le spore che avevano avuto un effetto tanto divertente su Orlando (il quale, con grande dispiacere degli amici e del suo cane, ha da qualche ora smesso di strillare come un’aquila ogni volta che qualcuno lo tocca); la finestra viene individuata, e la posizione della relativa casa memorizzata onde si possano in futuro fare ricerche in merito.
È intanto quasi venuta sera, e il quartetto torna da Mastro
Memmo per recuperare la fiala. L’incantatore ne ha scoperto il segreto: il
liquido contenuto è una potente pozione di cura, che potrebbe addirittura, a
seconda della situazione e del fisico del paziente (del tiro di qualche dado,
insomma) rendere integre le ossa rotte! Come compenso per il consulto, il patrizio
chiede di tenere per sé la pergamena con gli incantesimi negromantici, e i
Nostri acconsentono prontamente: del resto, non saprebbero proprio che
farsene...
Dopo una luculliana cena alla Bella Patella, gli avventurieri stabiliscono che è il momento di
tornare nel sottosuolo: percorrono le fredde e deserte strade di Vindizia,
scendono nel pozzo di Villa Alviani, e cominciano l’esplorazione di quella
parte di sotterraneo che avevano fino ad allora tralasciato. Il gruppo
attraversa una serie di corridoi e stanze vuote, tutti della medesima fattura,
delle medesime proporzioni e decorati in modo analogo, ma a parte una fossa dal
fondo cosparso di resti umani, un bivacco da tempo abbandonato e una cella
contenente un solingo, miserando cumulo d’ossa, i quattro (più uno) non trovano
nulla che chiarisca loro il mistero di tale struttura che si dipana sotto le
strade della città.
Durante il loro peregrinare, i Nostri incappano in
un lungo passaggio (a loro stima di almeno duecento metri), e giungono così in
una nuova sezione dei sotterranei, anche questa però con le stesse
caratteristiche delle altre: passaggi e stanze perfettamente squadrati e
decorati con simboli prevalentemente geometrici, quando non con motivi di
rettili e serpenti. Dato fuoco ad alcune ragnatele dall’aria sospetta, ed
osservati con soddisfazione gli abitanti delle stesse che si davano alla fuga,
i quattro successivamente si ritrovano in una grande stanza parzialmente
ostruita da una ragnatela di proporzioni inquietanti, dove vengono assaliti da
un ragno enorme che piomba loro addosso con vorace rapidità. L’immonda bestia è
assai resistente, e i Nostri non riescono ad infliggerle che qualche graffio
superficiale prima di decidere che un ripiegamento è la soluzione ideale alla
difficile situazione; il gigantesco aracnide per fortuna decide di non darsi
all’inseguimento, e il gruppo tira il fiato in una stanza vuota.
L’esplorazione prosegue, e oltre alle tracce di un
crollo che blocca diversi passaggi, i quattro (per tacer del cane) scovano altri
ragni, questa volta di dimensioni più contenute, seppur sempre ragguardevoli, e
anche numerose ossa spolpate e tagliate, tanto che qualcuno ipotizza che i
ragni possano essere stati nutriti da una misteriosa mano. In una coppia di
stanzette gemelle, ciascuna contenente un vecchio e rovinato tavolo, sul quale
campeggia un sostegno ligneo per provette, gli avventurieri trovano una
fialetta vuota, chiaramente dimenticata, e s’interrogano cercando di mettere
insieme i pezzi dell’enigma e di venirne a capo. Invano, per ora.
Si decide invece di tornare in superficie, vista l’ora tarda
(sia a Vindizia che al tavolo di gioco), e i Nostri, la testa piena d’interrogativi,
rientrano alla Bella Patella sotto un
fastidioso nevischio.
E siamo alla distribuzione dei punti esperienza:
Goffredo capisce che è ora di lasciare la sua vecchia professione di ambulante,
e, come annunciato, inizia la nuova carriera di guardia del corpo, forte anche
del suo pettorale di piastre nuovo di zecca. Piso, dal canto suo, si rende
conto che il suo abituale contatto, Ottavio il Fastoso, non ha più lo smalto d’un
tempo: che sia forse ora di avere un nuovo ricettatore in città? Dopo una breve
riflessione, il Nostro risponde di sì!
Il cimitero di Vindizia
† Girolamo, un apprendista alchimista, barbaramente ucciso da un grosso ratto nelle cripte del tempio del Cavaliere. 30 dicembre 1545.
† Sigismondo da Vendrona, uno scudiero, vilmente ucciso e quindi divorato da un grosso ratto nelle cripte del tempio del Cavaliere, mentre lottava per proteggere i compagni indifesi. 30 dicembre 1545.
† Tebaldo, un imitatore, anch’egli ucciso da un grosso ratto nelle solite cripte, ma felice di avere imitato Sigismondo fin nella tomba. 30 dicembre 1545.
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